In Italia ogni giorno vengono cementificati 20 ettari di terreno: i numeri del rapporto Ispra
Nel 2023, in Italia sono stati cementificati in media venti ettari di terreno ogni giorno. A certificarlo è l’ultimo rapporto dell’Ispra sul consumo di suolo, che – avverte l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale – rimane ancora troppo elevato. Lo scorso anno sono stati cementificati complessivamente 21.500 chilometri quadrati, solo in minima parte compensati da un ripristino delle aree naturali. Un fenomeno che ha ripercussioni non solo ambientali, ma anche economiche. Secondo l’Ispra, la riduzione dell’«effetto spugna», ossia della capacità del terreno di assorbire e trattenere l’acqua, è costata all’Italia 400 milioni di euro all’anno.
Ravenna maglia nera per la cementificazione
Lo sanno bene i cittadini dell’Emilia-Romagna, che si è confermata ancora una volta al primo posto in Italia per consumo di suolo. Negli ultimi due anni, la regione governata fino a pochi mesi fa da Stefano Bonaccini è stata colpita da una serie di alluvioni devastanti, che hanno allagato intere province. Una parte della responsabilità è stata attribuita proprio all’alto tasso di cementificazione del territorio, che riduce la capacità del terreno di assorbire l’acqua piovana e, in caso di forti nubifragi, aumenta il rischio di allagamenti. Il consumo di suolo è diventato anche uno dei temi più dibattuti della campagna elettorale, che lo scorso novembre ha visto prevalere il candidato del centrosinistra Michele De Pascale.
Dai dati Ispra emerge come sia proprio Ravenna, la città amministrata negli ultimi anni dal neo-governatore, a far registrare i numeri più elevati del consumo di suolo. Nel 2023, 81 ettari della città romagnola sono stati ricoperti da cemento o asfalto. Si tratta del secondo valore più alto di tutta Italia, dietro solo ai 106 ettari consumati dal comune di Uta (Cagliari), e del primo valore se si prendono in considerazione solo le grandi città. I dati Ispra certificano un problema di cui si discute da tempo. In campagna elettorale, De Pascale è finito nel mirino sia degli avversari politici sia di alcune sigle ambientaliste proprio per il triste primato della sua città nelle classifiche sulla cementificazione. Sono tre in particolare i progetti che secondo il rapporto dell’Ispra più hanno contribuito al consumo di suolo a Ravenna: la trasformazione della zona del porto, la costruzione di un nuovo quartiere residenziale e l’ampliamento della statale Adriatica.
Il costo del consumo di suolo
Allargando lo sguardo a tutta Italia, Valle d’Aosta e Liguria sono le uniche regioni sotto i 50 ettari di consumo di suolo: la prima, con 17 ettari cementificati, è la regione che consuma meno suolo nel Paese. Gli incrementi maggiori nell’ultimo anno si sono verificati in Veneto (+891 ettari), Emilia-Romagna (+815), Lombardia (+780), Campania (+643), Piemonte (+553) e Sicilia (+521). A rosicchiare sempre più spazio alla natura è soprattutto la logistica, che solo nel 2023 ha occupato altri 504 ettari di terreno. La cementificazione, come detto, ha conseguenze dannose non solo per l’ambiente ma anche per l’economia. Ai 400 milioni di costo dovuti alla riduzione dell’«effetto spugna» si sommano infatti altre spese indirette e più difficili da quantificare. La stima dell’Ispra è che tra il 2006 e il 2023 il consumo di suolo sia costato all’Italia tra i 7 e i 9 miliardi ogni anno. Mentre il valore perso di stock, ossia di capitale naturale, oscilla tra i 19 e i 25 miliardi di euro.
La legge che manca
L’ultimo rapporto Ispra non fa che riaccendere il dibattito sulla cementificazione in Italia, così come sulla necessità di dotarsi di una legge nazionale contro il consumo di suolo. «La situazione è drammatica. La cementificazione selvaggia non fa che rendere il nostro Paese sempre più vulnerabile e non ce lo possiamo permettere», ha tuonato Cristiano Fini, presidente della Cia-Agricoltori italiani. Secondo l’associazione di categoria, «solo con una normativa chiara ed efficace in materia si può tutelare una risorsa fondamentale per gli agricoltori e le aree interne, base delle produzioni agricole e fonte di reddito per le comunità rurali, ma anche un patrimonio unico per tutti i cittadini, perché un suolo fertile è l’argine più prezioso contro l’inquinamento e il dissesto idrogeologico».
Foto di copertina: Dreamstime/Samuray