Corea del Sud, dopo la legge marziale il presidente Yoon Suk-yeol rischia l’impeachment
I partiti di opposizione della Corea del Sud hanno presentato una mozione di impeachment per rimuovere dal suo incarico il presidente Yoon Suk-yeol. Già nella serata di ieri, quando in Corea era tarda mattinata, opposizioni e maggioranza avevano chiesto le dimissioni del presidente che ieri aveva imposto e poi ritirato dopo sei ore la legge marziale scatenando le proteste della popolazione. In seguito all’annuncio, a centinaia si erano radunati davanti al parlamento di Seul per manifestare contro la misura che Yoon aveva giustificato con la necessità di combattere le forze comuniste affini alla Corea del Nord.
Il voto per l’impeachment di Yoon in settimana
Il voto del parlamento per la potenziale messa in stato d’accusa del presidente è atteso in settimana. Affinché passi, sono necessari i voti di oltre due terzi del parlamento, ovvero 201 voti su 300. «La dichiarazione di legge marziale del presidente Yoon Suk-yeol è stata una chiara violazione della Costituzione. Non ha rispettato alcun requisito per dichiararla. Si è trattato di un grave atto di ribellione e fornisce una base perfetta per il suo impeachment», ha fatto sapere il Partito Democratico nordcoreano nei confronti del presidente appartenente al Partito del Potere Popolare.
«Non c’erano i requisiti per la legge marziale»
Secondo i media di Seul, la dichiarazione della legge marziale non sarebbe stata preceduta da una riunione del Consiglio di Stato, come previsto dalla Costituzione. Questa irregolarità alimenta le accuse di insurrezione mosse contro Yoon, che potrebbe ora affrontare ulteriori pressioni per dimettersi o essere messo sotto accusa. La Costituzione sudcoreana consente al presidente di dichiarare la legge marziale solo in situazioni di guerra, emergenze nazionali paragonabili o gravi minacce all’ordine pubblico. Tuttavia, molti osservatori dubitano che le circostanze attuali giustifichino tale misura, rendendo la posizione di Yoon sempre più precaria.
I franchi tiratori del partito del presidente contro Yoon
I numeri per un impeachment apparentemente ci sono. Le opposizioni contano 192 voti. Ma è possibile che anche alcuni parlamentari del partito del presidente votino contro il presidente che avrebbe agito senza informarli. Un segno è arrivato qualche ora fa, quando l’Assemblea Nazionale ha votato contro la legge marziale e dieci deputati del partito di Yoon si sono schierati con l’opposizione. Il voto sull’impeachment deve essere inizialmente approvato dal parlamento e successivamente deve essere fissata una data per la decisione. Questa, dati i tempi, potrebbe ricadere sul 6 o 7 dicembre. Se il parlamento mettesse il presidente in stato d’accusa, Yoon dovrebbe poi comparire di fronte alla Corte costituzionale del Paese, che potrebbe rimuoverlo dal suo incarico con sei voti su nove.
Lo sciopero fino alle dimissioni
Nel frattempo, diversi membri del gabinetto presidenziale hanno offerto di dimettersi. E lo stesso Yoon potrebbe dimettersi anche prima del voto sulla mozione. Il leader del People Power Party, Han Dong-hun ha sollecitato Yoon a spiegare una decisione di cui i vertici di partito non erano stati informati e a licenziare il ministro della Difesa Kim Yong-hyun, ritenuto il suggeritore della mossa che il presidente sta pagando cara. L’imposizione della legge marziale è stata definita una «decisione tragica». Per protesta nei confronti del presidente – al potere dal 2022 e noto propria intransigenza – il più importante sindacato della Corea del Sud ha indetto uno sciopero generale che proseguirà fino a che il presidente non lascerà il proprio incarico, volontariamente o meno.
Il primo ministro: «Rimango per servire il popolo»
Non si dimetterà invece il primo ministro sudcoreano Han Duck-soo: «Come Primo Ministro che supervisiona il Gabinetto, mi assumo la piena responsabilità di tutti gli eventi che hanno portato a questo», ha fatto sapere Han in una nota diffusa oggi dal titolo «Un messaggio al popolo». Ha aggiunto: «Lavorerò con i membri del Gabinetto fino alla fine per servire il popolo. Da questo momento in poi, il Gabinetto deve adempiere ai propri doveri per garantire la stabilità della nazione e che la vita quotidiana delle persone rimanga inalterata»