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Auto, Green Deal, immigrazione: chi gestirà i dossier Ue più controversi insieme alla «regina» von der Leyen

27 Novembre 2024 - 17:56 Gianluca Brambilla
ursula von der leyen bis commissione
ursula von der leyen bis commissione
La nuova Commissione europea, più a destra della precedente, accentra il potere nelle mani della leader tedesca. Ecco chi la affiancherà sulle sfide più delicate

Passato (per un soffio) l’esame del voto in aula, la nuova Commissione europea di Ursula von der Leyen può finalmente entrare in carica. La 66enne tedesca rimarrà alla guida dell’esecutivo comunitario per altri cinque anni, un inedito nella politica europea. Una delle principali novità della nuova squadra di governo è senz’altro l’asse politico, molto più sbilanciato a destra rispetto alla scorsa legislatura. Lo conferma la vicepresidenza esecutiva assegnata all’italiano Raffaele Fitto, che è espressione dei Conservatori e Riformisti, un gruppo di destra che non fa parte della maggioranza europea. Ma la differenza più sostanziale rispetto al primo mandato riguarda forse la composizione stessa del collegio dei commissari e le deleghe assegnate a ognuno di loro.

Niente più nomi grossi a Bruxelles

Nei primi cinque anni sotto la guida di von der Leyen, ad affollare i corridoi di Palazzo Berlaymont c’erano alcuni pezzi da novanta della politica europea. È il caso dell’olandese Frans Timmermans, padre spirituale del Green Deal, l’ambizioso pacchetto di leggi per l’ambiente e per il clima diventato principale terreno di scontro fra i diversi gruppi politici. Nel 2023, Timmermans ha abbandonato Bruxelles per candidarsi alle elezioni nei Paesi Bassi, dove si è ritrovato a fare il capo dell’opposizione. Non c’è più nemmeno Margrethe Vestager, alla giuda dell’Antitrust europeo dal 2014 e vera promotrice delle leggi per limitare lo strapotere delle Big Tech. Se ne è andato persino Thierry Breton, commissario europeo per il Mercato interno e fedelissimo di Emmanuel Macron. A dirla tutta, il politico francese avrebbe voluto continuare a far parte della Commissione europea, ma i rapporti con von der Leyen si sono fatti via via più tesi. A settembre, prima ancora che il governo francese ufficializzasse il suo candidato per il nuovo esecutivo Ue, Breton si è dimesso dal ruolo di commissario accusando la 66enne tedesca di aver adottato una «governance discutibile».

«Queen Ursula»

Alla nuova squadra di Ursula von der Leyen mancano nomi di spessore come quelli appena citati. E forse, suggerisce Politico, non è un caso. Nel suo primo mandato alla guida della Commissione europea, si è discusso a più riprese dello stile poco collaborativo della politica tedesca, che non ha mancato di prendere decisioni politiche importanti in modo unilaterale e senza consultare i propri collaboratori. Questo comportamento, ricostruisce sempre Politico, è valso a von der Leyen il soprannome di «Queen Ursula», regina Ursula, per i corridoi di Bruxelles. Questa reputazione accompagnerà la presidente della Commissione europea anche nel nuovo mandato, dove questa volta non ci saranno personalità del calibro di Timmermans, Vestager o Breton a tenerle testa o farle concorrenza.

La spada di Damocle su Teresa Ribera

C’è solo una “vip” della politica europea che nei prossimi giorni si insedierà a Palazzo Berlaymont, sede della Commissione europea a Bruxelles. Si tratta della spagnola Teresa Ribera, a cui von der Leyen ha affidato un super-portafoglio: non solo la supervisione del Green Deal, ma anche il rilancio della competitività europea e le deleghe dell’Antitrust di Vestager. La vice di Pedro Sánchez si è fatta conoscere in questi anni per il suo protagonismo sul fronte delle politiche climatiche. Un ruolo che le ha permesso di conquistare la stima e la fiducia dei Verdi e dei gruppi più a sinistra del Parlamento europeo. Eppure, la nomina di Ribera non è andata liscia come ci si sarebbe potuto aspettare.

Dopo il veto dei Socialisti a Fitto (che si occuperà di Coesione e Riforme), i Popolari hanno minacciato di ostacolare la nomina della spagnola alla Commissione europea, mettendo a rischio l’intero processo di conferma dell’esecutivo comunitario. Alla fine, l’intesa è stata raggiunta, ma Ribera camminerà per i corridoi di Bruxelles con una spada di Damocle sulla testa. Nella lettera che accompagna la sua nomina a commissaria europea, i Popolari le hanno chiesto un chiaro e irrevocabile impegno a dimettersi qualora venisse ritenuta in qualche modo responsabile delle terribili alluvioni che hanno colpito Valencia a inizio novembre. Le probabilità che Ribera sia costretta a dare le dimissioni sono piuttosto basse. Ma tanto basta per metterle i bastoni tra le ruote e assicurarsi che non si monti troppo la testa.

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Teresa Ribera, futura commissaria al Green Deal e alla Competitività (EPA/Ronald Wittek)

Gli altri portafogli di peso

Nella nuova Commissione europea ci sono poi tre fedelissimi di von der Leyen. Si tratta dell’olandese Wopke Hoekstra, commissario al Clima in quota Popolari, e degli “eterni commissari” Maroš Šefčovič (slovacco) e Valdis Dombrovskis (lettone), entrambi a Bruxelles ininterrottamente dal 2009 ad oggi. Il primo avrà le deleghe al Commercio e alla Sicurezza economica, il secondo si occuperà ancora una volta di Economia. Per quanto riguarda gli altri portafogli di peso, una delle deleghe più pesanti è senz’altro quella del francese Stéphane Séjourné, vicepresidente esecutivo per la Prosperità e la Strategia industriale. Sarà lui, insieme alla stessa von der Leyen, a dover trovare una soluzione alla crisi che attanaglia l’automotive europeo.

Kaja Kallas, ex premier estone, è stata scelta come nuova Alta rappresentante per la Politica estera dell’Unione europea. Un nome sicuramente più in linea con i Popolari rispetto all’uscente Josep Borrell, che non ha mancato di criticare von der Leyen per alcune sue dichiarazioni sull’operazione militare israeliana a Gaza. Nata nell’ex Unione Sovietica, Kallas sente vicinissimo il pericolo dell’espansionismo russo ed è da sempre tra i più feroci critici di Vladimir Putin. Un’altra vicepresidenza esecutiva è andata a Henna Virkunnen, finlandese del Ppe. Sarà lei a occuparsi di Sovranità tecnologica. In altre parole: a incentivare gli investimenti per l’innovazione e gestire il delicato dossier relativo all’intelligenza artificiale. Magnus Brunner, il candidato proposto dal governo austriaco, si ritroverà a gestire la spinosa questione dell’immigrazione. Tra le novità più inaspettate, infine, c’è l’incarico affidato a Dan Jørgensen. Il commissario danese si occuperà infatti non solo di Energia – una delega senz’altro di peso – ma anche di Alloggi, un tema fondamentale per i cittadini europei ma su cui Bruxelles non ha alcuna competenza diretta.

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La nuova Commissione europea guidata da Ursula von der Leyen

In copertina: Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea (EPA/Ronald Wittek)

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