Sorpresa, ora la riforma degli istituti tecnici piace al Consiglio superiore dell’Istruzione. I sindacati: «Assurdo, invariata nella sostanza»
Un anno fa, la sperimentazione della riforma degli istituti tecnici e professionali targata Valditara era stata bocciata senza indugi dal Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione (CSPI). Ora, quello stesso organo dà il via libera alla sperimentazione per l’anno scolastico 2025/26, elogiando le modifiche introdotte dal ministero, seppur fornendo alcune indicazioni e sorvolando su alcune delle criticità che aveva sollevato in precedenza. Se il cambio di passo del CSPI sembra segnare un punto a favore del ministro, i sindacati continuano a stroncare la linea di Valditara, giudicando la proposta ancora insufficiente per affrontare i nodi strutturali del sistema scolastico.
Dal rifiuto al via libera: cosa ha convinto il CSPI
Nel 2023, il progetto era stato accolto con grande scetticismo dal CSPI, che aveva denunciato diverse criticità: tempi troppo stretti, mancanza di chiarezza per le famiglie, inadeguata progettazione dei percorsi formativi e anticipazione di normative ancora in discussione. Considerata ancora acerba, la riforma e la sua sperimentazione dei 4 anni anziché 5, aveva sollevato seri dubbi sulla sua reale sostenibilità per l’anno scolastico 2024/2025 (attualmente in corso). Quest’anno, però, il parere è cambiato. Il CSPI ha riconosciuto i miglioramenti apportati al decreto. Oltre ai tempi troppo stretti per poter applicare la sperimentazione, il Consiglio all’epoca aveva evidenziato la necessità di attività formative per docenti e dirigenti, affinché le loro competenze potessero rimanere al passo con le innovazioni didattiche introdotte dalla riforma. Di questo, il ministero sembra averne fatto tesoro.
Sì allo sviluppo del personale, ma con il rischio di ridurre le ore delle materie
Lo schema di decreto per la sperimentazione della filiera tecnologico-professionale per il prossimo anno scolastico prevede, infatti, «attività formative specifiche per il personale docente degli istituti tecnici», destinate a sperimentare modalità didattiche innovative e laboratoriali. Nel suo parere, il CSPI ha apprezzato «l’investimento in termini di risorse di personale», considerando che per la sperimentazione è prevista «l’invarianza delle dotazioni organiche». Tuttavia, il Consiglio ha anche messo in guardia: questa invarianza non garantisce che il monte ore per ciascuna disciplina resti immutato.
Via libera anche per gli studenti di prima e seconda
Tra le principali novità introdotte dal ministero rispetto alla sperimentazione dell’anno precedente, il CSPI riconosce la possibilità di accedere alle classi sperimentali anche per gli studenti delle prime e seconde classi. Questi potranno provenire da percorsi quinquennali dello stesso indirizzo di studi o da altri percorsi di istruzione secondaria quinquennale, a condizione che il consiglio di classe ne approvi la candidatura. La valutazione dovrà tener conto della programmazione didattica e della coerenza tra il percorso di provenienza e quello sperimentale. Una modifica, questa, che, secondo il ministero e il CSPI, ha l’obiettivo di «favorire il successo formativo e contrastare il fenomeno della dispersione scolastica».
Il monitoraggio dei risultati e l’ex alternanza scuola-lavoro
Tra le modifiche accolte positivamente dal Consiglio, spicca anche la creazione di una Direzione Generale per l’istruzione tecnica e professionale, incaricata di coordinare e supportare le riforme e l’innovazione degli istituti tecnici, professionali e della filiera tecnologico-professionale. Il CSPI sollecita, però, l’introduzione di un monitoraggio costante di tutte le sperimentazioni in corso, dato che al momento mancano dati aggiornati sui risultati degli apprendimenti degli studenti, soprattutto se confrontati con i percorsi tradizionali. Riguardo, invece, al potenziamento delle alternanza scuola-lavoro (ex alternanza scuola-lavoro) a partire dal secondo anno, il Consiglio adotta una posizione più cauta. Propone di adottare modalità più flessibili per queste esperienze, inserendole all’interno di un piano graduale di attività, da definire autonomamente dalle scuole, in modo da rispondere meglio alle esigenze degli studenti e al contesto educativo.
Il Cspi sorvola su alcune sue critiche passate
Quest’anno, il CSPI sembra aver ammorbidito il suo approccio su due aspetti che lo scorso anno aveva criticato in modo piuttosto severo. Nel parere del 2023, infatti, il Consiglio aveva sollevato preoccupazioni sull’anticipazione delle esperienze lavorative, ritenendo che potessero risultare premature e poco adatte per gli studenti che non hanno ancora una visione chiara del loro futuro professionale. Ora, però, su questo tema non sembra voler tornare. Stessa sorte per la critica avanzata in merito all’esclusione dei licei dalla proposta di riforma, un aspetto che ai tempi era stato stroncato perché figlio di una visione non integrata dell’istruzione.
Il vizio delle tempistiche strette
Nonostante il parere favorevole, il CSPI torna a sgridare il ministero sulle tempistiche, chiedendo per i prossimi anni di emanare i decreti con maggiore anticipo affinché le scuole possano organizzarsi meglio e promuovere l’offerta formativa in modo adeguato alle famiglie ed evitando così l’affanno delle scadenze troppo ravvicinate.
Perché i sindacati sono (ancora) contrari
Chi, invece, non intende fare concessioni sono i sindacati, che respingono con fermezza la sperimentazione della filiera per gli istituti tecnici. Per la Flc Cgil lo schema di decreto del ministero resta «praticamente invariato nella sostanza» rispetto a quello proposto l’anno scorso. Secondo il sindacato, la proposta è «priva di solide basi scientifiche e non considera i risultati della sperimentazione precedente dei percorsi quadriennali, mai valutata». Inoltre, si profila una «destrutturazione del sistema educativo», con la gestione della filiera tecnologico-professionale affidata alle Reti (Campus) e un preoccupante coinvolgimento di soggetti privati nella progettazione dell’offerta formativa. Il rischio di una canalizzazione precoce degli studenti e i tempi troppo stretti per una reale discussione negli organi collegiali sono, secondo la Flc Cgil, altrettante criticità da non sottovalutare.
Anche la Uil Scuola Rua esprime un deciso no, criticando in particolare «l’introduzione nel sistema di istruzione secondaria di secondo grado di nuove figure di docenti, non contrattualizzate», come i rappresentanti aziendali che terranno lezioni agli studenti sulle attività professionali. Secondo il sindacato, questa scelta apre la porta all’introduzione di figure senza adeguata formazione didattica, con interrogativi cruciali rimasti senza risposta: «Quale deve essere il profilo di queste figure? Come vengono selezionate e con quale criterio? E, soprattutto, a chi spetta decidere la scelta di questo personale estraneo alla scuola?».