Libano, razzi contro la base italiana Unifil. Tajani: «Attacco di Hezbollah, è inammissibile». Netanyahu offre 5 milioni per ogni ostaggio liberato
Tre attacchi nella giornata di martedì 19 novembre hanno colpito sedi Unifil nel Libano del Sud. Negli scambio di fuoco tra Hezbollah e lo Stato ebraico è rimasta di nuovo in mezzo la missione d’interposizione Onu, cui l’Italia contribuisce con un migliaio di uomini. Secondo quanto riporta l’Ansa, otto razzi da 107 millimetri hanno colpito il quartiere generale del contingente italiano e del settore Ovest di Unifil a Shama, nel sud del Libano. In serata dalla Farnesina è il ministro degli Esteri Antonio Tajani a spiegare che secondo una prima ricostruzione «dovrebbero essere razzi leggeri di Hezbollah». I razzi hanno impattato su alcune aree all’aperto e sul magazzino ricambi della base, dove non era presente alcun soldato. «È inammissibile che si spari contro il contingente Unifil. Non hanno alcun diritto di farlo, sono truppe che hanno garantito anche la sicurezza di Hezbollah», ha dichiarato il ministro, «se è stato un errore, imparino a utilizzare meglio le armi. Noi non siamo nemici di nessuno, siamo lì per portare la pace. Tutta la solidarietà ai militari italiani che sono impegnati con Unifil, ci auguriamo che questo sia l’ultimo episodio». Anche il ministro della Difesa Guido Crosetto ha bollato come «intollerabile» l’attacco subito.
Tre attacchi contro basi Unifil
Cinque militari italiani sono sotto osservazione nell’infermeria della base, ma le loro condizioni non destano particolari preoccupazioni. Sono ancora in corso gli accertamenti per determinarne il punto di partenza e dunque i responsabili. Tre in tutto gli attacchi contro basi Unifil nel sud del Libano nella giornata di martedì 19 novembre. In uno di questi episodi sono rimasti feriti quattro peacekeeper ghanesi, a causa di «un razzo, lanciato probabilmente da attori non statali», che ha colpito la loro base Unp 5-42 vicino al villaggio di Ramyah. Il secondo incidente ha riguardato riguarda il quartier generale del settore Ovest dell’Unifil a Shama, nel settore italiano, colpito da almeno cinque proiettili. La stesa base era stata colpito il 15 novembre scorso con un pezzo di artiglieria da 155 mm. Il terzo episodio ha coinvolto una pattuglia dei caschi blu che stava percorrendo una strada a nord-est del villaggio di Khirbat Silim, quando una persona armata ha sparato direttamente ai militari senza causare feriti.
Netanyahu e l’offerta per gli ostaggi
Oltre alle dichiarazioni dei ministri italiani, anche le Forze di difesa israeliano hanno negato la propria responsabilità negli incidenti di oggi. Il premier Benjamin Neatnyahu intanto è andato in visita alle truppe nella Striscia di Gaza, nel corridoio di Ntzarim che taglia la Striscia da nord a sud. «I nostri soldati hanno ottenuto ottimi risultati nel raggiungimento del nostro importante obiettivo: Hamas non governerà più Gaza. Voglio dire a coloro che tengono prigionieri gli ostaggi: a chiunque osi fare del male ai nostri rapiti, ti inseguiremo e ti prenderemo», ha dichiarato il premier israeliano. E ha poi parlato di un’offerta a tutti coloro che avessero informazioni utili alla liberazione degli ostaggi nelle mani di Hamas: «A chiunque riporterà un ostaggio o troverà un modo sicuro per lui e la sua famiglia di uscire dalla Striscia daremo una ricompensa di 5 milioni di dollari, per ogni ostaggio».
L’inviato Usa a Beirut per il cessate il fuoco
Nel frattempo però un accordo per una tregua nelle ostilità sembra a portata di mano. Ad accelerare il percorso, per lo meno da parte israeliana, è stata la rielezione di Donald Trump: Benjamin Netanyahu pare voler accontentare la sua “sete di pace” offrendogli la cessazione delle ostilità sul fronte nord. E la proposta israeliana, approvata nei giorni scorsi dal presidente eletto Usa, sarebbe stata valutata positivamente da Hezbollah e dal governo libanese, ha riferito Reuters. Anche se annotando alcune «osservazioni» sulla bozza d’intesa. Proprio per limare proprio questi dettagli è arrivato oggi a Beirut l’inviato speciale della Casa Bianca per il Medio Oriente Amos Hochstein. Il quale ostenta in queste ore ottimismo. «Dal mio ultimo viaggio a Beirut qualche settimana fa, abbiamo avuto colloqui molto costruttivi con il Presidente Nabih Berri e abbiamo continuato a ridurre le distanze. In particolare, oggi abbiamo fatto progressi significativi», ha detto Hochstein al termine del suo incontro con il presidente del Parlamento libanese, incaricato di mediare anche a nome di Hezbollah. «Sono tornato perché abbiamo una reale opportunità di porre fine a questo conflitto. Questo è il momento di prendere decisioni. Sono qui a Beirut per facilitare queste decisioni, ma in definitiva, spetta alle parti giungere a una conclusione di questo conflitto», ha spronato Israele ed Hezbollah l’inviato Usa.
L’intesa possibile
Nella serata di ieri, 18 novembre, Ali Hassan Khalil, assistente del presidente del parlamento Nabih Berri, aveva dichiarato che il Libano aveva consegnato la sua risposta scritta all’ambasciatore statunitense in Libano. Da qui l’arrivo di Hochstein. Che in un primo momento aveva deciso di non raggiungere Beirut, ma che ha dovuto cambiare idea dopo l’accelerazione dal fronte libanese. Per ora Israele non ha rilasciato alcun commento. «Il Libano ha presentato i suoi commenti sul documento in un’atmosfera positiva», ha detto Khalil, rifiutandosi di fornire ulteriori dettagli. «Tutti i commenti che abbiamo presentato affermano la precisa adesione alla Risoluzione 1701 dell’ONU e a tutte le sue disposizioni». La risoluzione citata non si è mai concretizzata dalla fine del conflitto tra Israele e Libano nel 2006. Consiste nell’allontanamento delle truppe di Hezbollah dal confine tra i due Paesi e oltre il fiume Litani (a 30 km dalla frontiera).
Foto di copertina: ANSA/US UFFICIO DEL PRIMO MINISTRO