Cade il governo in Francia, sfiduciato il premier Barnier. Marine Le Pen sfida Macron: «Presto governeremo noi»
L’Assemblea nazionale francese ha votato la sfiducia al governo guidato da Michel Barnier, che dovrà dunque ora dimettersi. La mozione di censura sul suo operato depositato dal Nouveau Front Populaire è passata con 331 voti. Ne erano sufficienti 289 per far capitolare il governo.L’ex capo negoziatore Ue per la Brexit era stato nominato primo ministro da Emmanuel Macron appena tre mesi fa, il 5 settembre, dopo un’estate di caos e incertezza politica seguiti alle elezioni legislative anticipate. Contro il suo esecutivo, che il Rassemblement National aveva consentito vedesse la luce astenendosi, sono confluiti i voti dell’NFP (sinistre) e della stessa destra radicale, come entrambi i blocchi avevano annunciato lunedì pomeriggio. In Aula Marine Le Pen ha confermato la scelta con un discorso durissimo, tutto all’attacco: del governo «effimero» di Barnier, accusato di non aver fatto alcun passo indietro su una legge di bilancio a base di tagli alla spesa e aumento di tasse considerata «punitiva» per i francesi, specialmente quelli più poveri e ai margini; ma anche dei parlamentari della France Insoumise, indicati come «Che Guevara buoni per Carnevale», cui Le Pen ha ricordato perfidamente che «molti di voi siedono qui solo grazie alla desistenza del campo macronista». Come a dire: “Oggi convergiamo sulla censura a Barnier, ma siamo e resteremo all’opposto, nemici”. Per la leader dell’RN l’unica vera via d’uscita al caos in cui ora ri-piomba il Paese è la caduta di Macron e la presa del potere da parte della sua destra: «Ai francesi dico, arriverà presto il tempo della grande alternanza che attendiamo, forse molto presto», ha chiuso.
December 4, 2024
La “resistenza” del centro-destra
A tentare di dissuadere Le Pen dal votare la sfiducia a Barnier è stato tra gli altri il leader della destra repubblicana Laurent Wauquiez, che in Aula ha accusato la leader del Rassemblement National di portare la Francia nel caos e nell’instabilità, stringendo in un abbraccio mortale i grandi avversari della France Insoumise, «quelli che chiamano i terroristi “resistenti”», ha urlato a Le Pen invitando i suoi deputati a cambiare idea. Anche l’ex premier Gabriel Attal ha attaccato duramente la scelta speculare di destra e sinistra di far cadere il governo: «un errore davanti alla Storia che i francesi non vogliono e non dimenticheranno». A parlare in Aula di fronte ai deputati al termine di una lunga e tormentata sessione è stato infine lo stesso Barnier, che ha ricordato il lavoro onesto e aperto di dialogo condotto dal suo governo, e il serio contesto finanziario in cui ha dovuto predisporre – «in soli 15 giorni» – una delicatissima legge di bilancio, con un debito pubblico esploso a quota 3.200 miliardi di euro. «Questa realtà resterà lì, non sparirà per effetto di una mozione di censura, si riproporrà a qualsiasi governo arrivi. Signora Le Pen, è questione di sovranità…», ha attaccato il premier ormai sull’uscio. Per poi avvertire che il Paese, votata la mozione di censura, non potrà entrare nel 2025 con una legge di bilancio, il che – anche presumendo una soluzione d’emergenza – significherà maggiori tasse per i francesi e maggiori tassi d’interesse da pagare sui titoli del debito pubblico. «Ne soffrirà alla fine la competitività delle imprese. I francesi non ci perdoneranno l’immobilismo e la destabilizzazione istituzionale». Parole forti, ma che non sono bastate a spostare gli equilibri. Il voto sulla mozione di censura è filato dritto come previsto.
December 4, 2024
Lo spettro dell’instabilità e le mosse di Macron
Il destino di Barnier era parso segnato da lunedì pomeriggio, quando il Rassemblement National aveva annunciato la sua sfiducia al premier, reo di non aver accettato tutte le «linee rosse» tracciate dal partito sulla legge di bilancio per il 2025. Ora Barnier dovrà rimettere il mandato nelle mani di Emmanuel Macron, chiamato a gestire di nuovo una situazione delicatissima. Secondo BfmTv, il capo dello Stato, di rientro dall’Arabia Saudita, penserebbe di nominare un nuovo primo ministro nel giro di pochissime ore. Troppo forte il rischio di finire l’anno senza aver approvato una legge di bilancio per il 2025, troppo scottante l’umiliazione di presentarsi a Donald Trump – atteso sabato a Parigi per la riapertura di Notre-Dame – senza un governo: «È una questione di credibilità per la Francia», ha detto un ex ministro vicino a Macron. Il quale avrebbe già iniziato le consultazioni con i suoi da Ryad per trovare, rapidamente, il nome giusto.
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