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Usa, Trump nomina all’Istruzione la donna del wrestling Linda McMahon: l’obiettivo è smantellare il ministero

20 Novembre 2024 - 13:19 Filippo di Chio
Linda McMahon Donald Trump Usa Istruzione
Linda McMahon Donald Trump Usa Istruzione
La 76enne, co-fondatrice della multinazionale WWE, gestirà il cambiamento radicale del Dipartimento. Cosa avrà in mano? E Trump potrà davvero abolirlo, come ha promesso?

Alla lunga lista di nomine di Donald Trump, si aggiunge anche quella Linda McMahon alla guida del Dipartimento dell’istruzione. La 76enne, sostenitrice di Trump della prima ora, è la co-fondatrice ed ex ceo insieme al marito Vince della WWE, l’azienda di intrattenimento che gestisce il wrestling professionistico. Linda McMahon ha fatto già parte per due anni della prima amministrazione del tycoon, lavorando come amministratrice della Small business administration, l’agenzia che si occupa di supportare imprenditori e piccole imprese. Nelle sue mani, se la candidatura sarà approvata dal Congresso, passerà ora proprio quel Dipartimento dell’istruzione che più volte il presidente eletto ha giurato di abolire. E se non abolire, di modificare radicalmente nel suo dna.

Chi è Linda McMahon

Nasce nel 1948 in North Carolina con il sogno di diventare pediatra, a 17 anni si sposa con l’amico Vince, di tre anni più grande. Dopo una serie di disavventure finanziarie, i due giovani fondano nel 1980 la Titan Sports Inc. La società farà la loro fortuna, crescendo fino a diventare ciò che la WWE è oggi: un’azienda multinazionale dal valore di circa 7 miliardi di dollari. Linda McMahon partecipa attivamente: come wrestler professionista, come presidente e infine come Ceo. Fino al 2009, quando si licenzia per intraprendere la carriera amministrativa. In quell’anno diventa membro del Consiglio di Stato per l’istruzione in Connecticut, dove si era trasferita con il marito. Questa è la sua unica vera esperienza in ambito educativo. Un anno dopo si dimette dal Consiglio, dopo aver annunciato la sua candidatura al Senato. Tenta per due volte, nel 2010 e nel 2012, ma perde in entrambe le circostanze.

Dal 2016 si è lega a doppio giro in politica al nome di Donald Trump, che già nel 2013 per la collaborazione con i due McMahon era stato inserito nella Hall of Fame della WWE. Nella prima campagna presidenziale del tycoon, Linda McMahon dona oltre 7 milioni di dollari a due organizzazioni politiche (le cosiddette super-Pac) favorevoli al tycoon. L’amicizia le guadagna la nomina ad amministratrice della Small business administration, incarico che lascerà nel 2019 per gettarsi a capofitto nella campagna elettorale di Trump del 2020. Nel 2024 contribuisce con 10 milioni di dollari alla Pac “Make America Great Again” e viene scelta dallo stesso presidente eletto come uno dei punti di riferimento del team responsabile della transizione di poteri da Joe Biden allo stesso Trump.

Contribuisce direttamente all’elezione del tycoon tramite la sua Pac America First Action e in qualità di presidente del think tank conservatore America First Policy Institute, che si è occupato della formazione della prossima classe dirigente repubblicana. Un istituto, l’American First Policy, che potrebbe rivelarsi per il futuro del sistema educativo americano. Da ottobre 2024 i coniugi McMahon sono al centro di un’indagine che riguarda la loro attività in WWE. Cinque persone – che lavoravano come «ring boys» da adolescenti – hanno denunciato di essere stati molestati da alcuni dirigenti e presentatori della società. E che Linda e Vince McMahon sapevano tutto, ma non hanno mai fatto nulla per proteggerli. Avrebbero anzi prima licenziato e poi riassunto uno dei presunti aggressori, con la clausola di «smetterla di andare dietro ai ragazzini».

La promessa di smantellamento: è davvero possibile?

«Affideremo di nuovo l’istruzione agli Stati, e Linda guiderà questo sforzo», così si chiude il classico annuncio di Trump sul suo social Truth. L’intento è chiaro: mettere in mani fidate (Linda McMahon è stata definita «superstar» dal presidente eletto) il progetto di smantellamento del Dipartimento dell’istruzione. Il motivo è semplice: il sistema scolastico, come ha detto lo stesso presidente eletto, sarebbe ormai infiltrato in ogni suo angolo da «radicali, fanatici e marxisti». L’idea potrebbe però rivelarsi più complicata del previsto.

L’abolizione in toto del Dipartimento è una prospettiva quantomeno lontana. Ci sarebbe infatti bisogno dell’approvazione del Congresso, e non è detto che tutti i repubblicani di Camera e Senato siano in favore di una misura così radicale. Contando anche che molti di loro sono stati eletti in distretti i cui gli istituti scolastici dipendono dagli aiuti federali, e che non è ancora chiaro – in caso di abolizione – chi prenderà in mano la gestione di questi finanziamenti. Anche perché il portafoglio del Dipartimento non è tra i più leggeri della Casa Bianca, e chiuderlo significherebbe trovare un modo di gestire tutti i suoi compiti tramite le altre agenzie esistenti.

I dollari federali e il debito studentesco

Dai servizi per gli studenti ai finanziamenti alle famiglie con reddito basso o con figli portatori di disabilità. Il compito principale del Dipartimento è quello di gestire i flussi di denaro da Washington agli Stati e finanziare in questo modo gli istituti scolastici sul territorio e i provvedimenti di sostegno. Mentre per le scuole pubbliche il finanziamento federale copre circa il 14% del budget annuale, college e università (soprattuto per quanto riguarda la ricerca) si appoggiano molto sul denaro della Casa Bianca. In particolar modo per quanto riguarda il sistema di prestiti studenteschi.

Il Dipartimento gestisce circa 15mila miliardi di debiti, concessi negli anni a oltre 40 milioni di studenti. L’amministrazione Biden ha già provveduto a cancellare oltre 175 milioni di dollari da questo debito, misura fortemente criticata dalla controparte repubblicana. Non è ancora chiaro, però, cosa intenda fare a riguardo Donald Trump. Il Dipartimento gestisce anche il “Pelle Grant”, fondo che sostiene gli studenti al di sotto di un certo livello di reddito, e il “Free application for federal students aid”, che le università utilizzano per stanziare aiuti finanziari.

Linda McMahon e Donald Trump durante la riunione inaugurale del Consiglio nazionale del presidente per i lavoratori americani nella sala Roosevelt della Casa Bianca, 17 settembre 2018

La battaglia all’Ufficio dei diritti civili

Il Dipartimento si occupa anche di monitorare le disparità in risorse e accesso all’istruzione, in particolare per quanto riguarda le differenti etnie e classi di reddito. Ad avere in mano le questioni è l’Ufficio dei diritti civili, l’obiettivo preferito delle feroci critiche trumpiane durante la campagna elettorale. Secondo il presidente eletto, l’Ufficio sarebbe lo strumento tramite cui Washington sostiene misure di diversità e uguaglianza che non sarebbero altro che «esplicite discriminazioni illecite». L’obiettivo di Trump, in questo senso, è invece ben chiaro.

Impedire che scuole e università insegnino la cosiddetta “critical race theory”, ma anche le «pazzie transgender e altri contenuti inappropriati di stampo razziale, sessuale o politico». Il tycoon ha minacciato di tassare o sospendere il finanziamento federale a tutti gli istituti che continueranno in queste politiche. Ha anche promesso di cancellare il Title IX, provvedimento che sanciva il diritto al pari accesso all’educazione a prescindere dall’etnia e che Biden ha ampliato includendo l’identità di genere e l’orientamento sessuale.

Tra agenzie di rating e finanziamenti agli asili

Altro compito del Dipartimento è quello di vegliare sulle agenzie che si occupano del rating di college e università. Non è direttamente Washington a valutare la qualità dell’insegnamento, ma sta alla Casa Bianca la decisione di affidare o meno quel compito a determinate società. Solo gli istituti che ricevono il bollino di accredito da queste agenzie possono avere accesso agli aiuti finanziari per gli studenti. Anche in questo campo la minaccia di Trump è già chiara: licenziamento per tutti gli «enti accreditatori di sinistra radicale» e porte aperte per tutte le società che «difendono la tradizione americana contro il marxismo». Bisogna, a onor del vero, dire che poche volte nella storia americana un presidente si è preso la briga di interrompere la collaborazione con una delle agenzie.

Linda McMahon pronuncia un discorso durante la Convention nazionale repubblicana a Milwaukee, in Wisconsin, 18 luglio 2024

C’è poi il capitolo k-12, vale a dire degli anni scolastici che vanno dall’asilo (kindergarten) alla fine del liceo (12th grade). Il budget annuale del Dipartimento in questo campo è di quasi 300 milioni di dollari, ed è diretto principalmente a implementare programmi di aiuto per le scuole in aree a reddito basso e per gli studenti con disabilità(pagando per esempio insegnanti di sostegno). L’idea di Trump è quella di decentralizzare la gestione di questi ambiti affidandola ai singoli Stati. Non è ancora chiaro come, da Washington, il flusso di denaro dovrebbe passare prima nelle mani dell’amministrazione statale e poi ai distretti locali. Probabile, come suggerisce il programma ultra-conservatore Project 2025, l’inclusione del Dipartimento della salute per lo meno nell’ambito degli aiuti per la disabilità.

Le proposte di Linda McMahon: no confini distrettuali e «universal choice»

Nel frattempo, l’istituto America First Policy di Linda McMahon ha stilato un chiaro elenco di cambiamenti da apportare al Dipartimento. Tra questi, oltre lo stop all’insegnamento di «concetti imprecisi e antipatriottici», il progetto di abbattere i confini scolastici di distretto, che impediscono agli studenti di scegliere istituti al di fuori della loro zona territoriale di residenza. A questo si aggiungono ulteriori finanziamenti alle scuole private e ai corsi online, che garantirebbero l’istruzione da casa per chi fatica a recarsi fisicamente nelle aule. America First Policy mirerebbe, poi, a generalizzare la concessione di aiuti ai giovani e alle famiglie a prescindere dal reddito. Si tratta della cosiddetta “universal choice“, con l’obiettivo (ideale) di garantire a tutti la possibilità di accedere al corso di studi desiderato. O alla scuola, quando questa è privata. Una misura finora adottata in 12 Stati e che Trump, come ha scritto su Truth nominando McMahon, vorrebbe implementare «a tutti gli Stati per dare ai genitori la possibilità di prendere le migliori decisioni in materia di istruzione per le loro famiglie».

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