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Iran, Toomaj Salehi torna libero: chi è il rapper che fa paura al regime di Ali Khamenei

02 Dicembre 2024 - 14:52 Alessandra Mancini
Scampata la pena di morte, era stato condannato a 6 anni e 3 mesi per «propaganda contro il governo». Per lui anche una canzone di Eugenio in via di Gioia e Willie Peyote


Il rapper iraniano Toomaj Salehi è libero. È stato rilasciato ieri, domenica 1° dicembre, dopo aver scontato oltre un anno di carcere nella prigione di Isfahan per «propaganda contro il governo». 735 giorni di «crudele, ingiusta e ingiustificata prigionia», scrive nel post Instagram, che conferma la scarcerazione. Simbolo delle proteste contro la dittatura religiosa degli Ayatollah in Iran, Salehi era stato condannato a morte con l’accusa di «diffusione della corruzione sulla terra, incitamento alla sedizione, riunione, cospirazione, propaganda contro il sistema, incitamento alla rivolta» ad aprile di quest’anno. Per il tribunale di Isfahan la sua voce doveva essere silenziata. La condanna aveva scatenato l’indignazione di molte organizzazioni per i diritti umani. Oltre 100 tra artisti e personalità dello spettacolo e della cultura – anche italiani (Eugenio in via di Gioia e Willie Peyote con il brano Farò Più Rumore Del Ratatata) – ne avevano chiesto la liberazione. Due mesi dopo la Corte Suprema, il più alto grado di giudizio dell’Iran, ha revocato la condanna a suo carico.

Chi è Toomaj Salehi

Il rapper nasce nel 1990 (34 anni) nella provincia del Khuzestan. Comincia a fare rap a partire dal 2017: il suo canale YouTube conta circa sessantamila iscritti, su Instagram oltre 2 milioni. I suoi testi sono una critica aperta al regime guidato da Ali Khamenei. Ciò che basta per zittire la sua voce. La prima volta venne arrestato nel 2021; la seconda durante le manifestazioni scoppiate in tutto l’Iran dopo la morte di Mahsa Amini. Nel 2023 arriva la condanna a 6 anni e 3 mesi di carcere per i suoi versi rap, dopo 252 giorni di isolamento. Poi la sentenza a morte, che è stata annullata. Ora il rilascio, avvenuto dopo il recente suicidio del giornalista dissidente Kianoush Sanjari, che aveva chiesto la liberazione dei prigionieri politici, tra cui Toomaj. 

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