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Il caso Bove e gli altri: «In Serie A c’è un calciatore “importantissimo” che non è idoneo a giocare»

edoardo bove aritmia idoneità sportiva
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Il medico della S.S. Lazio: io gliel'ho negata, adesso è in campo e va per la maggiore. L'impianto del defibrillatore per il centrocampista viola. La possibilità della commotio cordis. E i rischi senza test genetici

In Serie A c’è un calciatore che non è idoneo a giocare. Un giocatore «importantissimo», che oggi ancora gioca e «va per la maggiore». Ma che secondo il medico della S.S. Lazio Ivo Pulcini nel 2019 non aveva i requisiti minimi di salute per stare sui campi di calcio. Mentre tra le ipotesi sulle cause dell’arresto cardiaco di Edoardo Bove la più accreditata sembra essere quella da «torsione di punta». E l’impianto di un defibrillatore sottopelle potrebbe mettere a rischio l’idoneità sportiva del giocatore della Fiorentina. Anche se prima bisognerà valutare se la causa dell’aritmia non sia stata un traumatismo con “commotio cordis”. In questo caso si tratterebbe di un fatto isolato e irripetibile. E quindi potrebbe non essere necessario il defibrillatore.

Il caso Bove e gli altri

Pulcini parla oggi con il Messaggero. In primo luogo dell’intervento di Danilo Cataldi, ex biancazzurro, che ha salvato l’amico con una manovra imparata a Formello: «La Lazio gli ha insegnato quel primo soccorso che è patrimonio culturale di tutti i giocatori del club. Danilo ha un certificato internazionale dell’Acls American heart association per soccorrere le persone in qualunque situazione di emergenza». La Lazio usa anche il Sds, Sudden death screening, e prevede, con dieci anni d’anticipo, la morte improvvisa in campo. Su Bove Pulcini si sente di escludere «una crisi epilettica improvvisa se non l’aveva mai avuta in passato. Quella problematica, con una specialista e una precisa procedura, potrebbe tranquillamente essere tenuta sotto controllo».

Le aritmie e il defibrillatore

Mentre, ragiona il dottore, «se dovessero essere riscontrate aritmie, andrebbe valutato con diverse prove da sforzo, ciclo ergometro, elettrocardiogramma e tac coronarica, la risonanza magnetica-cardiaca. Tutti i metodi con cui si dà o si nega l’idoneità a un soggetto. Certo, comunque rischierebbe di non poter più giocare in Serie A». Mentre rimarrebbe aperta l’ipotesi di vederlo solo in alcuni campionati all’estero, come la Premier League. «Mi sembra strano però non siano state riscontrate precedentemente dagli esami di idoneità con la Roma. Dipende però sempre dalle valutazioni soggettive dei medici e dalla propria esperienza sul campo», conclude Pulcini.

Il calciatore in campo senza l’idoneità

Il medico della S.S. Lazio però racconta anche un episodio inquietante. Partendo da quello che è accaduto alla A.S. Roma durante l’ultimo calciomercato. Il difensore Danso è stato rispedito al Lens dal Campus Biomedico. Proprio a causa di problemi di salute mai precisati. E qui Pulcini racconta: «Nel 2019 io visitai un giocatore importantissimo, che adesso sta andando per la maggiore e gioca in questa Serie A. Ma io non lo ritenni idoneo a giocare a calcio». Venne visitato in tre cliniche differenti perché l’ex direttore sportivo della Lazio Igli Tare lo voleva a ogni costo. Ma il no rimase fermo. Oggi, a meno di interventi successivi, il calciatore è in campo ma senza idoneità.

Cosa sono le aritmie

Domenico Corrado, ordinario di Malattie dell’apparato cardiocircolatorio e direttore del Centro cardiomiopatie genetiche e cardiologia dello sport a Padova dice a Repubblica che le aritmie «possono essere la manifestazione di una malattia cardiaca strutturale di origine genetica, oppure congenite, presenti cioè alla nascita. Ma le aritmie le può dare anche una patologia infiammatoria come la miocardite, che potrebbe lasciare una cicatrice nel cuore. Poi ci sono le aritmie non legate a problemi strutturali dell’organo ma solo elettriche, anch’esse su base genetica. Infine, ci sono quelle di origine traumatica». Il professore spiega che «in Italia dal 1982 chi fa attività sportiva agonistica deve sottoporsi obbligatoriamente alla valutazione cardiovascolare, basata sull’elettrocardiogramma. La mortalità da allora è calata del 90%. Certo, ci sono problemi che possono sfuggire, tra questi le cicatrici post miocardite».

La commotio cordis

Secondo Corradi «le linee guida internazionali dicono che se c’è un arresto cardiaco da fibrillazione ventricolare e il paziente è sopravvissuto grazie alla defibrillazione siamo di fronte a una situazione aritmica grave. In questo caso le stesse linee guida impongono che si impianti un defibrillatore sottopelle, che ostacola l’idoneità all’attività sportiva. Si è deciso così perché dopo un arresto provocato da una patologia organica o elettrica c’è un alto rischio di recidive». Ci potrebbe però essere un’eccezione: «Se la causa dell’aritmia è un traumatismo con “commotio cordis”, si tratterebbe di un fatto isolato e irripetibile. E quindi potrebbe non essere necessario il defibrillatore».

La torsione di punta

Silvia Priori, ordinario di Cardiologia all’Università di Pavia e direttore dell’ambulatorio Malattie genetiche cardiache, Ics Maugeri, Irccs, spiega al Corriere della Sera che tra le ipotesi sulle cause dell’arresto cardiaco di Bove c’è quella della torsione di punta. Ovvero «un’aritmia molto rapida che si sviluppa in soggetti affetti da un particolare disturbo dell’attività elettrica del cuore, detto intervallo QT. Alcune persone nascono con un’anomalia genetica che provoca il prolungamento dell’intervallo QT causando una malattia chiamata sindrome del QT lungo. In altri, l’intervallo QT prolungato è dovuto a bassi livelli sierici di potassio, a un ritmo cardiaco molto lento o a un farmaco. Spesso, l’intervallo QT prolungato è causato da farmaci usati per trattare le aritmie, ma anche da alcuni antidepressivi e certi farmaci antivirali e antimicotici o anche da integratori».

L’analisi genetica

Priori spiega che ora sarà necessaria un’analisi genetica. E aggiunge che «ci sono esempi all’estero di calciatori che hanno ripreso a giocare dopo un arresto cardiaco grazie ad un defibrillatore, cioè un dispositivo che viene posizionato sotto la cute e garantisce la possibilità di interrompere un episodio aritmico prima che causi un arresto cardiaco. In Italia, in genere, non viene data l’idoneità agonistica in questi casi. Però, le cose potrebbero cambiare». Mentre lo screening genetico di routine per gli sportivi di alto livello «si potrebbe pensare di farlo, dato che questi episodi occorrono con una certa frequenza negli atleti agonisti. Il test genetico ha un costo modesto e potrebbe quindi identificare precocemente la presenza di una malattia genetica, che predispone a un arresto cardiaco».

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