«Così il vostro bravo ragazzo mi ha stuprata a 12 anni tra le mura di casa mia»
Violentata «fisicamente e psicologicamente». Tra le mura di casa sua. La consigliera comunale genovese Francesca Ghio dettaglia oggi in uno scritto su La Stampa quello che ha raccontato durante il consiglio di ieri. «Avevo appena iniziato la seconda media», ricorda. E ancora: «Per mesi e mesi, da un uomo di cui mi fidavo, da un uomo che nessuno avrebbe pensato potesse essere un mostro. Un dirigente genovese, il vostro bravo ragazzo. Lui mi diceva di stare zitta e che doveva essere il nostro segreto, dovevo giurargli di non raccontare niente a nessuno mentre sottostavo alle sue torture».
Introversa all’improvviso
Ghio racconta che nessuno le ha mai chiesto come mai fosse diventata introversa all’improvviso. «Per un pezzo di vita mi sono rassegnata fino a credere che me lo ero meritata. Sono arrivata a colpevolizzarmi al punto di ferirmi fisicamente. Mi sono coperta le cicatrici sulle braccia per anni, nessuno mi ha mai chiesto perché tenessi sempre felpe e maniche lunghe. Ma il dolore era l’unica emozione che mi faceva provare ancora qualcosa», ricorda. Non ha mai denunciato perché «nel mondo degli adulti non c’era un singolo volto in cui poter trovare rifugio e protezione». Mentre quando cominciava a raccontarlo «mi sono sentita giudicata, iniziavo il discorso e notavo disgusto». E a distanza di decenni nulla è cambiato.
Non staremo più zitte
«Gli uomini continuano a violentare nel silenzio complice di una società che non dà gli strumenti, che non vuole fermarsi a capire, che ritiene più facile e dignitoso nascondere il problema piuttosto che ammettere che questo cortocircuito è responsabilità», dice Ghio. Che oggi si sente «vittima due volte: dello stupratore e della società che guarda dall’altra parte. L’unica differenza? Non staremo più zitte».