Sputi, schiaffi, spintoni e yogurt in testa, la dura vita del capotreno di Trenitalia: «I problemi più grandi da extracomunitari e monopattini»
Accoltellati, nasi e denti rotti, schiaffi. E poi ancora fratture del polso, sputi, insulti. È il trattamento che devono subire i capotreno. A raccontarli oggi al Corriere della Sera è un dipendente di Trenitalia di 37 anni. «Io lavoro sui regionali. Ho subito due aggressioni: una poche settimane fa e un’altra nel 2021. In quella recente ho rimediato fratture a due dita, l’altra volta mi aggredirono a pugni in tre, parai un paio di colpi ma qualcuno lo presi. E finii in ospedale…», dice l’uomo, che vuole rimanere anonimo, a Giusi Fasano. Lui è figlio d’arte: «Mia madre faceva quello che adesso equivale al secondo del capotreno sull’Intercity, mio nonno era capotreno pure lui e anche suo padre lavorava sui treni: faceva il frenatore».
Un problema sociale
«Guardi, io credo che sul treno viaggi lo specchio della società che si trova fuori dal treno. Io carico medici, imprenditori, barboni, drogati… La soluzione al problema è da cercare fuori e in alto. È un problema sociale, non di treno. Ovviamente molto dipende dal tipo di passeggeri che la linea serve», dice. E aggiunge: «Un capotreno che fa il suo lavoro e vede nella carrozza certe situazioni le “battezza”, come diciamo noi. Per capirci: un gruppo di ragazzetti nordafricani fra i 16 e i 25 anni che fa casino lo battezzi. Poi magari non succede nulla ma certe situazioni di povertà e di emarginazione sociali le vedi subito ed è chiaro che chiedere un titolo di viaggio, lì, può voler dire aprire un conflitto. Questo vale anche per bande di ragazzini italiani alterati ma io — che sono il contrario del razzismo e delle idee rigide di certa destra — mentirei se negassi che il problema è più presente con alcuni gruppi di persone come gli extracomunitari».
Sputi, schiaffi, spintoni e barattoli di yogurt
«Le dico solo che ho un collega che fra sputi, schiaffi, spintoni e barattolo di yogurt lanciato in testa è stato aggredito quattro volte quest’anno. Un altro amico capotreno un paio d’anni fa si prese un pugno in faccia. Ho parlato l’altra sera con quel ragazzo a cui hanno rotto il polso… Fra noi, alla fine, ci sentiamo, ci scambiamo informazioni via chat su quel che accade, sui rischi, sulle situazioni da tenere d’occhio», prosegue il 37enne.
Che gli altri passeggeri intervengano, specifica, «succede, ma raramente. Una volta un signore diede un ceffone a un ragazzo che aveva spintonato una signora per sedersi per primo: in quel caso succede che devo lavorare per evitare la rissa fra loro». Dopo la prima aggressione riprendere servizio è stata dura: «Più che paura provo qualcosa che non so definire esattamente: fra lo scoramento e la triste consapevolezza che il mondo va così, al di là e al di fuori del treno. E comunque gli episodi che accadono o che vedi accadere poi te li porti appresso a lungo…».
Mille euro di risarcimento
È anche finito in tribunale: «Il mio primo episodio l’ho chiuso un anno fa, con un risarcimento di meno di mille euro, tra l’altro. Pochi giorni fa sono stato a deporre in tribunale per un fatto avvenuto nel 2021, a marzo ci tornerò sempre come testimone. E al momento sto facendo la fisioterapia per le due dita fratturate a ottobre…». E a volte lascia correre per non rischiare: «Io parlo per me: verifico i titoli di viaggio delle persone, sempre. Ma se devo fare controlli su biciclette e monopattini evito: sono convinto che ne troverei non in regola i tre quarti. Lo ritengo un problema marginale, nelle condizioni in cui lavoriamo. Ho preso anche dei richiami verbali da un mio istruttore per questo».