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La rabbia della mamma di Noemi Durini, uccisa dal fidanzato a 16 anni e sepolta viva. Lettera a Nordio: «Chi la uccise ha avuto permessi premio per andare allo stadio»

25 Novembre 2024 - 23:32 Alba Romano
A Lucio Marzo è stato concesso di poter frequentare una ragazza fuori dalla struttura dove sta scontando la pena per 18 anni di omicidio. L'elenco delle "uscite" incluse quelle in cui scappò da un posto di blocco

Aveva 16 anni Noemi Durini quando, nel settembre 2017, fu uccisa a coltellate e sassate a Specchia, in provincia di Lecce. L’autore del femminicidio era il suo fidanzato, Lucio Marzo, che seppellì la vittima mentre era ancora in vita sotto dei massi. È stato condannato a 18 anni e 8 mesi di carcere per omicidio volontario, premeditato e pluriaggravato. La sentenza è stata confermata in appello a giugno 2019. Dopo la condanna, al giovane sono stati concessi diversi permessi premio. In un’occasione è stato fermato ubriaco alla guida di un’auto: aveva provato ad aggirare l’alt della pattuglia ripartendo a tutta velocità. A marzo è stato concesso anche di uscire dal carcere di Cagliari, dove si trova, per andare a tifare i rossoblù allo stadio. Ancora, ha usato i permessi premio per incontrare una ragazza che sta frequentando. La madre della vittima, la signora Imma Izzo, ha raccolto la lista dei permessi concessi dal giudice di sorveglianza e ha deciso di rivolgersi al ministro della Giustizia.

La lettera a Nordio

Insieme all’avvocata Valentina Presicce, nella lettera scritta a Carlo Nordio ritiene come il suo caso sia «la prova evidente di come il sistema di giustizia minorile e di recupero non funzioni come dovrebbe». Le due donne chiedono «provvedimenti urgenti a carico di coloro che hanno concesso permessi premio in violazione di legge a un detenuto ancora pericoloso per la società». Tra le righe, l’avvocatessa e la sua assistita sottolineano che lo Stato «dovrebbe garantire una giustizia che sia concreta per la sicurezza delle donne e delle famiglie e non concedere autori di tali fatti criminosi benefici e permessi premio. Ci troviamo di fronte ai familiari delle vittime che vivono il vero ergastolo nella vita, e gli assassini liberi dopo pochi anni, proprio come è accaduto a Lucio Marzo. Basta permessi premio a chi commette femminicidio, anche se minorenne».

«Quale premio può essere concesso ad un assassino?»

I permessi per Marzo sono cominciati ad arrivare dopo tre anni dalla sentenza della Corte d’appello. «Quale premio può essere concesso ad un assassino?», si domandano le scriventi. «Ha iniziato a scontare la sua pena nell’Istituto penale minorile di Quartuccio, in provincia di Cagliari. Ma all’alba del 10 agosto dell’anno scorso venne fermato ubriaco alla guida di un’auto, dopo aver ignorato l’alt di una pattuglia della Polizia stradale, fingendo di fermarsi per poi ripartire a tutta velocità. Dopo aver chiesto e ottenuto, proprio a seguito di questo gravissimo episodio, il trasferimento immediato di Marzo ad un carcere per adulti, abbiamo preteso di conoscere tutti i permessi premio concessi ad un soggetto evidentemente ancora pericoloso per la società e pochi giorni fa, proprio a ridosso della giornata mondiale contro la violenza sulle donne, abbiamo ricevuto dal magistrato di sorveglianza l’elenco di tutti i permessi premio ottenuti».

«Come se Noemi fosse stata uccisa per la seconda volta dallo Stato»

La lettura della lista, scrive la legale, «ha fatto sprofondare la famiglia di Noemi nel dolore, come se la figlia fosse stata uccisa per la seconda volta dallo Stato». Il giudice di sorveglianza ha consentito a Marzo «di recarsi allo stadio a tifare durante le partite del Cagliari e, cosa ancora più sconcertante, di frequentare una ragazza conosciuta sul posto di lavoro. Questo è lo Stato che dovrebbe tutelarci e proteggerci? Ha potuto lasciare la cella anche per recarsi alle urne ed esprimere il proprio voto in occasione delle politiche del 2022». Soffermandosi su quest’ultimo episodio, l’avvocata chiede anche «la perdita dell’elettorato attivo e passivo per chi si macchia di omicidio, anche se minorenne». Poi, facendo proprie le volontà della famiglia Durini, conclude: «La nostra battaglia non si fermerà finché giustizia vera non sarà fatta per Noemi e per tutte le donne che avrebbero meritato un finale diverso. Continueremo a dare voce a chi voce, purtroppo, non ha più».

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