Siria, i ribelli jihadisti rilanciano la sfida ad Assad: «Siamo entrati ad Aleppo». 240 morti in due giorni – Il video
I ribelli jihadisti sono entrati ad Aleppo. Non succedeva dal 2016 che il gruppo Hayat Tahrir al Sham (HTS) controllasse la capitale del Nord del Paese. Negli ultimi anni la città era rimasta stabilmente sotto il controllo del regime di Bashar Al Assad, che l’aveva riconquistata otto anni fa. Ore prima, i ribelli avevano affermato di aver preso il controllo del centro di ricerca scientifica e miliare del governo, nella periferia della città. L’ingresso ad Aleppo degli jihadisti arriva dopo giorni di riacutizzazione del conflitto nel Paese mediorientale. Nelle ultime 48 ore, negli scontri sono morte 240 persone tra cui 20 civili, secondo quanto riporta l’Osservatorio Nazionale per i Diritti Umani in Siria.
L’ingresso dei ribelli jihadisti ad Aleppo
È da settimane che sono tornati a intensificarsi gli scontri tra i ribelli di Hayat Tahrir al Sham (HTS) e le forze del regime di Assad. I primi sono una costola di Al Qaeda che gode del supporto della Turchia. Hanno guadagnato terreno verso il Nord del Paese e sfondato le difese di Aleppo sfruttando l’esplosione di due autobombe. L’ingresso nella città è partito da due quartieri periferici: Al-Hamdaniya e Nuova Aleppo. L’esercito siriano – appoggiato da Russia e Iran – sta tentando di respingere l’offensiva.
I raid russi sul territorio dei ribelli
Nelle ultime ore sono entrati in azione anche aerei russi e siriani, che hanno effettuato 85 raid sulla regione di Idlib, una provincia strategica al confine della Turchia e ultima roccaforte degli jihadisti nel Nord-Ovest del Paese. Nelle scorse settimane, l’esercito siriano aveva sferrato diversi attacchi nella zona, a cui gli jihadisti hanno risposto avanzando verso Aleppo. I ribelli controllano circa cinquanta città e villaggi in tutta la Siria e si contrappongono al regime di Assad, che nel 2018 mantenne la capitale Damasco grazie al supporto della Russia. Nel frattempo, sono migliaia le persone che fuggono dalla regione di Idlib per allontanarsi dal conflitto armato.