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Caso Puff Daddy, spunta il video di una delle feste: «Bottiglie rotte, sangue e polvere bianca ovunque». Il rapper dal carcere prepara la difesa

20 Novembre 2024 - 15:45 Gabriele Fazio
Puff Daddy traffico sessuale estorsione stupro
Puff Daddy traffico sessuale estorsione stupro
Sconvolge il racconto del gestore di una villa affittata da Puff Daddy dieci anni fa per il compleanno di un amico: «Il giorno dopo le camere da letto erano disgustose»

Non finiscono mai i guai per Sean Combs, ovvero Puff Daddy, per gli amici Diddy, al momento rinchiuso nell’unità 4 North del Metropolitan Detention Center di Brooklyn. Il Daily Mail infatti oggi propone nuove immagini di una festa organizzata dal rapper e producer di fama mondiale. Si tratta del 55esimo compleanno del rapper Meek Mill, il 3 maggio del 2014. Per lui Diddy riservò una villa in stile parigino a Las Vegas del valore di 7,5 milioni di dollari, cui affittò per una notte gli costò ben 25mila dollari, una villa completata dopo otto anni di lavori con soffitti dipinti a mano dall’artista Thomas Bisesti. Un vero amico o forse qualcosa in più. Infatti quando lo scorso febbraio, ben prima che il Vaso di Pandora venisse scoperchiato, il produttore Rodney Jones ha intentato una causa da 30 milioni di dollari contro Diddy, accusandolo di violenza sessuale, tra le carte venne fuori anche una relazione sentimentale di quest’ultimo con un rapper di Philadelphia fidanzato con Nicki Minaj, descrizione che corrisponde perfettamente a quella di Meek Mill, che dovette rispondere pubblicamente quando gli screenshot di quella denuncia vennero pubblicati prendendo distanza da Diddy. Oggi però il Daily Mail pubblica questi video piuttosto espliciti riguardo la festa di compleanno organizzata per lui dal suo ex amico e, soprattutto, il racconto di Jason Haight, storico gestore della struttura affittata. E ciò che viene fuori altro non fa che confermare tutte le storie emerse negli ultimi tre mesi.

Il racconto del gestore: «Pensavo ci fosse zucchero a velo ovunque»

«Pensavo ci fosse zucchero a velo ovunque», rivela il signor Haight, riferendosi ai circa 15 grammi di polvere bianca che il gestore della struttura ha raccolto solo nei dintorni della villa. Una villa che quella notte ospitò ben 900 invitati, una notte che a quanto pare è stata organizzata, come abitudine di Diddy, fino al più minuscolo dei particolari. «Hanno chiesto che tutte le serrature delle porte interne delle camere da letto fossero nuove e imposto che lo staff assistesse all’installazione – ha raccontato Haight – E le chiavi dovevano essere consegnate direttamente al signor Combs e a nessun altro». Diddy, che il gestore descrive come «perennemente ubriaco», per l’occasione stipulò una polizza assicurativa per coprire la villa, il suo contenuto e qualsiasi «perdita di vite umane» derivante dall’evento. Non solo, mandò giorni prima dei nuovi rilevatori di fumo per tutte le camere, che poi sarebbero stati rimossi a fine party, e pretese che il custode rimanesse per tutta la notte a disposizione nella sua dependance sul retro della proprietà. Ciò che Jason Haight trovò la mattina dopo rasenta il mitologico: «Il giorno dopo le camere da letto erano disgustose, c’erano bottiglie rotte di alcool, preservativi usati, sangue sulle lenzuola, polvere, centinaia di lamette da barba, lubrificante sulle cassettiere e sui pavimenti di marmo Ho trovato mutandine, reggiseni e perfino due iPhone tra i cespugli dietro la pista da bowling». Nel video, pubblicato dal Daily Mail e condiviso dal gestore 54enne, compaiono ballerine esotiche con maschere e una donna nuda utilizzata come piatto per il sushi. Tra i volti noti si scorgono la comica King Bach, i rapper French Montana e Lil Durk, e altri artisti dell’etichetta discografica di Mill, la Dream Chasers Records.

Il raid in cella e le manette in aula

Mentre il mondo, giorno dopo giorno, svela la condotta perlomeno scoordinata – se illegale sarà un giudice a dirlo alla fine del processo che avrà inizio a maggio – le vicende legali di Sean Combs procedono alacremente: circa un mese fa la cella di Puff Daddy è stata perquisita e sono stati ritirati dei documenti scritti a mano dal rapper, 19 pagine in cui programmava la propria difesa. In quelle pagine Puff Daddy dichiarava l’intenzione di chiedere a un familiare di trovare notizie compromettenti su due testimoni, programmando perfino quel post di compleanno con i suoi figli affinché, lo scrive proprio, potesse fare impietosire la futura giuria del processo. Ed è stato proprio il contenuto di quei documenti a convincere  i pubblici ministeri a negare per la terza volta al rapper il rilascio su cauzione. Ieri però un giudice federale ha ordinato ai procuratori di non utilizzare i documenti prelevati dalla cella di Sean Diddy Combs in quanto potrebbero essere protetti dal segreto avvocato/cliente. «Una condotta governativa scandalosa», così l’ha definita il team legale del rapper, che parla di «totale fallimento istituzionale» e di «violazione dei diritti costituzionali» del detenuto. I pubblici ministeri hanno risposto alle accuse con una lettera al giudice, affermando che l’ispezione della cella di Combs faceva parte di un’operazione di sicurezza condotta in tutto il carcere, non correlata a Combs o alla sua azione penale. Forse sull’onda di questa accusa, Marc Agnifilo, legale di Puff Daddy, si è rivolto alla Corte in attesa delle prossime tappe della vicenda giudiziaria del rapper: «Scriviamo a nome del nostro cliente, il signor Sean Combs, per chiedere rispettosamente alla Corte di ordinare allo United States Marshals Service di liberare il signor Combs prima di portarlo in aula per l’udienza di domani e per tutte le future comparse in tribunale». Agnifilo in pratica, probabilmente per una questione di immagine, vorrebbe che il rapper non fosse portato in aula e tenuto durante il dibattimento con manette a polsi e caviglie, così come è stato nelle precedenti occasioni. Secondo loro l’immagine di Puff Daddy in manette potrebbe influenzare la giuria nonché interferire nelle comunicazioni con il proprio avvocato durante il processo.

Prima udienza processo Puff Daddy
Foto di Jane Rosenberg

La denuncia della celebrità anonima contro Tony Buzbee

La vicenda Diddy assume in certi punti incredibili tratti grotteschi, perché nei giorni scorsi a ricevere una denuncia è stato Tony Buzbee, il noto avvocato che ha raccolto oltre 120 testimonianze di violenze commesse da Diddy con una class action che in realtà ha messo insieme, secondo quanto dichiarato dallo stesso legale in conferenza stampa, migliaia di racconti. Una non ben identificata celebrità avrebbe depositato due giorni fa in California una denuncia contro Buzbee accusandolo di estorsione attraverso lettere e messaggi. In sostanza l’avvocato avrebbe usato la sua posizione per minacciare altre vip di far uscire il loro nome nell’indagine legata a “Diddy” se non avessero pagato una certa somma. Buzbee chiaramente nega tutto, sostenendo che non si tratta che di una prova di forza di un personaggio che definisce «potente» e che tenta «di impedirmi di rivelare pubblicamente i nomi delle persone coinvolte nello scandalo Combs. Ma sono un marine, non riusciranno a farmi tacere o a intimidirmi».

La battaglia dei figli

Nel frattempo anche la famiglia di Diddy combatte una propria battaglia in favore del padre, una battaglia che passa da una denuncia, nello specifico firmata Christian Combs e Quincy Brown, due dei sei figli di Sean Combs, nei confronti di un uomo di nome Courtney Burgess, autore del libro scandalo Kim Porter Tell It All. Burgess ha pubblicato per la prima volta il suo libro sul suo account Instagram prima dell’arresto di Puff Daddy, su Amazon, senza riscuotere chissà quale clamore. Subito dopo, fisiologicamente, le vendite hanno preso il volo e ciò che rivela nel suo romanzo di presunte memorie di Kim Porter, ovvero l’ex compagna di Puff Daddy morta il 15 novembre del 2018, per quanto esagerato – si parla di odio nei confronti della donna e violenza sessuale su minorenni – oggi è da considerarsi perlomeno verosimile. E comunque coerente rispetto alle denunce ricevute, ai video diffusi dai media e alle storie delle vittime. Da allora Burgess ha intrapreso un tour di promozione apparendo in programmi radiofonici e rilasciando diverse interviste per promuoverlo. Durante queste apparizioni, Burgess ha affermato di aver ricevuto informazioni per il suo libro da fonti vicine a Kim Porter. Nella diffida dei figli del rapper si definisce la sua storia «palesemente falsa» e si afferma che Burgess sta attivamente «ingannando il pubblico». Inoltre, nel caso esistesse un qualsiasi documento riservato della propria madre, questo dovrebbe essere dichiarato legalmente di loro proprietà. I due hanno concesso cinque giorni all’autore per ritirare il romanzo prima di procedere per vie legali.

Le groupie di Diddy in carcere

Nel frattempo prosegue la vita dietro le sbarre di Puff Daddy, sulla quale in realtà aleggia un alone di mistero. C’è chi parla di un carcere particolarmente duro, i suoi avvocati riferiscono della difficoltà soprattutto per quanto riguarda l’alimentazione, altri invece raccontano una detenzione abbastanza morbida. Ciò che emerge oggi grazie al lavoro del giornalista e podcaster Touré in realtà confermerebbe questa seconda ipotesi, infatti parrebbe che i compagni di detenzione del rapper farebbero a gara per rendere la sua prigionia più soft possibile, arrivando perfino a litigare per chi gli deve rifare il letto e ingelosirsi l’uno con l’altro per chi riesce a riscattare questo onore. Touré ha anche affermato che Diddy cerca di mantenere le vibrazioni positive all’interno del carcere, «spesso guardando negli occhi i detenuti e dicendo loro di sorridere di più».

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