Stellantis, si dimette l’amministratore delegato Carlos Tavares. FdI: «Ora Elkann venga in Parlamento»
L’amministratore delegato di Stellantis, Carlos Tavares, si è dimesso. Il manager portoghese ha presentato le dimissioni con effetto immediato e il consiglio di amministrazione – riunitosi oggi, domenica 1 dicembre sotto la presidenza di John Elkann – le ha accettate. Si tratta di un cambio al vertice inatteso a livello di tempistiche – sarebbe dovuto rimanere alla guida del gruppo fino alla fine del contratto (inizio 2026) -, ma già previsto. L’azienda aveva infatti dichiarato a ottobre di aver avviato le procedure per trovare un successore. E il processo per la nomina del nuovo ceo permanente – spiega la stessa azienda -, già in corso, sarà gestito da un comitato speciale del consiglio e si concluderà entro la prima metà del 2025. Nel frattempo verrà istituito un nuovo comitato esecutivo presieduto da Elkann. «Siamo grati a Carlos per il suo impegno costante in questi anni e per il ruolo che ha svolto nella creazione di Stellantis, in aggiunta ai precedenti rilanci di Psa e di Opel, dando avvio al nostro percorso per diventare un leader globale nel settore – afferma Elkann -. Intendo mettermi subito al lavoro con il nostro nuovo Comitato esecutivo ad interim, con il supporto di tutti i nostri colleghi di Stellantis, mentre completiamo il processo di nomina del nuovo ceo. Insieme garantiremo la puntuale attuazione della strategia della società nell’interesse di lungo termine di Stellantis e di tutti i suoi stakeholders», conclude il presidente della holding multinazionale produttrice di autoveicoli.
Chi è Tavares?
Il manager portoghese Carlos Tavares è stato il protagonista della fusione tra Psa e Fca, le nozze dalle quali è nata proprio Stellantis. Deciso nelle scelte e nei confronti di governo e sindacati. «Non sono un mago, sono un essere umano come voi», ha ammesso recentemente, quando già Stellantis aveva reso noto di aver avviato la ricerca del suo possibile successore nel 2026. Una dichiarazione che, dopo l’ultima audizione in Parlamento, seguita da dure polemiche politiche, sembrava ammettere le difficolta di chi si trova a gestire, nell’attuale contesto, un gruppo automobilistico. Con le vendite difficili e la perdita di quote di mercato, la transizione ecologica da gestire, il ricorso alla cig in molti stabilimenti, i confronti complicati con il governo italiano.
Tavares entra nel mondo delle automobili a 23 anni, quando viene assunto in Renault, poi inviato in Nissan dove diventa nel 2009 il responsabile per i mercati del Nord e del Sud America. Nel 2011 assume il ruolo di Chief operating officer di Renault e lavora come braccio destro di Carlos Ghosn, un rapporto che però si incrinerà dopo un’intervista e che lo porterà in Psa (gruppo concorrente). Qui diventa amministratore delegato e presidente del gruppo. Riduce i costi, rilancia le vendite e riporta il gruppo in attivo. Nel 2017 acquista poi Opel dal gruppo americano General Motors. Dopo la fallita fusione tra Fca e Renault, convince le famiglia Agnelli-Elkann e Peugeot dell’opportunità delle nozze tra Psa e Fca. E il matrimonio si celebra nel 2021. Nasce così Stellantis e lui ne diviene ceo.
Le reazioni politiche
Le dimissioni di Tavares hanno (inevitabilmente) “scaldato” il mondo della politica. A partire da Fratelli d’Italia che, tramite il capogruppo alla Camera Tommaso Foti, chiede che «John Elkann si presenti al più presto in Parlamento per riferire sul futuro di Stellantis». «Era ora che Tavares se ne andasse – si legge nella nota del partito di Giorgia Meloni -, ma la transizione al nuovo management richiede responsabilità, tutela dell’occupazione e valorizzazione delle competenze». Dello stesso tono il commento di Carlo Calenda, che «non rimpiangerà» l’ad, definito dal leader di Azione «Il sostenitore della teoria “darwiniana” applicata però solo ai lavoratori. Ora diventa ancora più urgente – continua Calenda – riconvocare Elkann in Parlamento. Domani scriverò a Fontana». Più polemico invece il comunicato dei leghisti che si dicono «curiosi» di sapere quanto prenderà l’ad, ormai ex, come «premio economico dopo la sua disastrosa gestione».