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Gli ultimi mesi di Anna Kanakis prima della morte per il linfoma: «Ha lasciato tutti i suoi gioielli alla ricerca scientifica»

22 Novembre 2024 - 07:10 Alba Romano
L'attrice e scrittrice «aveva scoperto di avere un linfoma nel 2018, facendo un esame del sangue di routine. Dopo, per due volte, la malattia era andata in remissione»

Anna Kanakis è morta a 61 anni il 20 novembre 2023 per un linfoma. Il vedovo Marco Merati Foscarini racconta oggi al Corriere della Sera gli ultimi mesi di vita dell’attrice, partendo da Gulla, la loro cagnolina: «Ha dormito sotto il suo letto tutte le notti». Nel colloquio con Candida Morvillo Merati Foscarini parla anche della foto di loro due insieme: «Ce l’aveva fatta Rino Barillari, il paparazzo. Ho chiesto al ristoratore di regalarmela. Ci tengo tanto perché, qui, Anna ride in un modo che era tutto suo: la guardi, sembra una ragazzina…». Con loro c’era Gaddo Della Gherardesca, a cui il banchiere aveva raccontato della malattia della moglie: «Gaddo è un amico vero, quando veniva a Roma, stava a casa da noi. Anna gli voleva bene e lui la chiamava Anita».

La morte di Kanakis

Il giorno della morte, dice, era preparato «in parte, perché me l’avevano detto. Però la speranza nel miracolo ce l’hai sempre. Anna aveva scoperto di avere un linfoma nel 2018, facendo un esame del sangue di routine. Dopo, per due volte, la malattia era andata in remissione. Abbiamo fatto viaggi, vacanze, aveva scritto il suo ultimo libro. Era stata bene». Il vedovo ricorda che «al pronto soccorso ematologico del Policlinico Umberto I di Roma ci sono tre targhe che la ricordano. È una struttura geniale, riservata ai pazienti con malattie del sangue, ma è pubblica, ha poche risorse e Anna ha rifatto tutto il reparto, dove fra l’altro è mancata. Quella sera, ha chiesto lei di andare. Ha chiamato il professor Maurizio Martelli che ci è sempre stato vicino con professionalità e cuore e gli ha chiesto di ricoverarla».

Gli ultimi mesi

Kanakis non sapeva di essere agli ultimi mesi di vita: «A ogni visita, chiedeva che probabilità avesse e andava avanti. Confidava nella terapia. Però, dieci giorni prima di morire, aveva cambiato il testamento. Forse aveva capito, ma non lo diceva, per proteggere me. E aveva detto al professore: se ha altre cose che posso fare per il reparto, me lo dica». Nel testamento «da poco era nata una bimba, figlia di mia nipote, e lei se n’era innamorata. Sofia Nicla, detta: Pupazza. Nei suoi ultimi giorni, le uniche chat che Anna guardava erano quelle con le foto di Pupazza. Le ha lasciato la casa al mare, amatissima, di Porto Santo Stefano. Il testamento, invece, lo aveva fatto dopo aver saputo della malattia, lasciando il ricavato della vendita dei suoi gioielli alla Fondazione Veronesi e alla Fil, la Fondazione italiana linfomi».

I gioielliere

Quei gioielli erano «la sua collezione. Aveva questa passione. Prima che ci sposassimo, faceva un film, metteva da parte un po’ di soldi e si comprava degli orecchini o un bracciale. Tutti particolari, eleganti. Ma lei era elegante anche se metteva dei birlocchi grandi così». Marco spiega anche perché Anna si era data alla scrittura: «Disse: mi do alla scrittura perché è la cosa giusta per me e mi dà di più. Chiamava i suoi libri: i miei bimbi di carta, erano qualcosa che partoriva lei, non c’era regista, sceneggiatore… L’ultimo, Non giudicarmi , sul barone Jacques d’Adelswärd-Fersen e la fatica esistenziale di essere omosessuale negli anni ’20, l’ha portata a battersi tanto per i diritti civili. È stato il suo ultimo atto di altruismo». Nel suo ultimo giorno «ero lì con lei. Lei non voleva che stessi lì. Mi ha detto: vai via. Non me ne sono andato».

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