Guerra a Gaza, dalla Corte dell’Aja un mandato di arresto per Netanyahu e Gallant: «Crimini di guerra e contro l’umanità». Ora cosa cambia
Accogliendo le richieste del procuratore generale Karim Khan, la Corte penale internazionale ha emesso due mandati di arresto per il premier Benjamin Netanyahu e l’ex ministro della Difesa Yoav Gallant, licenziato dal capo del governo lo scorso 26 marzo. Secondo le indagini della procura dell’Aja, sarebbero i responsabili di crimini di guerra per la conduzione del conflitto sulla Striscia di Gaza, con i bombardamenti iniziati dopo gli attacchi di Hamas del 7 ottobre 2023. La Camera preliminare I della Corte dell’Aja ha spiccato i mandati «per crimini contro l’umanità e crimini di guerra commessi almeno dall’8 ottobre 2023 fino ad almeno il 20 maggio 2024», giorno in cui la Procura ha depositato le domande di mandato di arresto, «per un attacco diffuso e sistematico contro la popolazione civile di Gaza».
Netanyahu: «È antisemitismo, un moderno processo Dreyfus»
La reazione di Netanyahu non si è fatta attendere, e il tono è quanto più duro possibile. La decisione della Corte è definita «antisemita» e paragonata a un «moderno processo Dreyfus». Il richiamo è al famoso affare che in Francia, a fine Ottocento, vide condannato all’esilio a vita per spionaggio l’ufficiale di origini ebree Alfred Dreyfus. Questi, dieci anni dopo, fu dichiarato innocente dalla Corte costituzionale dopo anni di proteste contro l’antisemitismo e il razzismo dei quadri dell’esercito. «Israele respinge con disgusto le azioni e le accuse assurde e false contro di lui da parte della Corte penale internazionale, che è un organismo politico parziale e discriminatorio», si legge in una nota dell’ufficio del premier. «Non c’è niente di più giusto della guerra che Israele conduce a Gaza dal 7 ottobre 2023, dopo che l’organizzazione terroristica Hamas ha lanciato un attacco contro di esso e ha compiuto il più grande massacro commesso contro il popolo ebraico dai tempi dell’Olocausto».
Cpi anche contro Hamas: Deif raggiunto dal mandato
La Cpi ha anche emesso mandati di arresto «all’unanimità» anche per Mohammed Diab Ibrahim Al-Masri, noto come Deif e leader delle Brigate Al-Qassem di Hamas che Israele sostiene di aver ucciso in un raid sulla Striscia di Gaza lo scorso 13 luglio 2024. Nella nota pubblicata dalla Corte penale internazionale si specifica che «non è in grado di stabilire se Deif sia stato ucciso o sia ancora in vita». La motivazione è simile a quella fornita per Netanyahu e Gallant: «Presunti crimini contro l’umanità e crimini di guerra commessi sul territorio dello Stato di Israele e dello Stato di Palestina almeno dal 7 ottobre 2023». Nella nota del tribunale dell’Aia viene ricordato anche che non sono state approfondite le richieste di mandato di arresto ai danni di altri due leader di Hamas, Ismail Haniyeh e Yayha Sinwar, a causa della loro morte. Ma la questione non sembra chiusa qui: «L’accusa prevede che verranno presentate ulteriori domande di mandato d’arresto».
Le indagini di Karim Khan e il team di esperti
A iniziare tutto il procedimento, il 29 ottobre 2023, era stato il procuratore della Cpi Karim Khan, a seguito di una visita al valico di Rafah, dove milioni di sfollati palestinesi si sono rifugiati per scappare dai bombardamenti israeliani. L’indagine era attiva su entrambi i fronti: quello di Hamas e quello del governo di Tel Aviv, perché «le istituzioni internazionali costruite sulle macerie della Seconda guerra mondiale devono assicurare che non si ripetano mai più abomini». Il 20 maggio 2024, in anteprima a Cnn e dopo indagini durate mesi, lo stesso Khan aveva rivelato l’intenzione di chiedere il mandato di arresto per Netanyahu, Gallant, Deif, Sinwar e Haniyeh. Le accuse contro Netanyahu e Gallant erano pesantissime. Li si accusa in particolare di «aver causato lo sterminio, usato la fame come metodo di guerra – inclusa la negazione degli aiuti umanitari – e preso di mira deliberatamente i civili durante il conflitto». Per stilare queste accuse, Khan aveva raccontato di essersi avvalso della consulenza dei massimi esperti di diritto internazionale. Tra questi anche Amal Clooney, avvocata libanese-britannica specializzata in diritti umani e moglie dell’attore George.
Cosa cambia ora?
E ora cosa cambia? Raggiunto dal mandato d’arresto, Netanyahu ora è bollato di u «marchio di infamia globale», come quello che grava su Vladimir Putin. Nella praticità, ogni qual volta dovesse viaggiare in Paesi che hanno aderito alla Cpi, rischierebbe di finire in manette. I 124 Stati firmatari avrebbero, in teoria, l’obbligo giuridico di eseguire qualunque sentenza del tribunale dell’Aia. Gli Stati Uniti non hanno mai accettato di aderire alla Corte, i 27 Paesi dell’Unione europea sì (tra questi l’Italia). I Paesi Bassi hanno già annunciato, tramite il ministro degli Esteri Caspar Veldkamp, «piena collaborazione con la Cpi». A Washington, da cui Biden aveva già condannato la mossa della Corte, Netanyahu avrà invece campo libero.
Foto di copertina: EPA/DEBBIE HILL