Rabbino assassinato, gli Emirati Arabi arrestano tre uomini: mistero sulla loro identità. Israele: «Terrorismo antisemita»
Gli Emirati Arabi Uniti hanno annunciato di aver arrestato tre persone considerate responsabili dell’omicidio del rabbino israelo-moldavo Zvi Kogan. Nelle prime ore di questa mattina le stesse autorità di Abu Dhabi avevano annunciato il ritrovamento del cui corpo senza vita dell’uomo a Al Ain, città al confine con l’Oman e circa un’ora e mezza di auto dalla capitale. Non è chiaro però se Kogan sia stato ucciso lì o vi sia stato portato dopo essere stato assassinato altrove. Il rabbino, emissario del movimento Chabad, era scomparso da giovedì. Il ministero degli Interni degli Emirati ora rivendica l’arresto «in tempi record» dei tre presunti responsabili. Senza fornire però alcuna indicazione sul profilo degli arrestati. Ieri i media israeliani accreditavano la ricostruzione preliminare del Mossad, secondo cui il rabbino sarebbe stato catturato e ucciso da tre uzbeki al soldo dell’Iran, i quali si credeva fossero poi rapidamente fuggiti, riparando in Turchia. La nota del governo emiratino indica la vittima dell’assassinio semplicemente come «il cittadino moldavo», e non fa menzione dei pesanti addebiti di Israele sul caso: «terrorismo antisemita», lo ha definito senza mezzi termini il governo Netanyahu. Non a caso il Jerusalem Post parla già di «fine della luna di miele» tra i due Paesi, che quattro anni fa normalizzarono le loro relazioni bilaterali firmando gli storici “Accordi di Abramo”.
I dubbi sulla morte di Kogan e il dolore di Israele
Gli Emirati Arabi «non risparmieranno sforzo alcuno per prevenire attacchi contro i suoi cittadini, residenti e visitatori», proclama la nota diffusa dal governo di Abu Dhabi, assiurando che «tutte le agenzie di sicurezza lavorano senza sosta per proteggere la stabilità della società e assicurare la sostenibilità dei più alti livelli di sicurezza raggiunti dalla fondazione dello Stato». Gli esiti completi dell’indagine aperta, comunque, saranno resi noti al suo termine, viene fatto sapere. Il presidente di Israele aveva dato voce nelle scorse allo sconcerto del Paese con parole di altro tenore: «Questo vile attacco antisemita ci ricorda l’inumanità dei nemici del popolo ebraico», aveva scritto su X Isaac Herzog, dopo il ritrovamento del cadavere di Kogan. Herzog aveva comunque ringraziato gli Emirati Arabi Uniti per la loro «rapida azione» e affermato di confidare che faranno tutto il possibile per assicurare alla giustizia gli assassini: quanto accaduto «non ci impedirà di continuare a far crescere la comunità fiorente negli Emirati Arabi Uniti o altrove».
Attaccata l’ambasciata di Israele in Giordania
Intanto ad Amman, in Giordania, un uomo ha aperto il fuoco contro l’ambasciata dello Stato ebraico ed è stato ucciso dalla polizia. Nel 1994, la Giordania, con gran parte degli abitanti di origine palestinese, è diventata il secondo stato arabo, dopo l’Egitto, a firmare un trattato di pace con Tel Aviv. Tre membri dei servizi di sicurezza sono stati feriti dall’aggressore prima della sua morte. A riferirlo è il portavoce del governo Mohamed Moumani, citato dall’agenzia nazionale Petra che ha condannato l’«attacco terroristico contro le forze giordane» e presentando l’aggressore come un «fuorilegge con trascorsi criminali» legati alla droga. Non è chiara ancora la sua nazionalità. Non è il primo attacco del periodo. Il 18 ottobre, due membri dei Fratelli Musulmani giordani sono stati uccisi dopo aver aperto il fuoco contro soldati in territorio israeliano, a sud del Mar Morto. L’8 settembre, tre guardie di sicurezza israeliane sono state uccise quando un camionista giordano ha aperto il fuoco al valico di Allenby, tra la Cisgiordania occupata e la Giordania, controllata da Israele.