«L’elicottero arrivò tardi, si potevano salvare»: l’inchiesta sugli errori dei soccorritori nella tragedia del Natisone
Patrizia Cormos, 20 anni, Bianca Doros, 23, e Cristian Casian Molnar, 25, sono morti il 31 maggio inghiottiti dal fiume Natisone. A causa di una piena del fiume. La fotografia dei tre ragazzi abbracciati mentre l’acqua saliva intorno a loro. Erano andati a Premariacco, tra Udine e il confine sloveno per un pomeriggio di relax. All’epoca la procura friulana ha aperto un’inchiesta. Che oggi vede indagati tre vigili del fuoco e un operatore della sala emergenze della Regione. L’ipotesi di reato è omicidio colposo. Alle 13,29 del 31 maggio il cellulare di Cormos ha fatto partire la richiesta di aiuto. L’elicottero attrezzato per le emergenze però è decollato da Venezia solo alle 14,03. Lo scorso 25 settembre il comune di Premariacco ha dato la cittadinanza onoraria ai pompieri «per gli immani sforzi compiuti» nel tentativo di salvare i tre ragazzi.
L’indagine
Drago e Doppio India, fa sapere oggi La Stampa, sono i due velivoli attorno ai quali ruota l’inchiesta di Udine. Gli investigatori hanno controllato per sei mesi i tabulati e le conversazioni telefoniche tra Patrizia e i soccorritori. Nella prima chiamata, che risale alle 13,29 Patrizia descrive un’emergenza logistica: «Siamo circondati dall’acqua, non possiamo tornare a riva». Il fiume li aveva già ristretti sull’isolotto. Il vigile del fuoco invia due equipaggi di terra. Poi un’atra telefonata: «Mandate qualcuno a prenderci o moriremo tutti». Parte allora l’elicottero del 115 Drago, che si trova a 110 chilometri da Premariacco. Mentre Doppio India rimane fermo e disponibile a Campoformido. Ovvero a circa 12 minuti dalla zona del fiume dove sono i ragazzi. Si muove solo alle 13,48 ma nel frattempo i tre finiscono inghiottiti dalle acque. L’elicottero arriva alle 14,20.
110 chilometri in linea d’aria
«Auspichiamo che la magistratura spieghi perché non è stato fatto arrivare subito l’elicottero della Sores, dotato di un verricello e di un tecnico di soccorso alpino mentre è stato fatto partire quello dei vigili del fuoco da Venezia, lontana 110 chilometri in linea d’aria», dice al Corriere della Sera Gaetano laghi, avvocato dei Doros e dei Molnar. «Sono stati rispettati correttamente i protocolli? Questa è una delle domande-chiave della vicenda», conclude. Intanto il Dipartimento dei Vigili del Fuoco, in una nota, esprime «massima fiducia nell’operato della magistratura per l’accertamento delle responsabilità», ribadendo «le grandi capacità tecniche e professionali degli operatori del Corpo nazionale».
L’elicottero più vicino
In un’intervista rilasciata al Gazzettino Mihaela Cormos, mamma di Patrizia, dice: «Spero che ci spieghino perché non è stato chiamato l’elicottero più vicino». E ancora: «Soffro a ogni notizia che riguarda la scomparsa di mia figlia. Lotterò finché sarò in vita per lei e per conoscere la verità. Spero che una cosa del genere non succeda, che mi spieghino il perché dei ritardi nei soccorsi. Ho sempre detto che si poteva fare di più». A Repubblica Mihaela dice che il tempo per salvarli c’era, «e lo pensano anche gli inquirenti. Bisognerà attendere la chiusura indagini, per esempio, per leggere le trascrizioni delle conversazioni. Ma è evidente che hanno avuto tutto il tempo per capire cosa stava succedendo».