Cpr Albania, la Cassazione prende tempo sui mancati trattenimenti dei migranti. Unhcr: «A gennaio invieremo il nostro report al governo»
La decisione della Cassazione sui ricorsi presentati dal governo Meloni contro le prime mancate convalide del trattenimento dei richiedenti asilo nei centri di permanenza per i rimpatri in Albania «verrà resa nota nelle prossime settimane». Lo hanno deciso oggi, mercoledì 4 dicembre, i giudici della prima sezione civile. Nel corso dell’udienza, le procuratrici generale Luisa De Renzis e Anna Maria Soldi hanno chiesto ai magistrati di «sospendere il giudizio» in attesa della sentenza della Corte di giustizia dell’Ue, che arriverà probabilmente in primavera. La posta in gioco riguarda le due strutture di Shëngjin e Gjader, volute fortemente da Giorgia Meloni e finite al centro delle polemiche negli ultimi mesi, dove sono stati portati complessivamente dalla nave della Marina italiana “Libra” meno di una ventina di persone migranti in due operazioni, ma infine riportati in Italia dopo le decisioni della sezione immigrazione del tribunale di Roma. Bollate dal ministero dell’Interno «errate e ingiuste» e viziate «da carenza assoluta di motivazione e/o motivazione apparente».
È proprio dopo la prima bocciatura dei trattenimenti delle persone migranti da parte dei magistrati, lo scorso ottobre, che l’esecutivo era corso ai ripari con l’aggiornamento della lista degli Stati di provenienza dei migranti ritenuti “sicuri”, elevata a norma primaria attraverso un decreto. Che non ha però sortito gli effetti sperati dal governo, con la successiva seconda bocciatura di inizio novembre in cui i giudici hanno rinviato la loro decisione alla Corte dell’Ue. Nel frattempo, il Senato ha approvato in mattinata il decreto flussi dove la maggioranza ha fatto confluire al suo interno alcune misure controverse. Come anche il cosiddetto «emendamento Musk», ossia l’affidamento alle Corti d’appello della valutazione su convalida o proroga dei trattenimenti dei migranti che chiedono la protezione internazionale. In sintesi, il decreto si è allargato per “ospitare” le risposte giuridiche che il governo ha escogitato per tentare di averla vinta sui magistrati.
Il secondo step in Ue
La Cgue, ai quali si sono già rivolti una decina di tribunali, tra cui Bologna, Roma, Palermo e Firenze, si riunirà il 25 febbraio e la decisione arriverà probabilmente in primavera. Dovrà rispondere ai quesiti rivolti dalle sezioni immigrazione, le quali hanno chiesto se il decreto legge sui cosiddetti «Paesi sicuri» sia in linea con il diritto europeo. La Corte Ue ha disposto l’applicazione dell’iter accelerato per due procedimenti rinviati dal tribunale di Roma (che sono stati accorpati), ma ha invece sospeso quelli di Bologna e di Palermo sulla stessa materia. I giudici di Lussemburgo hanno dunque rifiutato l’applicazione dell’iter d’urgenza che era stato richiesto dalle toghe capitoline, optando comunque per quello rapido. Nel primo caso la sentenza sarebbe arrivata in due mesi, in questo ce ne dovrebbero volere tra sei e otto. La deliberazione segnerà (probabilmente) il futuro del protocollo Italia-Albania.
I centri vuoti e l’Unhcr a Open: «Il 15 gennaio invieremo il report al governo»
Fino alla pronuncia della Corte Ue i due centri in Albania dovrebbero rimanere vuoti. E già si ipotizzano, come scrive il Fatto, impieghi alternativi delle strutture albanesi. Il personale italiano, compresi gli operatori sociali di Medihospes, l’ente gestore dei due centri, e gli agenti in servizio, stanno lasciando le strutture per rientrare in Italia. Il team di Unhcr (l’agenzia Onu per i rifugiati), coinvolto nel protocollo con il ruolo di «monitoraggio e consulenza» sia all’intento delle strutture, ma anche sulla nave Libra, fa sapere a Open che pubblicherà comunque il report con le raccomandazioni al governo su entrambi i trasferimenti in Albania delle persone migranti «intorno al 15 gennaio». «Il nostro è un ruolo indipendente di monitoraggio: non siamo presenti in Albania in pianta stabile, ma con missioni ad hoc, come nelle uniche due trasferimenti. Ma al momento – dicono – non abbiamo ricevuto pre-allerta per nuove operazioni». Il ruolo dell’agenzia Onu nel Paese Balcanico, contestato da diverse associazioni, oltre che di monitoraggio e consulenza, prevedeva anche «un approccio orientato alle soluzioni immediate – ci spiegano -. Quando vediamo problemi che vanno a inficiare sulle garanzie per i richiedenti asilo, cerchiamo di risolverli nell’immediato con le autorità. Tanto per fare un esempio, nella prima operazione era stato mandato un minore in Albania. Siamo stati noi a segnalarlo in modo che fosse trasferito in Italia». Sulle sentenze giuridiche, l’Unhcr non entra però nel merito: «Per determinare se è un Paese è sicuro o meno ci sono processi molto complessi che prendono in considerazione tanti elementi: spetta agli Stati definire se un Paese è sicuro o meno», dicono. «La cosa importante da considerare sempre è che la domanda di asilo è individuale, come anche la sua valutazione. E questo – concludono – indipendentemente se un Paese è sicuro o meno».