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Politecnico di Torino, la donna che vuole essere chiamata “prorettore” (e non “prorettrice”): «È la mia carica»

04 Dicembre 2024 - 07:06 Alba Romano
elena maria baralis
elena maria baralis
La professoressa di sistemi di elaborazione delle informazioni Elena Maria Baralis non vuole l'inclusione di genere

Insieme a “Il presidente del Consiglio” c’è anche “Il prorettore”. Elena Maria Baralis vuole che il suo incarico al Politecnico di Torino si declini al maschile. E quindi è anche «professore ordinario di sistemi di elaborazione delle informazioni», e non professoressa. Mentre il rettore Stefano Corgnati rimane con quella carica. «Sicuramente non si tratta di una decisione che rappresenta questa istituzione. Qui, solitamente, si declina l’incarico al maschile per gli uomini e al femminile per le donne. Poi, naturalmente, c’è la libertà del singolo che può scegliere di procedere diversamente», dice Arianna Montorsi, direttrice del centro studi di genere Polito.

No comment

Sul tema, la diretta interessata, Elena Maria Baralis, contattata da Corriere Torino, ha risposto con un «No comment». «Mi chiamo Prorettore perché è la mia carica», è la spiegazione data ai colleghi. Mentre l’ateneo ha principi diversi. Sulla pagina Instagram dell’istituto è comparso un video in cui si parla del linguaggio inclusivo: «Al Politecnico di Torino vogliamo superare gli stereotipi anche attraverso l’uso del linguaggio, promuovendo un ambiente accogliente per tutta la comunità accademica. Non è solo una questione formale ma un impegno concreto, più rispettoso delle differenze. È uno strumento potente nella costruzione dell’identità. Non parliamo solo di parole ma di un sistema di gesti, suoni e simboli dotati di significati», dice – racconta nelle immagini l’avvocata Nicoletta Parvis, consigliera di fiducia con il compito di raccogliere eventuali denunce su discriminazioni o molestie da parte di studenti e personale.

Il maschile generico

E proprio lei nel video spiega: «Evitiamo l’uso del maschile generico, utilizziamo altre formule come: “la popolazione studentesca” invece che “gli studenti”, per includere tutte le persone senza distinzioni. Oppure procediamo con la doppia forma, “dottorandi e dottorande”, per esempio». La professoressa Montorsi ha invece altre idee: «Qui c’è un dato interessante. Il modello di mascolinità è dell’istituzione, la popolazione di questo ateneo ha una certa idea di come compiti e modalità di studio siano distribuiti tra uomini e donne. È incredibile, poi, che in queste occasioni ci siano così pochi uomini».

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