Enzo Maiorca, il delfino salvato, l’odio per la caccia e le bestemmie in tv: «Così la Rai lo cacciò»
Enzo Maiorca è l’uomo dei record in apnea. Ma la figlia Patrizia oggi al Corriere della Sera racconta che suo padre era anche molto altro. Odiava la caccia dopo aver ucciso una cernia con un fucile subacqueo. E cercava in fondo al mare la figlia Rossana, morta a 45 anni per un tumore. Mentre ha sofferto molto per la censura subita dalla Rai a causa delle bestemmie in diretta. Patrizia racconta che ricorda il padre e la sorella «nel nostro mare di Siracusa. Sulla barca dove ci esercitavamo. Lui in acqua, improvvisamente colpito alle spalle da qualcosa di leggero. Si girò e vide un delfino». Che chiedeva aiuto: «Il delfino si immerse. Quasi indicando un altro delfino impigliato dieci metri sotto, bloccato nella rete di una spadara abbandonata».
Il delfino da salvare
Il racconto prosegue: «Papà riemerse gridando a Rossana di prendere due coltelli, a bordo. Un minuto dopo entrambi erano giù, in apnea. Dovevano fare in fretta. Un delfino non resiste più di dieci minuti sottacqua. Tranciate le corde, eccolo riaffiorare, respirare con uno sbuffo ed emettere “un grido umano”, mi raccontarono». Il delfino, in realtà, era una delfina gravida. Che ha partorito davanti a loro: «Con il primo delfino che guardava, quasi ringraziava. Poi, una spinta al piccolo e via lentamente con la compagna». Il trauma della caccia risale al 1967: «Con un fucile arpionò una cernia robusta e combattiva, decisa a sopravvivere, incastrata in una cavità. Una lotta titanica. Con lui che per stanarla allungò un braccio fra le pareti della roccia, la mano sotto il ventre. Scosso dal sangue e dal battito del cuore di quell’essere vivente che pulsava terrorizzato, impazzito dalla paura. Si fermò. E quel fucile non fu mai più usato se non per raccontare l’orrore della caccia e dare voce agli animali marini».
Maiorca non mangiava pesce
La figlia dice che Maiorca per questo non mangiava pesce da allora: «Come non ne mangio io. Perché i banconi della pescheria sono obitori, spiegava. Impensabile vedere agonizzare un vitello sul banco di una macelleria. Invece, vedere merluzzi e saraghi che si dimenano nelle bacinelle, mezzi vivi, anzi mezzi morti, non fa impressione. Perché loro sono “muti come un pesce”. Ma siamo noi a non sentire i loro lamenti, come spiegava papà ai giovani». Il padre si iscrisse anche alla massoneria e frequentò la loggia Archimede: «Un errore, quando non si parlava ancora della P2 di Gelli. “Per curiosità culturale”, disse una volta, ma sorvolava. Una parentesi chiusa in fretta, senza mai trarne vantaggi, subito “in sonno”».
Le bestemmie in tv
Poi c’è la storia delle parolacce in tv: «Il record mancato del 1974, quando la Rai mandò Enzo Bottesini a filmare sottacqua la discesa. Ma si mise nel mezzo e mio padre finì con una capocciata sulle sue bombole. Fine gara. Riemerse e sbottò con due bestemmie. Cancellato dalla Rai. Per due anni non si parlò più di lui». Anche lei, come la sorella, ha avuto un tumore: «Un carcinoma mammario. Sapevo che ce l’avrei fatta, anche l’8 aprile di due anni fa, quando mi sottoposi a una chemio rossa. Ma cinque giorni dopo mia madre morì. Andata via per non assistere a un altro scempio della sua vita. Non voleva soffrire ancora». Dopo la morte di Rossana invece Enzo «si è ammalato di cuore. Ha continuato a cercarla ovunque. Soprattutto alla “Pillirina”, il nostro mondo, l’area dove ci immergevamo. “La vedo, la sento”. Un giorno torna felice, la mano su un braccio: “Una farfalla s’è poggiata qui, non se ne andava più, era lei, Rossana è tornata su di me…”. No, non era uscito di testa. La sentiva davvero vicina».