Unicredit, l’offerta su Bpm, il governo informato un’ora prima e la stizza di Salvini e Giorgetti: che fine fa il progetto di terza banca italiana
Matteo Salvini si è innervosito appena toccato l’argomento ma il suo commento era atteso fin da quando, questa mattina, è arrivata la notizia: Unicredit ha lanciato un’ops (offerta pubblica di scambio) sulla totalità delle azioni del Banco popolare di Milano che scompagina tutti i progetti precedenti che lo riguardavano e potrebbe essere un segnale non proprio positivo per l’imprenditoria lombarda e veneta. Il leader della Lega già a metà mattina va dritto: «A me le concentrazioni e i monopoli non piacciono mai, ero rimasto al fatto che Unicredit volesse crescere in Germania. Non so perché abbia cambiato idea. Unicredit ormai di italiano ha poco e niente: è una banca straniera, a me sta a cuore che realtà come Bpm e Mps che stanno collaborando, soggetti italiani che potrebbero creare il Terzo polo italiano, non vengano messe in difficoltà», dice a margine dell’evento Italia Direzione Nord a Milano. «Non vorrei che qualcuno volesse fermare l’accordo Bpm-Mps per fare un favore ad altri». Dopo poco il nuovo affondo: «L’interrogativo mio e di tanti risparmiatori è Banca d’Italia c’è? Che fa? Esiste? Che dice? Vigila? Siccome sono tra i più pagati d’Italia, da cittadino italiano vorrei sapere se è tutto sotto controllo».
L’avvertimento al governo italiano
Prima di approvare la decisione in Cda, Andrea Orcel – amministratore delegato di Unicredit – ha avvertito il governo italiano delle intenzioni che aveva su Bpm, ma senza chiedere opinioni e pareri. Che, tra l’altro, difficilmente sarebbero stati favorevoli visto che palazzo Chigi e il ministero dell’Economia lavoravano a sostenere tutt’altro tipo di operazione. Dieci giorni fa, infatti, il 13 novembre, il governo ha messo sul mercato un (ulteriore rispetto a iniziative analoghe prese in passato) 15% di azioni di Mps. E gli acquirenti principali erano Bpm, al 5% per 370 milioni, Anima che aveva preso il 3% (pari a 219 milioni) salendo così al 4%, il gruppo Caltagirone, che aveva acquisito il 3,5% e Delfin, la holding della famiglia Del Vecchio, che controlla Luxottica e ha partecipazioni in Mediobanca e Generali, con il 3,5% del capitale. Oltre a portare 1,1 miliardi nelle casse dello stato, il disegno di Giorgetti sembrava essere quello di favorire la creazione di un nuovo polo bancario attorno alla fusione tra Bpm e Montepaschi e farlo diventare il Terzo polo finanziario del paese.
Il malumore della Lega
Ma anche al di là dell’operazione che stava orchestrando il governo italiano, l’idea che la Banca popolare di Milano, punto di riferimento fondamentale per la piccola e media imprenditoria di Lombardia e Veneto, divenga parte di un grande gruppo internazionale, per diventare sì il numero 3 ma d’Europa, non fa molto piacere in particolare alla Lega. Bpm è la banca di riferimento principale per le imprese medie e piccole di Lombardia e Veneto e, come spiega Stefano Candiani a Open, «la caratteristica del sistema creditizio legato al territorio è stato sempre un punto di forza dell’imprenditoria del Nord Italia. Senza difendere i modelli di gestione che hanno portato ai fallimenti di anni passati, è chiaro che quando le banche si allontanano dal territorio c’è preoccupazione e ci si aspetta prudenza». Su questa linea, la Lega per una volta è tornata compatta.
La battuta di Giorgetti
Giancarlo Giorgetti si dice pure lui critico. L’operazione spiega, ad Ansa è stata «comunicata ma non concordata col governo»: «Poi vedremo, come è noto esiste la golden power. Il governo farà le sue valutazioni, valuterà attentamente quando Unicredit invierà la sua proposta per le autorizzazioni del caso». Infine, la battuta velenosa: «Citando von Clausevitz il modo più sicuro per perdere la guerra è impegnarsi su due fronti, poi chissà che magari questa volta questa regola non sarà vera».
La preoccupazione di Commerzbank
Il riferimento è al fatto che Unicredit da tempo è impegnata in una ambiziosa operazione di acquisizione della tedesca Commerzbank, di cui al momento controlla il 21% delle azioni. Orcel, commentando l’intera operazione di queste ora sul suo profilo Linkedin ha scritto: «Tutto ciò non ha alcun impatto sul nostro investimento in corso in Commerzbank, una banca che opera in un altro dei nostri mercati principali». Ma la borsa non sembra avergli molto creduto visto che fin dalla mattina il titolo è stato in scivolamento e attorno al primo pomeriggio è arrivato al -5,95%. Sull’operazione lanciata verso Bpm, Orcel ha usato parole prudenti: «Al momento, l’offerta che abbiamo presentato non è vincolante. La responsabilità di valutare questa offerta spetta al Consiglio di Amministrazione di Banco BPM e agli azionisti di entrambi gli istituti. Speriamo di incontrarli presto per discutere i dettagli direttamente con loro».