Michela Murgia, le ferite, l’amore. Il rap visto da Nayt: «Gli altri mentono sempre» – L’intervista
Nayt è uno dei più seguiti rapper della scena italiana, uno dei pochi che riescono a coniugare un incredibile successo a un approccio che non è che vada tanto per la maggiore: un atteggiamento privo di quei contenuti street, i classici connotati della scrittura rap di oggi. Lui è più sulla scia dei conscious, dei cosiddetti liricisti, di quei rapper che orbitano al confine con il cantautorato. Il suo nuovo album si intitola Lettera Q, dodici brani in cui William Mezzanotte, così all’anagrafe, trentenne di Isernia, stiracchia la sua intensa poetica e grazie a questa forza letteraria oggettivamente sovraumana compie un percorso alla ricerca di una risoluzione personale molto coinvolgente.
Partiamo dal titolo, Lettera Q, leggo nel comunicato stampa che hai scelto la «Q» per rappresentare la volontà di spezzare un ciclo…
«Perché parlo di cicli, di loop, di abitudini malsane. Io cerco sempre di interrogarmi quando sento che qualcosa diventa metodica e abitudinaria, se dettata da un bisogno che è quello magari di colmare un vuoto. Parlo della possibilità di uscire fuori da questi loop grazie alla cultura, intesa come contatto con gli altri e con se stessi. Credo che la cura di ogni male di questo mondo in realtà non sia nient’altro che l’amor proprio»
Effettivamente è un disco molto intenso ma che, grazie a questo continuo stimolo intellettuale, diventa anche molto utile. Ti lascia qualcosa…
«Nel disco dico che “non sono io l’eroe che ti potrà salvare”. Quello che cerco di fare fondamentalmente è dare degli strumenti per aiutarsi da soli, stimolare comunque un riconoscimento interno, autonomo, e quindi di conseguenza poi la voglia di amarsi, di perdonarsi: tutta una serie di cose che aiutano le persone poi a evolversi, a crescere anche»
Questo è un disco in cui sembra che succeda qualcosa, è così?
«Si apre una porta e si ha la possibilità di uscire dalla stanza, dalle quattro mura, da una prigione. E tutto quello di cui parla il disco in realtà è questo: la realizzazione e la proposta di un tipo di libertà diverso da quello che viene narrato oggi dalla società. Quello che ti dice che se vuoi essere libero devi avere successo, economico, professionale e sociale, perché grazie a quello ti conquisterai il consenso degli altri. E invece io realizzo che secondo me c’è la possibilità di essere liberi semplicemente attuando l’essere presenti con sé stessi. Quindi è un discorso che può valere per qualsiasi classe sociale, economica, in qualsiasi luogo del tempo e dello spazio, semplicemente ritornando a una centratura, che è un lavoro che non è che si fa da un giorno all’altro, Ma la possibilità di essere centrati, presenti, di fare delle scelte consapevoli, esiste – con tutti i limiti che si possono avere».
È molto strano quello che dici perché orbiti in un circuito, quello del rap, che in realtà ci dice tutt’altro. Ci dice che il successo è importante, che l’accumulo dei soldi è importante, come con quante donne belle sei andato a letto…
«Tutti gli altri mentono, ed è palese che mentono, non lo dico io, lo sanno tutti. La gente ha smascherato questa menzogna, è palese: le persone sono insoddisfatte. Anche un bravo artista quando fa un progetto non soddisfa quasi mai le aspettative, perché? Perché le persone vogliono qualcuno che proponga concettualmente qualcosa di nuovo, una soluzione. E non viene mai. Ti raccontano che la felicità è il successo, poi però arriva puntualmente il pezzo X dello stesso artista che ti dice: “ah però nonostante tutto questo successo, non so come si ama, non mi sento amato, non mi riesco a fidare alle persone, mi sento solo”. Cioè è proprio una rottura di palle, non ha un contatto con la realtà, alle persone non interessa. È intrattenente, sicuramente, perché è romantico, come lo sono certe storie da Blockbuster, però è una commedia, proprio nel senso più superfluo del termine. Per questo sono interessato ad andare in un’altra direzione»
In Non è fortuna dici: «Mi piace il rap in ogni sua forma, vorrei che il pubblico fosse più conscio». Davvero questo trend del rapper duro e puro sta finendo?
«Un’evoluzione sulla percezione ovviamente c’è, c’è sempre stata e continuerà ad esserci. Poi io non penso neanche che il rap duro e puro debba cessare di esistere. In realtà penso che tutto quello che esiste, ha ragione di esistere. Non faccio un passo indietro dal giudicarlo, al massimo però posso semplicemente parlarne dentro di me».
Secondo te c’è una crisi di valori nel rap di oggi? Non è un po’ uno spreco che parli di robe così banali?
«Lo spreco c’è nella società in generale, nella cultura dominante, non solo nel rap. C’è in tv, c’è delle volte a scuola, c’è proprio nella società, nella cultura del lavoro, nei bar, nel calcio. Però io poi vedo più i movimenti che vanno verso una direzione di rottura… Gli artisti, soprattutto quelli nuovi, vanno verso nuove direzioni. L’omologazione c’è – c’è sempre, in qualsiasi ambito – però ci sono anche dei movimenti perché tutto questo appiattimento poi crea dei geyser. Alla fine qualcuno di interessante esce sempre fuori»
È un disco in cui ci sono più domande o più risposte?
«Sicuramente sempre più domande, ma perché la vita è fatta più di domande che di risposte. Le domande ti fanno muovere e ti portano a cercare una risposta e mentre tu cerchi una risposta, ne trovi altre, e da quelle verità nascono nuove domande. C’è un movimento sempre più ramificato, sempre più esponenziale, e l’evoluzione si basa su questo: sul fraintendimento, sull’incomprensione, sulla distanza. Quindi secondo me è sempre più interessante rivolgere attenzione alle domande, perché le risposte sono una meta. Quando si arriva alla meta ci si ferma»
C’è un pezzo particolarmente bello nel disco, si intitola Di abbattere le mura (18 donne). Come è nata l’esigenza di fare questo pezzo?
«Il pezzo è per tutti, non è un pezzo solo per le donne. Ci tengo a dirlo perché quando arrivano uomini che mi ringraziano perché si sono emozionati per un pezzo del genere, significa che li ho messi in contatto con qualcosa di prezioso, con il femminile – che è la stessa cosa con cui sono entrato in contatto io scrivendo il pezzo. Secondo me è molto importante parlare di amore in un modo realistico e non edulcorato, romanticizzato, perché quando si va a banalizzare un concetto – tra l’altro enorme come l’amore – si rischia di portare la gente sul piano degli ideali più che sul piano della realtà, e questo è uno spreco»
Nel pezzo rivendichi l’impossibilità di poter capire fino in fondo le donne. In un ambiente in cui tutti non vedono l’ora di raccontare cosa sono, tu dichiari cosa non sei…
«Io non posso, non potrò mai sapere, che cosa significa nascere e crescere donna, e questa distanza in realtà crea un legame fortissimo tra di noi. Ed è proprio questo a definire il nostro legame, perché io tendo sempre verso il mondo delle donne con amore incondizionato fin dalla nascita: nasco da mia madre, che è il mio primo amore, che è il primo amore di tutti noi. E poi quell’amore si declina in molti modi, tutti lontani da me, ma anche per questo più potenti da comunicare»
La grande sfida oggi è accettare il diverso, ti direi che vale per l’amore ma vale anche per tutto il resto della società…
«Certo, infatti su ogni tema è sempre il riconoscimento il problema. Quando si litiga, quando c’è conflitto, è perché non ci si riconosce a vicenda e spesso il problema è che se io non riconosco l’altro in primis non sto riconoscendo me stesso per quello che sono realmente. Quindi sì, c’è bisogno di entrare in contatto, un po’ di più, con se stessi e con gli altri»
Faccio fatica a trovare nel repertorio del rap italiano femminile un pezzo che esalti così tanto le donne e la complessità della loro forza e dell’amore. Perché? Potrebbe dipendere dalla tendenza – spesso indotta dall’industria – di alcune esponenti del rap a scimmiottare quello che fanno gli uomini?
«Viene molto facile a noi uomini giudicare, e dire frasi come: “Com’è possibile che non c’è una donna che si esprime su certi temi in questo modo?”. Eppure ci invito a riflettere su quanti punti di riferimento hanno le donne, da un punto di vista artistico, nella società. Quante ragazze oggi crescono con un punto di riferimento nel rap? Un rap che abbia parlato di cose che possono riprendere, a cui si possano ispirare, da cui possono partire? È anche vero che è uscita una ragazza, che si è messa tanto in gioco dal punto di vista autoriale, come Madame, e su questo tema ci sta provando: sta cercando di essere una portavoce»
Cosa ti piacerebbe che rimanesse di questo lavoro in chi lo ascolta?
«L’onestà. La verità, anche a costo di ferire i sentimenti»
Senti di aver rischiato di ferire i sentimenti di qualcuno?
«Parlo di rischio, certi ragionamenti vengono rifiutati a priori perché significherebbe rimettere in discussione tutto quello su cui si basa il proprio mondo»