Il governo di Israele taglia ogni rapporto con Haaretz. Il giornale: «Netanyahu come Putin, vuole silenziare le voci critiche»
Il governo israeliano taglia tutti i ponti con Haaretz, il giornale di riferimento dell’area progressista del Paese, molto letto anche all’estero. L’esecutivo guidato da Benjamin Netanyahu ha approvato nella riunione di oggi, domenica 24 novembre, una decisione a sorpresa che vincola ogni ente pubblico ad astenersi da qualsiasi rapporto con Haaretz: si tratti di comunicare con i suoi reporter o di vendere annunci pubblicitari al giornale. Una misura pesantissima che potrebbe avere ripercussioni non solo sulla produzione giornalistica, ma pure sulla sostenibilità finanziaria dell’azienda che edita la testata. La proposta è stata presentata alla riunione dal ministro della Comunicazione Shlomo Karhi senza alcun preavviso: non appariva all’ordine del giorno e non è stata corredata, come d’uso, dal parere legale d’accompagnamento dell’avvocatura dello Stato. Il governo ha spiegato che la decisione è una reazione ai «molti articoli che hanno danneggiato la legittimità dello Stato di Israele e il suo diritto all’autodifesa, in particolare le dichiarazione fatte a Londra dall’editore di Haaretz Amos Schocken a sostegno del terrorismo e dell’imposizione di sanzioni contro il governo».
Cosa aveva detto Schocken
Lo scorso 27 ottobre, intervenendo a una conferenza di Haaretz a Londra, Schocken aveva detto che «il governo Netanyahu non si cura di imporre un crudele regime di apartheid alla popolazione palestinese. Disconosce i costi per entrambe le parti per difendere gli insediamenti e combattere i combattenti per la libertà palestinesi, che Israele chiama terroristi». Quell’etichetta di “combattenti per la libertà” appiccicata, in apparenza, anche ai miliziani di Hamas – che il 7 ottobre 2023 hanno compiuto la peggior strage di civili nella storia di Israele – aveva creato un polverone. Il governo l’aveva giurata all’editore di Haaretz, e oggi ha presentato il conto, nonostante i tentativi di Schocken nei giorni seguenti di aggiustare il tiro: «Avrei dovuto dire “combattenti per la libertà che fanno uso anche di tattiche del terrore, che va combattuto”. L’uso del terrore non è legittimo». Quanto a Hamas, «quelli non sono combattenti per la libertà perché la loro ideologia essenzialmente dice: “È tutto nostro, gli altri se ne vadano”». Precisazioni che a nulla sono valse. Anche perché nel durissimo intervento l’editore aveva pure parlato di una “seconda Nakba” (l’esodo dei palestinesi nel 1948 dopo la fondazione dello Stato di Israele) e fatto appello al mondo ad instaurare sanzioni contro Israele come «unico modo perché si arrivi allo stabilimento di uno Stato palestinese».
La replica di Haaretz
Haaretz ha replicato alla decisione del governo bollandola come «un altro passo nel tragitto di Netanyahu verso lo smantellamento della democrazia israeliana. Come i suoi amici Putin, Erdoğan e Orbán, Netanyahu sta tentando di silenziare un giornale critico e indipendente. Haaretz non si farà intimorire e non muterà in un pamphlet governativo che pubblica messaggi approvati dal governo e dal suo leader». A la guerre comme à la guerre.