Gli insulti sui social a Cristina Seymandi? Per il pm non sono diffamazione: «Su Internet è quasi normale»
«Nella vita vera ci si può aspettare rispetto, sui social anche meno». È questa, in sintesi, la motivazione con cui il pubblico ministero della procura di Torino Roberto Furlan ha chiesto l’archiviazione dell’indagine sulle offese ricevute sui social da Cristina Seymandi in seguito alla tormentata e chiacchierata separazione da Massimo Segre. Nell’estate del 2023 divenne virale un video in cui lui lasciava lei con un discorso in cui l’accusava di averlo tradito di fronte agli invitati di una festa per le nozze in arrivo. Il filmato aveva suscitato il duro giudizio sui social nei confronti di entrambi. Giudizio che è rimasto vivo anche a mesi di distanza. Tanto che secondo la querela presentata da Seymandi alcuni commenti a un suo post Facebook del 13 maggio scorso (ora rimosso) scadevano nella diffamazione.
«Sui social non si può chiedere di non criticare i fatti privati con toni eleganti »
Ma non secondo il pm che chiede al giudice per le indagini preliminari di archiviare il caso. «Ciò che non è tollerato nel mondo reale, nel mondo dei social è quasi normale», scrive Furlan. E aggiunge: «Il luogo e l’ambiente dove le offese sono pronunciate conta eccome». Ad esempio, «in alcune trasmissioni il cui successo si fonda sul dileggio». In effetti, «la progressiva diffusione di circostanze attinenti la vita privata e la diffusione dei social ha reso comune l’abitudine ai commenti, anche con toni robusti, sarcastici, polemici e inurbani». Per questo, scrive Furlan, online «non pare più esigibile che la critica ai fatti privati delle persone si esprima sempre con toni misurati ed eleganti».
I commenti a Cristina Seymandi
«Bella predica nella copertina della tua pagina, la vogliamo arricchire con la giornata della fedeltà. Ah, no, scusa». «Che figura di merda! Cit», seguito da faccine divertite. «Credevo fosse una puntata di quei programmi trash di Maria De Filippi. E invece». «Non merita il termine donne. Se non brutta femmina. Anzi malafemmina». Questi alcuni dei commenti dei leoni da tastiera un post di Seymandi dello scorso 13 maggio scorso. E per cui la manager aveva sporto denuncia.