L’allenatore di Matilde Lorenzi: «Dopo la botta non ha urlato. Le reti di protezione? Non c’erano»
Angelo Weiss, allenatore di Matilde Lorenzi, dice che la morte della promessa dello sci italiano «è una cicatrice che mi porterò dietro tutta la vita». Matilde è morta sulla pista Grawand G1 in Val Senales in Alto Adige. E lui era lì con lei. E oggi in un’intervista a La Stampa prova a ricostruire le fasi della discesa dell’atleta lo scorso 28 ottobre. «Un qualcosa di inimmaginabile. Ed oggi, ad un mese dalla tragedia, è ancora più complesso parlarne. È doloroso. Un dolore gigante. Sa cosa provo? Un dolore al cuore», dice a Irene Famà.
La caduta
Weiss ricorda che Matilde «è caduta e ha sbattuto la faccia sul ghiaccio. Di incidenti e cadute, mi creda, da atleta e da allenatore ne ho viste molte. Mai così». Perché la dinamica è stata diversa: «Quando cadono, di solito le ragazze urlano dal dolore. Magari si sono rotte una gamba o un braccio. Può succedere. Invece Matilde era già incosciente. Non ha urlato. Era lì, ferma». Ma alla domanda su chi sia stato il primo a soccorrerla replica: «Quel dolore così forte voglio tenerlo per me». Oggi in molti chiedono la riapertura delle indagini. Sostenendo che la pista non fosse in sicurezza. «Tutto quello che so, l’ho raccontato ai carabinieri. E ho parlato anche con i genitori di Matilde», dice Weiss. Che poi conferma che le reti di protezione in quel punto non c’erano: «Quella non è una zona pericolosa. Non ci sono rocce o alberi. Nulla. Matilde è scesa e ha battuto la testa».
«Ha battuto la testa»
Se la procura di Trento decidesse di riaprire il caso Weiss vorrebbe vedere i nuovi accertamenti: «Per ora provo solo dolore», ripete. Ma continuerà ad allenare: «In qualche modo bisogna provare ad andare avanti. Certo, non è facile. Anzi, è davvero duro. Ma ci sono altre ragazze da seguire. E non è semplice nemmeno per loro. La morte di Matilde ha sconvolto un po’ tutti, non solo il mondo dello sci».