Mille chili di cocaina e hashish per 11 milioni di euro: altra misura cautelare per Luca Lucci, il capo ultrà milanista già agli arresti
Luca Lucci, capo ultrà milanista già in manette a fine settembre nell’ambito dell’inchiesta Due Curve, è stato nuovamente raggiunto da una ordinanza di custodia cautelare in carcere. Secondo quanto emerge da alcune indagini della Direzione distrettuale antimafia (Dda), il 42enne avrebbe fatto parte di una rete capillare e complessa vicina alla cosca della ‘ndrangheta dei Barbaro che gestiva i rifornimenti e la distribuzione di stupefacenti tra la Calabria e la Lombardia. In particolare, «avrebbe importato e distribuito oltre 2 tonnellate di stupefacenti», soprattutto cocaina. Oltre a Luca Lucci, nella mattina di lunedì 18 novembre la Polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza di Pavia ha eseguito 19 altre ordinanze di custodia cautelare nelle province di Pavia, Milano, Reggio Calabria, Lecco e Piacenza. Tra le persone nel mirino dei militari, 14 erano già in carcere e 5 agli arresti domiciliari.
Un’organizzazione in cellule, con contatti fino al Sudamerica
Apparteneva a «un’associazione dedita al traffico di stupefacenti» con una struttura trasversale e ben organizzata. Secondo i pm della Dda, era infatti «articolata in cellule» differenti che si dividevano i compiti, in una sorta di “catena di montaggio” con un unico scopo: «Procurare ingenti quantitativi di stupefacenti da rivendere all’interno della città di Milano». Nell’ambito del capoluogo lombardo, l’organizzazione – composta da «elementi di spicco del narcotraffico lombardo (e non solo)» – occupava un ruolo di assoluto rilievo nel narcotraffico. Il terminale delle varie cellule, scrivono i pubblici ministeri nella domanda di custodia cautelare, sarebbe «colui che ha sostituito i Flachi della Comasina», riferendosi allo storico clan mafioso milanese che faceva capo a Giuseppe Flachi.
Il ruolo chiave di Lucci tra Calabria e Marocco
La rete di cui faceva parte Lucci «godeva della consolidata vicinanza con i Barbaro di Platì, attivi nella zona di Cologno Monzese, e con i gruppi criminali albanesi e sudamericani». Questi ultimi, con cui Lucci ha in passato intessuto rapporti sempre nell’ambito del traffico di stupefacenti, potevano usufruire di «basi strategiche in Sudamerica, controllando le spedizioni della cocaina verso le più importanti piazze intercontinentali». Ma è proprio il connubio, già consolidato, tra Lucci e il clan calabrese ad essere sottolineato dai pm: «grazie al rapporto privilegiato con nuceli di criminalità organizzata stanziali in Calabria, importava ingentissimi quantitativi di cocaina».
Non solo cocaina. L’organizzazione si sarebbe anche impegnata a distribuire «grossi quantitativi di hashish provenienti dal Marocco e dalla Spagna, grazie all’opera di un narcotrafficante di altissimo livello, tratto in arresto nel corso di recenti operazioni condotte nella città di Milano, che conta su solidi rapporti instaurati nel tempo con i più grossi produttori e fornitori magrebini». La fornitura sarebbe poi stata distribuita «da noti elementi della malavita milanese legati in affari ai vertici del gruppo criminale imperante nel quartiere Barona di Milano».
Introiti per 11 milioni di euro
In totale il gruppo avrebbe importato e distribuito «1000 chili di cocaina, 1000 chili di hashish, 173 chili di eroina». Nelle operazioni di stamattina sono stati sequestrati «circa 250 chili di droga destinati all’organizzazione e la somma di 800 mila euro contanti, durante la fase di trasferimento all’estero». Dalla contabilità rinvenuta, si legge negli atti, il gruppo avrebbe «generato una ingentissima massa di denaro contante, usando sistemi di occultamento finalizzati a sottrarre i profitti illeciti alla tracciabilità ed ai sequestri», per un valore complessivo di circa undici milioni di euro. Secondo la Guardia di finanza di Pavia la rete avrebbe sfruttato sistematicamente altre «organizzazione strutturate gestite da collettori detentori, ormai in via esclusiva, dei canali bancari sommersi». Si tratta del cosiddetto underground banking, che avviene tramite gestori cinesi e che permettono il trasferimento del denaro all’estero «secondo il sistema del fei eh ‘ien, circuito finanziario che garantisce l’assoluto anonimato».
Il passato di Lucci e i due arresti per droga
Lucci, attualmente in carcere con l’accusa di associazione per delinquere finalizzata ad una serie di reati e indagato per il tentato omicidio dell’ultrà rossonero Enzo Anghinelli, si trova così ad affrontare per la terza volta un’accusa per il narcotraffico. Già nel giugno 2018 il leader dei «Banditi» rossoneri aveva rimediato una condanna – patteggiata a un anno e mezzo – per i suoi rapporti con i clan albanesi. Tre anni dopo, nel dicembre 2021, Lucci torna dietro le sbarre per droga insieme a due fedelissimi con parentele nel clan Barbaro-Papalia. La condanna, in rito abbreviato, è a 7 anni perché il capo ultrà sarebbe stato «al vertice dell’organizzazione», pur senza mai partecipare attivamente all’attività di spaccio ma comunque «impartendo direttive». In questo caso erano emersi rapporti e business con reti illecite da Brasile e Marocco. In poco tempo Lucci riesce a ottenere i domiciliari, dai quali esce poco prima del nuovo arresto del 30 settembre.