Canone Rai, tra Forza Italia e Lega è guerra aperta: gli azzurri votano contro il taglio. Le opposizioni: «Non c’è più la maggioranza»
La maggioranza di governo si è spaccata sul canone Rai. In commissione Bilancio al Senato Forza Italia ha bocciato il taglio del canone da 90 a 70 euro, un emendamento infilato dalla Lega al decreto legge Fisco. Gli azzurri hanno votato contro insieme alle opposizioni e così sono venuti meno i voti utili a far passare il provvedimento già introdotto nella Legge di Bilancio dell’anno scorso. A favore del taglio, oltre al Carroccio, si è espressa anche Fratelli d’Italia. Il bilancio finale è di 12 voti contro 10. Palazzo Chigi prova a minimizzare parlando di «inciampo», ma lancia anche un allarme dicendo che «non giova a nessuno». Le opposizioni hanno subito colto l’occasione per attaccare la coalizione di governo: «Sono andati sotto. È ufficiale: in commissione bilancio la maggioranza non c’è più», ha scritto la senatrice di Italia Viva Raffaella Paita su X.
L’appello caduto nel vuoto di Salvini
Che i nervi fossero tesi era chiaro da giorni. E la posizione del partito guidato da Antonio Tajani era chiara: nessun taglio al canone per poi sostenere la Rai con un finanziamento di più di 400 milioni di euro. Per questo il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini già in mattinata aveva tuonato: «Stiamo lavorando per abbassare le tasse, il canone Rai è una di queste, ma non è la nostra attività centrale. Abbassare il costo del canone è da sempre un obiettivo non della Lega ma del centrodestra. Forza Italia non lo vuole? Mi dispiace per gli italiani. Ma se sarà così, lavoreremo su altri fronti», aveva detto a Rtl 102.5. Un’anticipazione di cosa sarebbe successo di lì a poco.
Le reazioni delle opposizioni
November 27, 2024
«Quando le opposizioni si uniscono, senza veti, non solo vincono le elezioni ma ottengono risultati anche in Parlamento», ha scritto con tono trionfante la senatrice Paita su X. A fila sono seguiti altri esponenti dell’opposizione. «Dopo settimane di guerra intestina tra pezzi della maggioranza che hanno tenuto in ostaggio il Paese e il Parlamento, la destra si spiaggia sul decreto fiscale», sostiene il segretario di +Europa Riccardo Magi, che aggiunge «A questo punto Meloni ha il dovere di venire immediatamente alle Camere per chiarire se una maggioranza c’è ancora». Parole cariche di soddisfazione anche quelle della deputata di Italia Viva Maria Elena Boschi, vice-presidente in Commissione di Vigilanza Rai: «La crepa non è banale: il governo aveva dato parere positivo all’emendamento dei leghisti. Il Governo passa più tempo a litigare che ad occuparsi dei problemi reali dei cittadini». «Il governo è andato in minoranza su una questione di grande rilievo politico e di evidente impatto popolare. E Meloni ha preferito Salvini a Tajani (e ad Arcore). Una vicenda che non può non avere ripercussioni», il senatore Enrico Borghi, capogruppo al Senato di Italia Viva, prova a trarre un’analisi del voto.
Borghi (Lega): «Continueremo a sostenere taglio delle tasse»
«Il governo aveva dato l’ok per il taglio del canone Rai. Uno sconto di 20 euro per 20 milioni di abbonati fra cui milioni di famiglie povere. Purtroppo per PD, M5S Italia Viva e sinistra evidentemente uno sgravio per le famiglie non era utile e in commissione hanno votato contro», spiega il senatore della Lega Claudio Borghi. Che rimarca anche la posizione degli azzurri: «Spiace notare che al loro voto si è aggiunto il voto di Forza Italia e l’emendamento è stato respinto per due voti». Ma sottolinea che il Carroccio andrà avanti: «La Lega continuerà a sostenere ogni iniziativa per ridurre le tasse per famiglie e imprese, chi, come la sinistra, a parole dice di voler aiutare i poveri ma al voto la pensa diversamente sia almeno sincero nei confronti dei cittadini».
Lupi: «Voto non cambia nulla»
«Le opposizioni si tranquillizzino: il voto sul canone Rai in commissione Bilancio del Senato, come è già accaduto per il terzo mandato, non cambia nulla nei rapporti in maggioranza, che è solida come il governo», ha dichiarato il presidente di Noi Moderati Maurizio Lupi. Che quindi spiega: «C’era una diversità di vedute che, com’è fisiologico in una democrazia parlamentare, è stata risolta con un voto, niente di drammatico, ma normale dialettica. Anche perché si trattava di decidere solo la modalità con cui finanziare parte delle risorse per la Rai, se con il canone o con un fondo»