Istituti tecnici e professionali, meno della metà degli studenti trova lavoro. Le ragazze pagano il prezzo più alto – I dati
Meno della metà dei diplomati tecnici e professionali riesce a trovare un’occupazione stabile entro due anni dalla maturità. È un ritratto ricco di sfumature e non privo di criticità quello che emerge dai dati di Eduscopio della Fondazione Agnelli, che analizzano anche lo stato occupazionale e accademico dei giovani diplomati del nostro Paese. Stando alle ultime statistiche, che fanno riferimento al triennio 2019-2020-2021, solo il 30,5% dei giovani usciti dai tecnici e professionali ha lavorato per più di sei mesi nel periodo considerato, guadagnandosi la definizione di «occupati». Il 17% ha svolto lavori frammentari o di breve durata, rientrando così nella categoria dei «sottoccupati». Altri percorsi emergono tra i diplomati: il 17,1% ha alternato il lavoro con lo studio universitario, mentre poco meno del 20% si è dedicato esclusivamente alla formazione accademica. Una percentuale significativa (15,75%) resta ai margini di entrambe le sfere, non risultando né iscritta all’università, né inserita nel mercato del lavoro.
Ma si torna ai livelli pre-Covid
Se si guarda al tasso di occupazione relativi solo al 2021, c’è una nota positiva. I diplomati tecnici e professionali del 2021 che hanno scelto di non proseguire gli studi all’università e di entrare subito nel mondo del lavoro mostrano risultati migliori rispetto agli anni precedenti. Secondo i dati Eduscopio relativi solo al 2021, il 35% di questi diplomati ha trovato lavoro stabile, con un aumento di 5 punti rispetto ai diplomati del 2020. Si nota anche una lieve diminuzione di chi non lavora né studia e un calo più significativo del numero di diplomati tecnici e professionali che scelgono di iscriversi all’università. Con i dati del 2021, il tasso di occupazione dei diplomati tecnici e professionali torna ai livelli pre-Covid, simile a quello dei diplomati del 2017, ovvero l’ultima generazione non colpita dalla pandemia.
Le disparità di genere iniziano subito dopo il diploma
Le statistiche del triennio analizzato mettono in luce disuguaglianze profonde. A parità di condizioni – età, titolo di studio, voto di maturità e residenza – le ragazze hanno una probabilità dell’8,1% inferiore rispetto ai ragazzi di trovare un lavoro stabile. Un divario che, purtroppo, conferma tendenze già note sulle difficoltà delle donne nel mercato del lavoro italiano. Anche i diplomati di origine straniera incontrano ostacoli aggiuntivi: hanno una probabilità di essere occupati del 3,9% più bassa rispetto ai loro coetanei italiani.
Il voto di maturità non conta
Quanto, invece, al voto di maturità, emerge che non ha un impatto sulle prospettive lavorative. Dieci punti in più all’esame sono associati a una riduzione dello 0,5% della probabilità di essere occupati. Un dato che suggerisce come il voto finale non rifletta necessariamente le competenze effettive dei diplomati, diventando un indicatore poco rilevante per i datori di lavoro. «Questa situazione può essere il riflesso dello scarso valore segnaletico del voto di maturità che non essendo attribuito con criteri omogenei nelle diverse scuole e nei diversi indirizzi di studio finisce per non essere particolarmente informativo sulle reali competenze del diplomato che vengono, invece, testate sul campo dai datori di lavoro», si legge nel rapporto tecnico.
Le (poche) differenze tra tecnici, economici e professionali
I percorsi di studio non sono tutti uguali nel garantire opportunità lavorative. Sebbene si tratta di una live differenza, i diplomati del settore tecnologico mostrano una probabilità di occupazione leggermente inferiore (-0,3%) rispetto ai tecnici economici. Invece, i diplomati professionali nei settori dei Servizi e dell’Industria e Artigianato godono di un vantaggio occupazionale rispettivamente del +0,9% e del +4,4%.