Giorgia Meloni ha messo sulla sanità gli stessi soldi del 2019 tenendo conto dell’inflazione. Ma a tagliare il fondo sanitario dal 2011 ad oggi è stato il Pd
Secondo gli ultimi dati Ocse disponibili lo stipendio medio dei medici italiani è intorno ai 102 mila euro lordi annui. Non basso in sé, ma certamente molto inferiore a quello più alto in Europa, che appartiene ai medici tedeschi: stipendio lordo di circa 175 mila euro l’anno. Hanno ragione a lamentarsi i medici e gli infermieri che mercoledì 20 novembre hanno incrociato le braccia. Anche se molti di loro hanno dei piccoli trucchi per arrotondare lo stipendio base, nel modo più alla luce del sole, ad esempio, andando a supplire per qualche giorno al mese fuori Regione alla mancanza di medici ospedalieri in alcune zone. Ma sono i numeri della Sanità al centro dello scontro politico e sindacale, e a dire il vero ognuno usa quei numeri storcendoli come vuole.
I numeri della Meloni: 19 miliardi più del 2019, ma con l’inflazione sono solo 175 milioni
Giorgia Meloni sostiene di avere aumentato sensibilmente le risorse a disposizione della sanità. Quando il suo governo è entrato in carica, nel 2022, il Fondo sanitario nazionale aveva una dotazione di 125 miliardi e 980 milioni di euro. Nel 2024 la dotazione è stata di 134 miliardi e 15 milioni di euro. Quindi è vero che la dotazione è cresciuta in due anni di 8 miliardi e 35 milioni di euro, pari al 6,37% di incremento. La premier ha fatto anche più volte il riferimento alle risorse che esistevano prima della pandemia: 114 miliardi e 474 milioni di euro. Da allora ad oggi in termini assoluti quella dotazione è dunque cresciuta di 19 miliardi e 541 milioni di euro, che sicuramente non è piccola somma. Ma qui entra un altro elemento che vale tanto: la crescita dell’inflazione sia nel 2022 che nel 2023. Perché se si usa la tabella di rivalutazione monetaria della Banca di Italia quei 114,474 miliardi del 2019 diventano in euro 2024 133,84 miliardi di euro, una somma che è praticamente identica a quella del fondo sanitario nazionale nel 2024: la differenza reale in potere di acquisto fra il 2019 e il 2024 è infatti di appena 175 milioni di euro, un’inezia.
La tesi Schlein: non cresce la spesa rispetto al Pil. Ma i soli tagli dal 2011 li ha fatti il Pd
Se la tesi della Meloni regge solo sulla forma ma non sulla sostanza, quella del segretario del Pd Elly Schlein, che lamenta come gran parte delle opposizioni, la mancata crescita della spesa sanitaria rispetto al Pil, dice una cosa vera ma non è un parametro così solido per valutare la spesa sanitaria. Primo perché il Pil potrebbe crollare come è accaduto nel 2020 o anche dopo la crisi finanziaria del 2008, e in quel caso il rapporto della spesa sanitaria rispetto al Pil potrebbe pure crescere in percentuale anche tagliando sensibilmente la sua spesa e i servizi sanitari offerti. Secondo perché contano assai di più le cifre pro capite di quelle assolute: se si spendesse 100 un conto sarebbe farlo per 60 milioni di italiani, un conto sarebbe spendere la stessa cifra per 56 milioni di italiani (più servizi e cure con la stessa spesa complessiva). Per altro dal 2011 ad oggi anche in valore assoluto solo in due anni il fondo sanitario nazionale è stato ridotto rispetto all’anno precedente. Nel 2013 è sceso da 107,961 a 107,004 miliardi di euro. Il governo che ha usato le forbici era quello guidato da Mario Monti con Renato Balduzzi ministro della Salute, e ne faceva parte rilevante anche il Pd allora guidato da Pierluigi Bersani. Nel 2015 il fondo sanitario nazionale è sceso da 109,902 a 109,715 miliardi di euro. Il premier era Matteo Renzi e ministro della Salute era Beatrice Lorenzin. È stato dunque il Pd il partito che ha tagliato di più la sanità pubblica in questi anni.
I dati dell’Ocse dicono che più che il volume di spesa sanitaria conta la qualità. Scarsa
Secondo gli ultimi dati Ocse il Pil pro capite degli italiani è al sedicesimo posto nell’Unione europea. Ma la spesa sanitaria pro capite degli italiani è al quindicesimo posto nella Ue: più alta di quello che dovrebbe essere con questa ricchezza pro capite. In Italia si produce un basso valore aggiunto pro capite e rispetto a questo si spende evidentemente troppo sulla sanità rispetto alle possibilità che si hanno. Il vero tema da mettere a fuoco sembra soprattutto quello della qualità della spesa sanitaria: si potrebbe forse spendere di più, ma certamente si dovrebbe spendere assai meglio di come si fa, recuperando risorse sprecate proprio all’interno dello stesso sistema pubblico.