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Insulti, lancio di urina e torture: ai domiciliari 11 agenti della polizia penitenziaria del carcere di Trapani. Il procuratore: «Sembrava un girone dantesco»

20 Novembre 2024 - 16:22 Alba Romano
trapani torture carcere penitenziario
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In tutto sono 46 gli indagati a vario titolo. I detenuti avrebbero denunciato maltrattamenti tra il 2021 e il 2023 in luoghi privi di telecamere

Portavano i detenuti con problemi psichiatrici o psicologici in un reparto isolato. Qui li deridevano, insultavano e percuotevano. Sono venticinque i poliziotti penitenziari del carcere Pietro Cerulli di Trapani accusati, a vario titolo, di concorso di tortura, abuso d’autorità contro detenuti e falso ideologico. Gli agenti sono stati raggiunti da misure cautelari e interdittive: 11 di loro sono agli arresti domiciliari mentre 14 sono stati sospesi dal pubblico ufficio. La procura di Trapani ha emesso anche decreti di perquisizione nei confronti di 46 indagati, ma secondo il procuratore di Trapani Gabriele Paci circa 55 agenti sarebbero coinvolti. L’indagine risale al 2021 ed è scattata dopo alcune denunce effettuate dai detenuti del penitenziario trapanese. Alcuni di loro avrebbero subìto maltrattamenti in luoghi privi di telecamere. Una volta installate, di nascosto in fase di indagine, avrebbero registrato violenze reiterate da parte di agenti nei confronti dei detenuti.

La violenza «non episodica»

La violenza, ha spiegato il procuratore durante la conferenza stampa sull’inchiesta, «non era episodica», bensì «una sorta di metodo per garantire l’ordine». Sono circa venti i casi scoperti nel carcere di Trapani, tutti accaduti nel «reparto blu» di isolamento che per regolamento non era dotato di telecamere (se non quelle installate durante le indagini). Quello che si è presentato agli inquirenti tra il 2021 e il 2023 – quando il reparto blu è stato chiuso per le condizioni fatiscenti – è stata «una sorta di girone dantesco, in cui sembrava leggere parti dei Miserabili di Victor Hugo». E le vittime erano i detenuti considerati «problematici», per lo più con la semi infermità mentale.

Un detenuto denudato e schernito

I detenuti in isolamento «subivano violenze e torture», ha spiegato ancora Gabriele Paci. «A volte venivano fatti spogliare, investiti da lanci d’acqua mista a urina e praticata violenza quasi di gruppo, gratuita e inconcepibile». In un caso un detenuto marocchino sarebbe stato portato nell’ufficio dell’isolamento, davanti a una decina di agenti penitenziari. Lì lo avrebbero denudato e schernito per le dimensioni dei genitali, per poi fargli percorrere il corridoio della sezione completamente nudo. Questo evento avrebbe «causato un verificabile trauma psichico» al detenuto.

Le false relazioni di servizio

Non solo violenze fisiche. Secondo gli inquirenti risulterebbero anche false relazioni di servizio, create ad arte per calunniare i detenuti e al contempo coprire le aggressioni e gli abusi. «Una violenza sproporzionata», così l’ha definita il comandante del Nucleo investigativo centrale della polizia penitenziaria. Che dimostra «il disprezzo verso chi è già in una condizione di estrema debolezza». Alcuni agenti, presenti durante le violenze, «non solo non sono intervenuti, ma non li hanno neanche denunciati. Il problema si è allargato a macchia d’olio». Orrori, ha specificato il procuratore, che si sono protratti per due anni in una struttura in completo degrado e in una situazione di stress generale per gli agenti: «Ma questo non legittima assolutamente le violenze».

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