Giorgia Meloni «inca**ata nera» sul canone Rai: «Io mi faccio il mazzo e c’è chi non sa spingere un pulsante»
Incazzata nera. Giorgia Meloni viene descritta così dal suo entourage dopo la lite sul canone Rai e sul decreto fiscale tra Forza Italia e Lega. Incazzata ma non rassegnata, anzi. Perché «la storia insegna che chi divide paga pegno. Se l’obiettivo è ridimensionarmi temo che a perdere consenso sarete voi», è il senso del monito indirizzato ad Antonio Tajani e Matteo Salvini. Stavolta però nel mirino c’è soprattutto il leader azzurro. Perché la premier non si nasconde che dietro il no di Fi al taglio della tassa per la tv pubblica c’è un interesse di Mediaset. Ovvero quello che viale Mazzini non chieda in cambio di alzare i tetti della pubblicità. Entrando in concorrenza con il Biscione. Ma dalle parti di Tajani c’è chi invita a guardare il dito e non la luna.
Il dito e la luna
Il ministro degli Esteri fa notare che ormai il suo è il secondo partito della coalizione di centrodestra. Nonostante Salvini gli abbia ricordato che il Carroccio ha ancora 94 parlamentari e Fi soltanto 64. Per questo vuole un «riconoscimento politico». E non intende sopportare l’attivismo dell’alleato. Né lo sbilanciamento del governo sui desideri della Lega, che Meloni pone in essere per non scoprirsi a destra. Dall’altra parte della barricata però si ribatte colpo su colpo. Perché, è il ragionamento opposto e speculare, «spesso Giorgia ha fatto da sponda ad Antonio e loro si smarcano tutti i giorni. Come sullo ius scholae». Meloni invece si sfoga con i collaboratori: «Io lavoro come una matta e poi…», riporta La Stampa. Tutti i quotidiani riportano poi il retroscena dell’incontro all’hotel Cavalieri Waldorf Astoria tra Meloni e Tajani.
«Ti avevo chiesto di abbassare i toni…»
Un incontro teso. «Ti avevo chiesto di abbassare i toni. Te lo avevo chiesto perché ho già il Quirinale che ci frena su tutto, che crea problemi su ogni emendamento che presentiamo in Parlamento. Ti avevo detto: non è il momento. E tu hai comunque votato contro il governo», è l’accusa della premier. Tajani replica che se avesse dato l’ok al taglio del canone avrebbe perso la faccia con i suoi. Mentre Meloni gli ha risposto sul “peso” di Fi in maggioranza: «Quando FdI era il partito più piccolo della coalizione nessuno badava alla nostra crescita. Passavamo dal 3 al 5%, poi all’8%, ma ero sempre la “piccola fiammiferaia”. Quando chiedevo agli alleati, mi rispondevano: conta solo il peso dei gruppi parlamentari». La premier ce l’ha anche con la sottosegretaria Lucia Albano, che ha dato parere favorevole del governo all’emendamento leghista.
Un mazzo così
«Io mi faccio un mazzo così e c’è chi non sa spingere un pulsante?», è la frase attribuita a Meloni dal Corriere della Sera. Sul tavolo c’è anche la sostituzione di Raffaele Fitto agli Affari Regionali. Sulla quale Tajani è convinto che Palazzo Chigi abbia in animo di spendere il nome di Elisabetta Belloni. Dall’altra parte della barricata i meloniani agitano lo spettro di una discesa in campo di Pier Silvio Berlusconi. «Se deciderà di guidare Forza Italia la schiererà a sinistra», è il ragionamento. A cui ha risposto lo stesso Tajani: «Io ho 71 anni e non prendo ordini da nessuno». Nemmeno dalla famiglia di Silvio Berlusconi. La presidente del Consiglio continua a pensare che dietro le manovre sulla Rai ci siano Marina e Pier Silvio. E che «Tajani deve mostrarsi autonomo».
Salvini e Berlusconi
Le sfuriate di Giorgia in ogni caso centrano il bersaglio. In serata Salvini assicura che «non è successo nulla, non c’è nessun problema in maggioranza». E che davanti a sé il governo ha «altri tre anni produttivi». Ma non rinuncia a pungere Tajani, con cui ammette di non avere comunicazioni quotidiane come con Meloni: «Anche l’amico Berlusconi lui riteneva che il canone Rai fosse una tassa, una gabella su cui riflettere e da limare». Mentre «la cosa curiosa è che oggi si è votato lo stesso testo votato anno scorso. Se andava bene l’anno scorso perché ora no?». La replica arriva direttamente da Tajani: Berlusconi aveva pregato Salvini di non insistere sul tema durante un incontro tra i due, era presente anche Gianni Letta.