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M5s, dove vuole arrivare il Beppe Grillo vietcong nella guerra con Giuseppe Conte: «Ripetizioni di voto, battaglia sul simbolo e scissione»

beppe grillo giuseppe conte m5s assemblea costituente
beppe grillo giuseppe conte m5s assemblea costituente
La strategia legale pensata con un avvocato vicino a Raggi. Il video in preparazione con l'invito all'astensione. Il logo grillino pomo della discordia. E il nuovo partito di Conte lontano e difficile da attuare

Beppe Grillo «rinnega la storia del Movimento 5 Stelle attaccandosi ai cavilli». La furia di Giuseppe Conte sul «tentativo estremo di sabotaggio» dell’Assemblea Costituente da parte del fondatore e garante, che ha chiesto la ripetizione del voto, è palpabile. Ma l’ex Avvocato del Popolo che ha scoperto improvvisamente di essere allergico ai garbugli deve stare attento. Perché l’ex comico «è entrato nella fase Vietcong». E potrebbe continuare a chiedere ripetizioni di voto a… ripetizione. In particolare potrebbe far ripetere la consultazione finale sul nuovo Statuto. E invitare chi ha votato ad astenersi. Sulla base di un ragionamento semplice: «Se quel 29,1% che ha votato per non cancellare il garante non si presenta la seconda volta, il quorum non si raggiunge ed è tutto annullato».

Il voto bis e il simbolo del M5s

Grillo per ora non parla. Anche se secondo i retroscena dei giornali sarebbe in preparazione un video per spiegare le sue mosse e proprio per invitare all’astensione nella ripetizione del voto. «È mal consigliato e da quando non ha più interlocutori che ritiene alla sua altezza si è chiuso nel fortino. Poi la storia degli figlio accusato di stupro gli ha fatto perdere la testa», è l’analisi anonima riportata oggi dal Fatto Quotidiano. La sua creative director oggi è la cantautrice Nina Monti, che nei giorni scorsi su Instagram ha pubblicato le parole guerriere di Beppe prima delle elezioni del 2013, che portarono al boom da 25% del M5s. C’è anche un altro nodo sul tavolo: quello del simbolo. Tramite il commercialista Enrico Maria Nadasi Beppe ha fatto sapere che vuole riprenderselo «per estinguerlo e metterlo in un museo». E naturalmente toglierlo così a Conte.

Una norma feudale

Il quale non ci sta a mollare senza combattere. E in un colloquio con Luca De Carolis spiega che il Garante usa una «norma feudale» per un «estremo tentativo di sabotaggio». Oltre a sostenere che Beppe non avrebbe alcun titolo per contestare attraverso vie legali l’uso del simbolo. «Così lui rinnega la sua stessa storia e quella del Movimento, che ha fatto della partecipazione democratica un suo valore fondante», aggiunge l’ex premier. «È opportuno che Conte adesso si faccia il suo simbolo, “Oz con i 22 mandati”, e lasci perdere quel simbolo lì. Il Movimento che abbiamo fondato non può essere stravolto. Se continua col simbolodel Movimento, si valuterà il da farsi», gli risponde idealmente Nadasi. La maggior parte dei dirigenti grillini, sostiene il Fatto, vorrebbe mantenere il simbolo, almeno nel breve termine. Ma c’è chi invoca la modifica per caratterizzare la nuova fase e chiudere con il passato.

Vietcong

Intanto l’avvocato Lorenzo Borré, che ha patrocinato molte cause sullo statuto grillino all’epoca di Grillo e Casaleggio, dice al Foglio che Beppe potrebbe non fermarsi qui. Anche perché ormai è entrato in modalità Vietcong, spiega il legale. E, aggiunge il quotidiano, ha deciso la mossa di chiedere la ripetizione del voto dopo un blitz a Roma per incontrare un avvocato vicino a Virginia Raggi. «Quello di domenica rappresenta l’esito di una consultazione, ma non modifica direttamente lo statuto che altrimenti rimarrebbe in alcune parti monco. Per modificarlo, recependo il voto sui singoli quesiti, sarà necessario approvare un nuovo statuto, con un nuovo voto. Poi, anche su quello, Grillo potrà chiedere una nuova votazione», dice Borré.

Altri tre voti

Alla fine quindi ci potrebbero essere ancora altri tre voti: quello chiesto ieri da Grillo ieri, quello sul nuovo statuto e la ripetizione di quest’ultimo: «E la cosa divertente è che già dalla prossima volta Grillo –mandando indubbiamente a quel paese tutti le vecchie battaglie sui referendum senza quorum e la democrazia partecipata –potrebbe invitare quel 29,1 per cento che ha votato per non cancellare il garante dallo statuto, a evitare di farlo questa volta. Se i numeri rimanessero gli stessi in questo modo sarebbe certo di invalidare il voto».

Il partito di Conte

L’ipotesi che invece sia Conte a mollare baracca e burattini per farsi il suo partito personale è di difficile praticabilità: «La vedo molto complicata», sostiene Borrè. «Chi dice ‘vedrete che Conte alla fine si farà il partito suo’, non guarda con sufficiente attenzione alle questioni sostanziali: tenere l’attuale associazione consente all’ex premier di ricevere i finanziamenti pubblici, con un nuovo partito non gli rimarrebbe nessuna cassaforte con la quale fare attività politica. Piuttosto sarà costretto anche lui a continuare questa guerra di logoramento con Grillo che per lui, che poi deve raccogliere i voti della gente, è decisamente più scomoda».

Cui prodest

L’avvocato spiega anche che «il fatto che il Movimento conservi nome e simbolo è per Grillo una garanzia personale. Se ci fidiamo di quanto raccontato dal parlamentare del M5s e notaio Alfonso Colucci, Grillo ha rinunciato ai diritti su entrambi che avrebbe in forza di una sentenza della Corte d’Appello di Genova in cambio di una manleva sulle sue spese legali. Dal punto di vista patrimoniale personale insomma non gli converrebbe affatto un cambio di nome e simbolo, ma forse, anche perché le carte di questo accordo non le conosce nessuno, il fondatore ha un interesse politico diverso che può spingerlo anche alla rinuncia a quella manleva. Di una cosa sono certo: ne vedremo delle belle».

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