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Il malore, l’aritmia, il potassio. Come sta Edoardo Bove: «Morti improvvise, sportivi a rischio. Difficile il ritorno in campo»

edoardo bove malore improvviso aritmia potassio 1
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Ricoverato in terapia intensiva, l'ipotesi della fibrillazione ventricolare o della tachicardia. Un trauma toracico e una contusione miocradica le altre ipotesi. I controlli spiegheranno la causa

Edoardo Bove è attualmente in sedazione farmacologica. Si trova ricoverato in terapia intensiva all’ospedale di Careggi a Firenze. I primi accertamenti cardiologici e neurologici effettuati dopo il malore durante Fiorentina-Inter «hanno escluso danni acuti a carico del sistema nervoso centrale e del sistema cardio respiratorio», ha fatto sapere il club. Secondo gli esperti Bove in campo ha avuto un arresto cardiaco. «Il giocatore potrebbe avere avuto una delle due aritmie cardiache mortali, o una fibrillazione ventricolare o una tachicardia ventricolare», secondo il professor Simone Vanni. Daniele Andreini, responsabile di Cardiologia Clinica e dello Sport all’ospedale Galeazzi di Milano, dice che se è stato un arresto cardiaco defibrillato «indipendentemente dalla causa, un ritorno alle gare è difficile». Intanto Bove ha passato bene la notte e, secondo quanto filtra, è stato estubato. Il calciatore è sveglio, lucido e risponderebbe alle domande.

Come sta Edoardo Bove

Secondo il bollettino Bove è stabile dal punto di vista emodinamico. I primi accertamenti cardiologici e neurologici hanno escluso danni acuti a carico del sistema nervoso centrale e cardiorespiratorio. Durante il malore in campo il giocatore non è stato rianimato con il defibrillatore. Quando ha ripreso coscienza, secondo i soccorritori, era in stato di agitazione e inquieto. Prima di accasciarsi alla panchina della Fiorentina Bove aveva parlato di un malessere dopo uno scontro con Dumfries. Ma i medici parlano anche di un calo di potassio nel sangue, che porta spasmi e paralisi.

Andreini, primario al Galeazzi, spiega al Corriere della Sera che la causa più verosimile del malore sia l’arresto cardiaco. Spiega che il mancato uso del defibrillatore in campo fa pensare «che si sia trattato di un’aritmia grave ma non di una fibrillazione ventricolare che avrebbe richiesto l’uso immediato dell’apparecchio nel tentativo di ripristinare il battito cardiaco. A Edoardo Bove sembra sia bastato un massaggio cardiaco».

Il potassio, l’aritmia e il defibrillatore

Alla Gazzetta dello Sport Andreini spiega che «al 99% si tratta di un’aritmia del cuore. È stato rianimato, gli è stato fatto il massaggio cardiaco. Non si può escludere che il cuore sia ripartito con il massaggio e che poi sia stato necessario usare il defibrillatore, in ambulanza o in ospedale. Se c’è una causa scatenante sotto, l’aritmia passa ma poi si può ripresentare». Il dottore spiega che l’aritmia non si può diagnosticare prima: «Sono situazioni visibili solo all’elettrocardiogramma che però normalmente, in un atleta professionista, grazie all’idoneità, raramente non vengono diagnosticate. Per gli atleti professionisti le cause più frequenti di morte improvvisa sono o una cardiomiopatia, malattia a predisposizione genetica, oppure un’anomalia congenita delle coronarie. È molto difficile diagnosticarle».

Gli esami e il ritorno in campo

Adesso bisognerà aspettare l’esito degli esami, che sveleranno il problema: «Se una cicatrice al cuore, un accumulo di grasso, una coronaria anomala. Se poi sarà tutto negativo, gli faranno uno studio approfondito dell’attività del cuore. La sola situazione che può provocare un arresto cardiaco senza alcun segno è la cardiopatia aritmogena, che a volte esordisce proprio così, con l’aritmia maligna. È rarissima, ma può capitare». Sul ritorno in campo, spiega il dottore, «è presto per dirlo. Se è stato un arresto cardiaco defibrillato, indipendentemente dalla causa, un ritorno alle gare è difficile. Ma è prematuro parlarne».

Le morti improvvise

Vanni, che è professore di medicina interna e d’urgenza a Firenze e dirige anche la scuola di specializzazione in medicina dello sport dell’ateneo toscano, spiega che «anche un trauma toracico serio può dare una così detta contusione miocardica e innescare aritmie». Ma «una scossa clonica degli arti, cioè involontaria, non vuol dire che si tratti di epilessia», aggiunge. Gli accertamenti neurologici sono stati fatti perché «non tutte le morti improvvise sono di origine cardiaca. Può provocarle anche da una emorragia cerebrale, o da una rottura dell’aorta». E «intervenire velocemente è importantissimo. Ogni minuto che passa, se c’è un arresto cardiaco, la mortalità aumenta del 10 per cento. È fondamentale l’utilizzo tempestivo e corretto del defibrillatore».

Le aritmie e i controlli

Vanni spiega che «La morte improvvisa nell’atleta è più frequente, a parità di età, rispetto al resto della popolazione. Lo sforzo fisico intenso provoca un rilascio di adrenalina che è collegato con l’aumento di probabilità di aritmie». Ma eventi del genere sono prevedibili: «I controlli sono un’arma importante. Dall’82 in Italia sono obbligatori e la mortalità si è molto ridotta». La causa più frequente delle morti improvvise nell’atleta sono «le cardiomiopatie. Quella più diffusa è la ipertrofica, che si vede anche con l’ecografia. Poi ci sono alcune aritmie, come quella che potrebbe riguardare questo caso, non associate ad anomalie anatomiche ma solo a problemi elettrici». Per intercettarle «i test genetici possono rivelarsi decisivi».

Il test d’idoneità

Il professor Enrico Castellacci, ex medico della Nazionale ed esperto di medicina dello sport, dice che i giocatori amatroiali si dovrebbero sottoporre a una visita d’idoneità: «La rete di protezione esiste, ma ci deve essere una sensibilità maggiore da parte di tutti. Anche gli amatoriali si dovrebbero sottoporre a una visita d’idoneità, che io definisco un passaporto per la vita». Secondo Castellacci «il test d’idoneità è l’unica visita che ti permette di fare uno screening iniziale che può salvare tante persone. In Italia siamo molto rigidi. In altri paesi ci sono visite molto più superficiali, in alcuni paesi neanche esiste e si dà solo la responsabilità al calciatore. Sono convinto che si abbia ragione in Italia, anche se salvi una sola persona, è una vita salvata ed è troppo importante».

Poco prima del malore, Bove si era cambiato la maglia, era rimasto a torso nudo, dopo aver preso una botta fra il torace e la milza in seguito ad un scontro con il centrocampista dell’Inter Denzel Dumfries.

L’attività agonistica

E sembra che avesse fatto cenno alla propria panchina di avere qualche capogiro. «Saranno solo gli accertamenti futuri che ci potranno dare un indirizzo sulla salute di Bove e poi sull’eventuale della prosecuzione dell’attività agonistica», spiega Castellacci. Premesso che «senza diagnosi non si può valutare il futuro agonistico di Edoardo», accennando alla vicenda Eriksen, Castellacci ha aggiunto: «Sono felice che da noi ci siano delle procedure così rigide e così marcate, che fanno dell’Italia uno dei paesi all’avanguardia sulla salute dei ragazzi».

Quanto a Bove «non sarei pessimista, aspetterei con serenità gli accertamenti che verranno fatti nel prossimo futuro e poi vedere quali sono le possibilità». In quanto tempo si riuscirà a stabilire la dinamica dei fatti e le eventuali conseguenze? «Le prime 24-48 ore servono a chiarire le ipotesi più recenti. Se ci sono cause pregresse di tipo cardiovascolare e neurologico, ci vorrà qualche altro giorno per indagini approfondite».

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