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Il figlio si opera ai denti in Albania e da 8 mesi è in ospedale. La madre: «Ora ha 30 chili in meno»

La madre Anna Barile racconta l'odissea del suo Simone che subito dopo l'intervento ha avuto quattro arresti cardiaci: «Lo trovai steso a terra, privo di sensi»

«Lo trovai steso a terra, privo di sensi, con intorno un capannello di persone. Aveva avuto il primo arresto cardiaco». Anna Barile ricorda ancora bene quel giorno, il 13 marzo 2024, in cui suo figlio Simone Del Vecchio è entrato in una clinica in Albania per un’operazione ai denti e ne è uscito su un lettino di ospedale, uno stato che dura da 8 mesi. «Quel giorno maledetto mi è stato tolto il mio Simone. Oggi non è più lui. È pelle ed ossa, con trenta chili in meno», racconta al Corriere.

Il motivo dell’intervento: un colloquio importante

Barile da Barletta ha accompagnato il figlio a Tirana perché voleva sostituire tutti i denti di entrambe le arcate con un risparmio del 50% rispetto alla stessa operazione in Italia. La madre racconta il motivo di quel viaggio: «Poco prima dell’intervento aveva inviato alcuni suoi progetti grafici a case discografiche nazionali ed era stato chiamato per un colloquio dallo staff di un cantante di fama. Per prepararsi all’appuntamento era dimagrito, si era rifatto il guardaroba e voleva i denti perfetti perché ne aveva persi due a causa di una piorrea».

Le resistenze della madre

La madre qualche anno prima si era sottoposta a un intervento simile, sempre in Albania: «Quando c’ero stata io, avevo visto alcune persone che dopo il trattamento non erano state bene: le ho viste avere cali di pressione e malori senza alcuna assistenza postoperatoria». Per questo si era opposta al viaggio del figlio, ma Del Vecchio non aveva sentito ragioni.

Il giorno dell’operazione

«Prima dell’intervento ci siamo mangiati una pizza, perché nessuno ci aveva detto che doveva arrivare a digiuno. Una volta arrivati abbiamo pagato la metà dell’importo dovuto, 5 mila euro. Lui è entrato in sala operatoria ed io ho aspettato fuori», ricorda la donna. Che rievoca i momenti del giorno dell’operazione: «Mi scorrono davanti i fotogrammi di quel maledetto giorno: il suo sorriso prima di entrare, il via vai dei medici, il tempo che sembrava non finire mai, le sue urla di dolore. C’era nervosismo fra i medici, tant’è che uno di loro uscì nervoso dalla sala buttando con violenza i guanti chirurgici per terra. Non ebbi il coraggio di avvicinarmi e aspettai che Simone uscisse».

L’ospedale di Tirana

Ma il figlio alla fine esce: «Era molto nervoso e aveva dolore. Tornammo in stanza nella stessa clinica, si fece la doccia, si mise il pigiama e ci mettemmo a vedere la tv. Aveva sete e andò a prendere una bottiglia di acqua, sempre all’interno della clinica, ma non tornò più. Lo trovai steso a terra, privo di sensi, con intorno un capannello di persone. Aveva avuto il primo arresto cardiaco». Iniziano gli spostamenti dalla clinica all’ospedale di Tirana. «Mi hanno voluto subito far credere che Simone avesse già alcuni problemi cardiaci. Eppure, era sempre stato bene. Nessun esame aveva evidenziato questo; il giorno prima aveva fatto undici piani a piedi con le buste della spesa. Da quel giorno Simone è stato in coma farmacologico fino al primo maggio», racconta.

Come sta Simone

Ora Simone è all’ospedale Casa Sollievo della Sofferenza a San Giovanni Rotondo (Foggia), in attesa di un nuovo intervento chirurgico per una stenosi tracheale. La madre per assistere il figlio ha preso in affitto una stanza a 500 euro al mese: «Ci dicono che sono crisi epilettiche o crisi neurovegetative e che devono trovare la cura e la terapia giusta», spiega Barile. Le sue giornate passano tra programmi musicali e i Simpson. La madre gli ha spiegato che il suo caso è diventato nazionale, lui ha reagito: «Ha chiuso gli occhi e ha pianto».

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