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Giornata internazionale contro la violenza sulle donne: perché si celebra il 25 novembre

16 Novembre 2024 - 17:05 Alessandra Mancini
25 novembre Giornata internazionale contro la violenza sulle donne
25 novembre Giornata internazionale contro la violenza sulle donne
È stata istituita nel 1999 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite. La data fa riferimento a un episodio della storia politica e della resistenza alla dittatura dominicana degli anni '50-'60

Il 25 novembre di ogni anno si celebra la giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne. Non è una data scelta a caso, e non dovrebbe essere soltanto una ricorrenza. È stata istituita nel 1999 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite. E segna l’inizio dei «16 giorni di attivismo sulla violenza di genere» che precedono la Giornata mondiale dei diritti umani, il 10 dicembre, promossi nel 1991 dal Center for Women’s Global Leadership (CWGL). Ciò significa che la violenza contro le donne è riconosciuta a livello internazionale come una violazione dei diritti umani.

Più nello specifico, per violenza contro le donne si intende «qualsiasi atto di violenza di genere che si traduca o possa provocare danni o sofferenze fisiche, sessuali o psicologiche alle donne, comprese le minacce di tali atti, la coercizione o privazione arbitraria della libertà, sia che avvengano nella vita pubblica che in quella privata», si legge nella dichiarazione delle Nazioni Unite del 1993. Mentre la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza, la cosiddetta Convenzione di Istanbul (2011), definisce la violenza di genere, come «qualsiasi violenza diretta contro una donna in quanto tale, o che colpisce le donne in modo sproporzionato (art.3)».

Ma perché proprio il 25 novembre è la Giornata contro la violenza sulle donne?

Sorelle Mirabal Violenza sulle donne 25 novembre
ANSA | Le sorelle Mirabal

La data scelta dall’Onu fa riferimento a un episodio della storia politica e della resistenza alla dittatura dominicana degli anni Quaranta e Cinquanta. Che ha come protagoniste le sorelle Mirabal: Patria Mercedes Mirabal Reyes, María Argentina Minerva Mirabal Reyes e Antonia María Teresa Mirabal Reyes. Le tre donne, tutte attive politicamente, furono torturate, picchiate e uccise da uomini dei servizi segreti per volere del dittatore Rafael Leónidas Trujillo, salito al potere grazie a un colpo di stato nella Repubblica Dominicana del 1930. Lo sdegno internazionale per il triplice femminicidio fu tale da suscitare enormi proteste e portare nel 1961 all’assassino di Trujillo e alla caduta di uno dei regimi più sanguinari del Sud America. L’unica sorella sopravvissuta, Dedé Mirabal, ricordò Minerva – la prima delle tre ad avvicinarsi ai movimenti anti-Trujillo – dopo la sua uccisione: «Durante un’epoca di predominio dei valori tradizionalmente maschili di violenza, repressione e forza bruta, dove la dittatura non era altro se non l’iperbole del maschilismo, in questo mondo maschilista si erse Minerva per dimostrare fino a che punto ed in quale misura il femminile è una forma di dissidenza». 

La storia delle “Las mariposas” (le farfalle)

Conosciute come Las mariposas (le farfalle), le tre sorelle erano nate fra gli anni ’20 e ’30 in una famiglia benestante della città di Ojo de Agua, nella provincia di Salcedo. Il padre, uomo d’affari e proprietario terriero, perse gran parte dei suoi averi quando salì al potere Trujillo. Il dittatore, soprannominato El Jefe (il capo), guidò il Paese – direttamente e pure indirettamente attraverso la scelta dei successivi presidenti -, per circa trent’anni in un’ottica anti-comunista, esercitando un dominio assoluto sulla vita politica e sociale e assumendo anche il controllo di gran parte dell’economia dominicana. La resistenza delle tre sorelle cominciò nel 1949 quando la secondogenita Minerva, laureata in giurisprudenza ma impossibilitata esercitare la professione poiché donna, rifiutò le avance del generale-dittatore. Con i rispettivi mariti fondarono un gruppo politico (clandestino) denominato «Movimento 14 giugno», dal nome di un fallito golpe contro Trujillo nel ’59, con il quale provarono a combattere la dittatura. Organizzavano riunioni segrete, distribuivano materiale informativo sui crimini commessi dal dittatore e sognavano la Rivoluzione. In poco tempo le loro idee di resistenza si diffusero in tutto Paese, anche grazie all’aiuto di alcuni rivoluzionari cubani. Ma nel 1960 il movimento fu scoperto dalla polizia dominicana e smantellato. Le sorelle furono incarcerate, e liberate alcuni mesi dopo. Mentre i mariti rimasero in carcere.

Il triplice femminicidio

Il 25 novembre del 1960 le sorelle andarono a visitare i loro mariti, rinchiusi nella fortezza di San Felipe, nella provincia di Puerto Plata. Sulla strada del ritorno a casa, Minerva, Maria Teresa e Patria furono portate in un luogo appartato dove alcuni agenti dei servizi segreti di Trujillo le torturarono e picchiarono fino alla morte. Poi riposizionarono i loro corpi senza vita nell’auto sulla quale stavano viaggiando e gettarono il veicolo in un dirupo per simulare un incidente. Al quale, però, nessuno credette. Nel 1961 Trujillo fu assassinato da un gruppo di ufficiali a bordo della sua auto e successivamente il regime cadde. Trent’anni dopo, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite, ricordando il giorno del loro assassinio, dichiarò ufficialmente il 25 novembre Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.

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