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Cosa si sono detti Giorgia Meloni e Mattarella al Colle: «Se Matteo e Antonio continuano torniamo al voto»

giorgia meloni sergio mattarella governo voto
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La premier nervosa prima della salita al Quirinale. Poi ridimensiona tutto. La successione di Fitto e i giudici della Consulta. E la diffidenza storica tra Forza Italia e Lega

«Se Matteo e Antonio continuano faccio saltare il governo e porto tutti al voto». Che Giorgia Meloni fosse incazzata nera dopo la lite tra Lega e Forza Italia sul canone Rai non è un segreto. Ma che prima di salire al Colle fosse addirittura pronta a minacciare le elezioni anticipate è un qualcosa in più. La premier avverte che la situazione è esplosiva ma nell’incontro con Sergio Mattarella questo elemento non è emerso. Anzi. Dopo il pranzo al Quirinale ha cambiato registro: «Siamo il governo più solido d’Europa». Mentre sotto la lente c’è la successione di Raffaele Fitto. Il nome sul tavolo è quello di Elisabetta Belloni. Che però non piace a Forza Italia. La carta di riserva è Giulio Terzi di Sant’Agata, già ministro degli Esteri di Mario Monti. Mentre sul Pnrr ci sono i nomi di Alfredo Mantovano ed Ermenegildo Siniscalchi.

«Faccio saltare il governo»

A raccontare delle intenzioni bellicose di Meloni nei confronti degli alleati Salvini e Tajani è oggi il Corriere della Sera. Mentre a Palazzo Chigi si interrogano su chi abbia fatto uscire la notizia dell’incontro con Mattarella. Meloni va al Quirinale regolarmente, eppure la storia del vertice «è uscita solo questa volta». Perché associata alla crisi interna alla maggioranza. La fondatrice di Fratelli d’Italia accarezza l’idea delle urne perché si sente forte, fortissima. E pensa che da un voto uscirebbe fortificata mentre gli alleati sarebbero ridotti ai minimi termini proprio a causa della litigiosità. Perché «la storia insegna che chi divide paga pegno. Se l’obiettivo è ridimensionarmi temo che a perdere consenso sarete voi», come ha già detto ieri a entrambi i contendenti. Insieme alle lamentele classiche: «Io lavoro come una matta e c’è chi non sa spingere un bottone».

I giudici della Consulta

Meloni avrebbe anche illustrato a Mattarella lo schema di accordo sui giudici della Corte Costituzionale da eleggere. La formula sarebbe quella dei due giudici alla maggioranza, uno alla minoranza e un tecnico. I nomi sarebbero quello del consigliere giuridico della premier Francesco Saverio Marini e di Pierantonio Zanettin, avvocato e deputato di Forza Italia. Il centrosinistra potrebbe proporre Anna Finocchiaro o il costituzionalista Andrea Pertici. Mentre per il tecnico si fa il nome di Renato Balduzzi, ex ministro della Sanità di Monti come Terzi. Meloni ha intanto sentito ieri sia Salvini che Tajani, per normalizzare e ripartire dopo l’incidente. «Certo, fino al prossimo inciampo…», la convinzione che serpeggiava nei capannelli di deputati e senatori di FdI riuniti a Montecitorio per l’ennesima fumata nera sulla Consulta.

La diffidenza storica

A riprova che tra alleati resta una certa diffidenza. Nel consiglio dei ministri in programma oggi non si farà parola sull’accaduto. E non ci saranno appelli: «Il messaggio è già passato forte e chiaro», è la convinzione. Sulla sostituzione di Fitto invece «il mantra è: lasciare ogni cosa al suo posto. E, se proprio necessario, toccare il meno possibile», ribadiscono fonti vicine alla presidente del Consiglio all’Adnkronos. Perché il superdicastero guidato da Fitto -Affari europei, Sud, Politiche di coesione e Pnrr- «è stato cucito addosso a Raffaele, dunque non avrebbe senso mettere qualcun altro al suo posto», è la convinzione.

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