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Maria Rosaria Boccia scrive a Mattarella: «Da mesi svilita da atteggiamenti denigratori, Meloni mi ha dato in pasto all’Italia»

25 Novembre 2024 - 13:19 Alba Romano
maria rosaria boccia sergio mattarella giorgia meloni lettera giornata nazionale violenza sulle donne
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L'ex consulente di Sangiuliano ha denunciato la «condanna sociale» subita in occasione della Giornata Nazionale contro la violenza sulle donne: «Devo fare i conti con il pubblico ludibrio»

«La mia vita è da mesi sottoposta al tentativo di essere svilita e annullata da atteggiamenti prevaricatori», in particolar modo di stampa e governo. Maria Rosaria Boccia, mancata consulente dell’ex ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, ha scritto una lettera al presidente della Repubblica Sergio Mattarella in occasione della Giornata Nazionale contro la violenza sulle donne. Parole di denuncia accompagnate a una richiesta: «Ripristinare la salvaguardia della dignità di donna altamente lesa e mortificata anche e soprattutto dalla presa di distanza delle Istituzioni».

Boccia contro Meloni: «Voleva solo salvaguardare il suo partito»

«Sono una cittadina della Repubblica», così Boccia si definisce nel suo appello a Mattarella. Una cittadina che descrive la sua vita come attaccata da due direzioni: quella della stampa, «troppo attenta a non pestare i piedi al potere», e quella del potere stesso. In particolare, nella lettera e in un post sui social, questo è personificato nella figura della presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Il riferimento è al Forum di Cernobbio di inizio settembre, quando la premier parlando di Boccia aveva detto: «La mia idea su come una donna deve guadagnarsi uno spazio nella società è diametralmente opposta da quella di questa persona». Secondo la 41enne campana, «la “nostra” presidente del Consiglio» – le virgolette sono appositamente aggiunte – «è disposta a dare in pasto all’intero Paese l’immagine fuorviante di una Donna senza morale capace di chissà quali malefatte». Il tutto «nel tentativo di salvaguardare le logiche di partito ed alcune scelte infelici». Da qui, e dal clamore mediatico relativo all’affaire Sangiuliano, sarebbe derivata per Boccia una «vita faticosa» in cui «dover fare i conti con il pubblico ludibrio».

L’impatto nel privato: «Mi hanno definita hostess»

La lettera a Mattarella continua con una denuncia puntuale di come l’esistenza e il quotidiano di Maria Rosaria Boccia siano stati travolti dallo scandalo del ministero della Cultura. Boccia parla di «mortificazione senza precedenti della mia persona in quanto donna» e, nell’ambito istituzionale in cui lavorava come consulente, racconta di essere stata «allontanata da tutti senza un reale motivo». A questo punto una domanda diretta al capo dello Stato italiano: «È possibile che nel nostro Paese possa essere consentito che, laddove una donna raggiunga un obiettivo/traguardo con dedizione e sacrificio, debba alimentarsi il sospetto di una propria ‘leggerezza morale’ e dell’usare il proprio essere donna per ritagliarsi il proprio spazio nella società?». Una sorta di rielaborazione, in forma interrogativa, delle parole di Meloni riguardo a come Boccia avrebbe scalato le gerarchie all’interno del Mic, cioè tramite una relazione con il ministro stesso. «Sono stata definita poco più che una hostess, un’arrampicatrice, persino il conseguimento del titolo di Laurea è diventato un’invenzione conseguenza del mio essere millantatrice».

Il ruolo della stampa e la condanna sociale «da scontare ancora a lungo»

Tutto questo mentre, a livello di stampa, secondo Boccia andava in scena una «denigratoria campagna d’informazione mediante la pubblicazione di una serie di notizie destituite di ogni fondamento, con il fine di screditare la mia persona e ledere la mia onorabilità e reputazione». Per le quali, scrive la 41enne, avrebbe chiesto l’intervento del Garante. Una lettera di racconto personale, che parte dal vissuto per aprirsi su una situazione condivisa. «Ho deciso di manifestarLe la mia difficoltà affinché possa esserci una maggiore sensibilizzazione e meno ipocrisia nel trattare un tema troppo serio ed importante che richiede coraggio». Pur nella consapevolezza che «la condanna sociale che si è scelto di infliggermi probabilmente dovrò scontarla ancora a lungo, è questa la violenza più dura che sto subendo e contro la quale rischio di non avere la forza di combattere».

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