Femminicidio Giulia Tramontano, i genitori dopo la lettera di scuse scritta da Impagnatiello: «Sei un miserabile»
In una storia su Instagram, Loredana Femiano e Franco Tramontano, i genitori di Giulia, hanno pubblicato l’immagine di un topo. Sopra, una scritta: «Sei un miserabile. No, non la pantegana. Tu». Una frase che sembra essere rivolta ad Alessandro Impagnatiello, condannato all’ergastolo lo scorso 25 novembre dalla Corte di Assise di Milano per l’omicidio della fidanzata 29enne, incinta al settimo mese. Il messaggio lanciato sui social segue infatti la lettura di un testo che l’ex barman ha scritto dal carcere di San Vittore e ha spedito alla Zanzara, programma di Radio24. Nella lettera, Impagnatiello si è rivolto direttamente alla vittima: «Per quanto inutili e imbarazzanti siano, ti porgo nuovamente le mie scuse, a te, alla tua meravigliosa famiglia e a tutte le persone toccate da questo inspiegabile e folle male. Mi manchi. So che ci sarebbero tante altre cose da dire, ma io e te ce le diciamo tutte le sere, tu già sai».
La critica di Impagnatiello ai media
Nella lettera recapitata al giornalista Giuseppe Cruciani, il 31enne ha raccontato di un «vuoto», di un «abisso in cui nuoto». E ancora: «Le prime parole sono esclusivamente per te Giuliet – nomignolo con cui Impagnatiello ha chiamato la vittima – per la meravigliosa ragazza che eri, che sei e sarai. Dentro me non cesserai mai di splendere». L’uomo ha criticato anche l’attenzione dei media al suo caso, che avrebbero trasformato «una situazione drammatica in un crudo teatro per la sola soddisfazione del pubblico da casa». Per guadagno, ha affermato, «siete riusciti a parlare più di me che di Giulia, facendo cadere le date delle udienze in ricorrenze appetibili per il pubblico – come – l’interrogatorio, esattamente un anno dopo il reato, le arringhe esattamente un anno dopo la perdita di Giulia Cecchettin e l’ultimo atto il 25 novembre, giornata contro la violenza sulle donne». Impagnatiello ha proseguito: «La mia famiglia si è trovata a dover scappare di casa perché pedinata giorno e notte dai giornalisti. Avete mai pensato a mio figlio di nove anni che porta sulle sue fragili spalle il cognome di quel mostro dei vostri titoli? E chi invece ha deciso di suicidarsi perché soffocato dalla tv? Queste sono le vostre vittime. Vorrei tanto essere l’ultimo caso mediatico, ma a quanto pare siete più interessati al guadagno. Questa è la “banalità dei media”».