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Israele, alle 4 comincia il cessate il fuoco con il Libano. Biden: «La pace è possibile»

26 Novembre 2024 - 22:02 Filippo di Chio
Un raid israeliano colpisce Beirut dopo l'annuncio del premier israeliano

Alla fine è arrivato lo stop. Il gabinetto di sicurezza israeliano approva il cessate il fuoco in Libano. Pochi minuti prima, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha dato il via libera al cessate il fuoco tra Israele ed Hezbollah in Libano che entrerà in atto «stasera», come dichiarato in un discorso alla nazione. Poco dopo l’annuncio, un missile israeliano ha colpito Beirut, abbattendosi su un centro commerciale nel quartiere Hamra, nel centro della capitale libanese. A riferirlo è Afp da Beirut. Mentre il suo Paese continua ad essere bombardato, il primo ministro libanese Najib Mikati ha chiesto che il cessate il fuoco «venga messo in atto immediatamente» mettendo fine ai raid israeliani sul Paese che si sono protratti con violenza anche durante i negoziati. Mikati ha sollecitato la comunità internazionale a far rispettare il cessate il fuoco. Secondo quanto anticipato dal premier israeliano, l’accordo porrà fine alle ostilità ma non c’è una durata stabilita. Inoltre, come stabilito in un’ulteriore intesa tra Tel Aviv e Washington, Israele si riserva il diritto di attaccare il Libano se dovesse ritenere che dal Paese dei cedri provengano minacce.

«Se Hezbollah si riarmerà noi attaccheremo»

In seguito all’approvazione, Netanyahu ha pronunciato un discorso alla nazione nel quale ha puntualizzato alcuni dettagli: «Stasera porto al gabinetto un accordo di tregua in Libano con Hezbollah». Il primo ministro di Israele ha specificato che: «La durata di questo accordo dipenderà da ciò che succederà sul terreno». Ha poi ribadito quanto già trapelava nelle ore precedenti l’accordo: «Con una comprensione totale tra Israele e gli Stati Uniti, manteniamo la libertà militare completa. Se Hezbollah si riarmerà, noi attaccheremo». Ha insistito Netanyahu: «Se tenterà di ricostruire infrastrutture terroristiche vicino al confine, colpiremo. Se lancerà razzi, se scaverà tunnel, se porterà un camion con missili, colpiremo».

La reazione degli USA. Biden: «Anche a Gaza serve una tregua urgente»

«Ho parlato con il premier di Israele e con quello del Libano e posso annunciare la tregua», ha dichiarato il presidente Usa Joe Biden alla Casa Bianca. «Anche a Gaza serve una tregua urgente, la popolazione civile sta vivendo un inferno», ha sottolineato aggiungendo che «l’unica via verso il cessate il fuoco è la liberazione degli ostaggi» nelle mani di Hamas. Il presidente Usa ha garantito che non ci saranno truppe americane nel sud del Libano. E che il conflitto lungo la Linea Blu non è stato avviato da Israele, e non è stato voluto neanche dal popolo libanese o dagli Stati Uniti. 

I motivi della tregua tra Israele e Libano

Netanyahu ha elencato tre motivi per cui la tregua, secondo Tel Aviv arriva nel momento opportuno. Il primo è l’intenzione di Israele di «concentrarsi sulla minaccia iraniana». Il secondo è legato alla disponibilità di militari e di materiale bellico. Il capo del governo dello Stato ebraico parlato esplicitamente di «rinnovamento delle forze e rifornimento completo». «E vi dico apertamente – ha aggiunto – ci sono stati grossi ritardi nella fornitura di armi e munizioni». Il terzo motivo elencato da Netanyahu è la possibilità di «separare i fronti e isolare Hamas».

I negoziati per il cessate il fuoco tra Israele ed Hezbollah

Nel tardo pomeriggio italiano, sera in Israele, si sono tenute a Tel Aviv una serie di consultazioni tra il premier Netanyahu e un ristrettissimo gruppo di ministri e funzionari, parte del Gabinetto di guerra. Un’ultima opportunità di confronto prima della firma sull’accordo di tregua nell’aria da giorni. Dura da superare l’opposizione dei partiti di destra conservatrice, che hanno già paragonato il cessate il fuoco a una «resa». Uno dei principali esponenti di quella frangia politica, il ministro della Sicurezza Itamar Ben Gvir, sarebbe stato restio al dialogo con Netanyahu. L’ufficio del premier aveva già preallertato tutti i ministri: «Tenete la vostra agenda libera fino alle 9 di sera».

I raid su Beirut prima del cessate il fuoco tra Israele e Libano

Nelle ore che hanno preceduto la tregua, i bombardamenti israeliani su Beirut non hanno accennato a diminuire. I media locali citati dall’Ansa hanno riferito dei raid più intensi dall’inizio della guerra. Sarebbero stati dieci i bombardamenti simultanei che Israele ha lanciato sulla capitale del Libano. Ad essere colpito è stato anche un palazzo che ospitava sfollati nella periferia Sud. Con gli attacchi, Israele ha ucciso una persona ferendone altre dieci. Un deputato di Hezbollah nel parlamento libanese ha parlato di «vendetta prima del cessate il fuoco»

In cosa consisterà il cessate il fuoco

A parlare del cessate il fuoco sarà solo il Gabinetto di guerra. Knesset e governo ne sono completamente esclusi trattandosi, come ha spiegato Netanyahu, «non di un accordo politico ma militare». Il «sì» definitivo era atteso da ore. Prima dell’accordo trapelavano indiscrezioni su una «intesa temporanea di 60 giorni», che includesse il ritiro di tutte le truppe israeliane dal Libano e dei miliziani di Hezbollah al nord del fiume Litani. La tregua è però legata a doppio nodo a un altro documento: l’accordo collaterale tra Tel Aviv e Washington, annunciato proprio stasera dal premier. Secondo quest’ultimo, a Israele sarebbe lasciata ampia libertà di azione per attaccare in Libano nel caso in cui dal Paese dei cedri si manifesti una minaccia immediata. Tra questi sarebbero inclusi lancio di missili e ordigni dal confine verso lo Stato ebraico. In caso di «minaccia non immediata», invece, Israele dovrebbe prima rivolgersi a un «comitato di monitoraggio» composto da Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna. Poi dovrebbe chiedere a Beirut, o a un’altra forza internazionale, di intervenire al loro posto. Se la minaccia non verrà eliminata, Israele potrà intervenire in prima persona. Solo dopo la firma sull’accordo bilaterale, Washington e Parigi ufficializzeranno la tregua con Hezbollah.

Le voci contrarie

Non poche – e non poco influenti – porzioni del popolo israeliano remano contro il cessate il fuoco. Primi tra tutti i politici di ultra-destra: lo smacco morale di “cedere” di fronte a Hezbollah non è sopportabile. Ma rispetto a qualche giorno fa i toni sono di sicuro più smorzate. Ben Gvir non minaccia più di far cadere il governo togliendo l’appoggio alla coalizione di Netanyahu. Ora si limita a dirsi «fortemente contrario». Ma sono le stesse amministrazioni cittadine del nord di Israele a chiedere a Tel Aviv di non interrompere i combattimenti. La zona di confine, sostengono, non è ancora stata messa in sicurezza dalle potenziali infrastrutture terroristiche della milizia sciita. E questo rende poco sicuro il ritorno a casa degli oltre 60mila sfollati che hanno dovuto lasciare la loro casa in quella regione. Le scuole rimarranno ancora chiuse, per timore di intensi attacchi da parte di Hezbollah prima che scatti il silenzio.

Dal G7 di Fiuggi: «Bene cessate il fuoco, stop a escalation»

Anche il G7 Esteri di Fiuggi, in Italia, si è ovviamente soffermato sulla questione. Oltre a ricordare la necessità che Tel Aviv rispetti il diritto internazionale e l’impossibilità di paragonare Tel Aviv ad Hamas, in riferimento ai mandati d’arresto emessi dalla Cpi, ha trovato spazio anche l’imminente tregua. «Sosteniamo i negoziati in corso per un cessate il fuoco immediato tra Israele e Hezbollah e la piena attuazione della risoluzione 1701 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. È il momento di concludere una soluzione diplomatica e accogliamo con favore gli sforzi compiuti in tal senso». Nell’ambito libanese è rinnovata la richiesta di rafforzare «il ruolo svolto dalle Forze armate libanesi e dall’Unifil. E riguardo ultimi attacchi israeliani, i ministri del G7 Esteri ha espresso «profonda preoccupazione per l’escalation di violenza in tutto il Medio Oriente che minaccia la stabilità regionale e distrugge la vita dei civili: un arresto immediato di questo ciclo distruttivo è imperativo, poiché nessun paese ha da guadagnare da un’ulteriore escalation nella Regione».

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