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Scuola, ambiente, energia: materie su cui lo Stato «non può delegare alle Regioni». Ecco perché la Consulta ha demolito la legge sull’Autonomia

03 Dicembre 2024 - 12:52 Diego Messini
Le motivazioni della sentenza con cui la Corte costituzionale ha accettato in parte i ricorsi delle Regioni contro la legge-bandiera della Lega. Ora il referendum che fine farà?

Vi sono materie di legge che comprendono funzioni il cui trasferimento, a norma della Costituzione, è «difficilmente giustificabile secondo il principio di sussidiarietà», per ragioni «di ordine sia giuridico che tecnico o economico». È in ossequio a questo principio che la Corte costituzionale ha accolto parzialmente il ricorso di quattro Regioni contro la legge sull’Autonomia varata dalla maggioranza di centrodestra. Lo si legge nelle motivazioni depositate questa mattina della sentenza dello scorso 14 novembre. La Corte fa riferimento a materie in cui «predominano le regolamentazioni dell’Unione europea», quali la politica commerciale comune, la tutela dell’ambiente, la produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia e le grandi reti di trasporto, ma anche le norme generali sull’istruzione che hanno una valenza «necessariamente generale ed unitaria», o ancora le funzioni relative alle professioni e ai sistemi di comunicazione. Su questi terreni, insomma, la legge voluta in primis dalla Lega e varata dal Parlamento a giugno rischia di minare gli equilibri tra poteri e funzioni dello Stato stabiliti dalla Costituzione, in particolare agli articoli 116 e 117.

Il ruolo del Parlamento e il destino del referendum

«ll regionalismo corrisponde a un’esigenza insopprimibile della nostra società, come si è gradualmente strutturata anche grazie alla Costituzione. Spetta, però, solo al Parlamento il compito di comporre la complessità del pluralismo istituzionale», fa notare ancora la Consulta nella sentenza sull’Autonomia, ricordando come «la vigente disciplina costituzionale riserva al Parlamento la competenza legislativa esclusiva in alcune materie affinché siano curate le esigenze unitarie». Che succede quindi ora? Resta da definire l’iter del referendum abrogativo per il quale opposizioni e sindacati hanno già raccolto e depositato le oltre 500mila firme necessarie. Se ne occuperà ora l’ufficio centrale referendum presso la Cassazione, fa sapere oggi il presidente della Corte Costituzionale Augusto Barbera, al quale «abbiamo trasmesso il testo (della sentenza, ndr) perché devono verificare se ci sono le condizioni o meno per la consultazione referendaria. Questo è il primo passaggio, poi si vedrà».

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