«Ma i bimbi bianchi non sono meglio?»: la classe multietnica di quinta elementare insultata a Palermo
«Siete tutti strani». Così è stata accolta dagli adulti una classe multietnica di Palermo. Venti bambini che fanno la quinta elementare nella sezione C dell’istituto De Amicis-Da Vinci. E che sono tutti italiani. Ma sedici di loro sono figli di genitori ghanesi e mauriziani. Giovedì 14 novembre i ragazzini stavano mettendo in scena uno spettacolino davanti alla libreria Feltrinelli nell’ambito dell’iniziativa “Io leggo perché”. Alcuni passanti, racconta l’edizione palermitana di Repubblica, li hanno apostrofati con frasi razziste. E una bambina piangendo ha chiesto: «Perché ci dicono queste cose?». I piccoli hanno intonato canzoni tipiche siciliane e ghanesi. «Alcuni passanti hanno iniziato a dire di tutto», racconta la maestra Patrizia Montalbano.
Bambini bianchi e neri
«Un signore entrato alla Feltrinelli ha messo in guardia un impiegato dicendo che i bambini africani avrebbero potuto rubare qualcosa. Abbiamo provato a sdrammatizzare, speravamodi fare passare la paura ai bambini e non dare corda ai razzisti e ai loro discorsi. Erano tutte persone grandi, hanno detto cose brutte con molta cattiveria». E ancora: «Un altro signore ci ha chiesto: “Ma che classe avete? una classe differenziata? Tutta di colore?”. Io ho replicato che forse non conosceva il senso del termine “differenziata” e per questo ero disposta a giustificarlo. Ma lui ha insistito. Una bambina si messa a piangere. Le ho detto che non erano cose vere quelle che sentiva e lei mi ha spiazzato dicendo: “Ma tu dici così perché ci vuoi bene, gli altri no”». L’ultima scena al Teatro Massimo: «Una signora ci ha chiesto: “Ma questi bambini li avete scelti tutti neri? Quelli bianchi non sono meglio?”. Unaltra ha detto: “Ma tutti di colore siete? Da quale famiglia venite? Chissà chi vostra madre?” Poi ha sentenziato: “Sono tutti adottati, sono strani”».
Tutti strani
«Le ho risposto che sono tutti figli di famiglie sane e di grandi lavoratori e ho sottolineato che, se anche avessero avuto alle spalle famiglie problematiche, i bambini non avrebbero avuto alcuna colpa», commenta Marinelli. «La signora a quel punto mi ha chiesto scusa e io ho replicato che era ai bambini che avrebbe dovuto chiedere scusa».