Studentessa ansiosa bocciata, i genitori fanno ricorso. Il Tar dà ragione alla scuola: «L’ansia non giustifica i voti bassi»
L’ansia non giustifica i voti bassi. Con questa motivazione, il Tar della Lombardia ha respinto il ricorso dei genitori di una studentessa di un liceo classico di Milano, bocciata al primo anno. Nonostante la delicata situazione personale della ragazza, alle prese con un disturbo d’ansia diagnosticato durante l’anno scolastico, i giudici hanno confermato la legittimità della bocciatura, ricordando che la sua finalità è educativa, non punitiva. La vicenda risale allo scorso anno, nel 2023, e ruota attorno al primo anno di liceo dell’alunna: un periodo iniziato bene, ma drasticamente peggiorato con l’emergere di difficoltà in quattro materie: greco, scienze, inglese e matematica. I genitori hanno raccontato di un «percorso scolastico brillante», bruscamente interrotto da uno stato d’ansia della ragazza che ha reso necessario il ricorso a un Piano Didattico Personalizzato (PDP), il documento con cui il consiglio di classe definisce un percorso educativo su misura per gli studenti con difficoltà di apprendimento.
Lo scrutinio e gli esami di recupero andati male
A fine anno, quando i docenti si sono ritrovati a tirare le somme sulle 4 materie dove la ragazza era carente, hanno inizialmente deliberato la sufficienza in greco e sospeso il giudizio nelle altre discipline. Poi, però, una volta svolti gli esami di recupero, non sono stati riscontrati progressi sufficienti nel rendimento della studentessa. Da qui la decisione di non ammetterla alla classe successiva. I genitori sono intervenuti contestando la bocciatura. A loro avviso, l’ansia che aveva compromesso il rendimento scolastico della figlia sarebbe stata riconosciuta troppo tardi dalla scuola, con la predisposizione di un Piano Didattico Personalizzato solo ad aprile 2023, ben oltre la metà dell’anno scolastico. Un ritardo che, secondo loro, avrebbe reso difficile per la ragazza affrontare gli esami di recupero.
«La bocciatura è un’opportunità, non una punizione»
«La non ammissione della studentessa alla classe successiva, sebbene percepibile dall’interessata come provvedimento afflittivo, non ha carattere sanzionatorio, bensì finalità educative e formative», hanno risposto i giudici al ricorso dei genitori. L’intento della bocciatura è permettere alla studentessa di colmare lacune che altrimenti rischierebbero di compromettere il suo futuro percorso di studi. «Pur ribadendo la consapevolezza del Collegio rispetto alla fragilità della studentessa, non si può prescindere dal dato oggettivo: la presenza di insufficienze nelle materie di recupero e il sostegno del consiglio di classe nella valutazione di giugno (in cui è stata data la sufficienza in greco)», si legge ancora nella sentenza. Niente da fare, quindi, per la studentessa: deve ripetere l’anno e studiare di più.
Nessun ritardo della scuola
Quanto alle critiche mosse dai genitori sulla gestione dell’ansia della ragazza e del Piano Didattico Personalizzato, il Tar ha riconosciuto l’importanza per le scuole di fornire supporto adeguato agli studenti con difficoltà, ma ha chiarito che eventuali carenze organizzative non possono intaccare la valutazione oggettiva delle competenze raggiunte tra i banchi di scuola. Nel caso specifico, inoltre, non sono emerse gravi negligenze imputabili all’istituto scolastico per quanto riguarda i tempi con cui è stato riconosciuto il disturbo d’ansia alla studentessa. Con queste motivazioni, il Tar ha dunque confermato la validità del provvedimento del liceo, sostenendo come la scelta di far ripetere l’anno non fosse solo ragionevole, ma necessaria per garantire una solida base per gli studi futuri della studentessa, nonostante le sue difficoltà con l’ansia.