I “nuovi” dati sull’aborto in Italia arrivano in Parlamento. Ma il ministero della Salute non pubblica le tabelle (soprattutto sull’obiezione di coscienza)
Il ministero della Salute ha pubblicato, con quasi un anno di ritardo, il report sull’applicazione della legge 194. Ma nelle pagine diffuse (prima dalla rete Pro-Choice) mancano le 32 tabelle con i dati completi e suddivisi per Regioni, soprattutto quelli relativi all’obiezione di coscienza. A Open risulta, però, che siano state inviate, insieme alle altre 86 pagine del report, dall’Istituto superiore di sanità al dicastero di Orazio Schillaci. Che a sua volta può decidere cosa diffondere, ci spiegano fonti informate. Ma l’omissione di tali dati – che sono incompleti e non possono essere utilizzati per fare un’analisi accurata e completa sull’accesso all’IVG in tutte le regioni d’Italia – cambia completamente il tipo di informazione. Per questo motivo, la deputata del M5S Gilda Sportiello e l’attivista e creatrice della piattaforma di “Ivg, ho abortito e sto benissimo” Federica di Martino hanno presentato una nuova interrogazione parlamentare per chiedere al ministero che fine abbiano fatto queste tabelle «che dovrebbero offrire un osservatorio complesso e articolato per intersecare dati e portare avanti azioni utili», si legge nel post. «Ci troviamo di fronte a uno scenario desolante che sta andando ormai avanti da mesi e che ha visto in questa ennesima mancanza l’ultimo tassello di un quadro politico impietoso», concludono.
I dati che troviamo nel report
Dal report, ora sui canali istituzionali, nel 2022 sono state notificate 65.661 interruzioni volontarie di gravidanza (+3,2% rispetto al 2021, +2.008 casi). La relazione è stata trasmessa dall’Iss al ministero della Salute a fine estate e dal dicastero di Orazio Schillaci al parlamento – si legge nel documento – il 22 novembre scorso (deve essere presentata «entro il mese di febbraio»). Dall’analisi dei dati pervenuti dalle Regioni attraverso il monitoraggio effettuato dal ministero della Salute e sulla base del confronto con i dati raccolti dall’Iss e dall’Istat, su 540 sedi ospedaliere e case di cura autorizzate con reparto di ostetricia e/o ginecologia, 330 effettuano interruzioni volontarie di gravidanza. Stando ai dati della relazione, la percentuale di strutture che eseguono IVG risulta superiore al 70% in 11 Regioni (3 Regioni in più rispetto alle 8 del 2021); inferiore al 50% in 5 (Sicilia, Campania, Molise, Abruzzo e la provincia autonoma di Bolzano) e in due di queste si attesta sotto al 30% (a Bolzano su 7 strutture 2 praticano l’aborto; in Campania su 66 soltanto 19 effettuano IVG).
I medici obiettori
In Italia scenderebbe inoltre il numero dei medici obiettori: da 63,6% dell’anno precedente a 60,5% del 2022; mentre il 7,4% dei ginecologi non obiettori non pratica aborti (è la prima volta che il report fa riferimento a quest’ultimo dato; sono escluse le strutture di Marche, Sardegna e Sicilia, per cui questa informazione è mancante o incompleta). Eppure, l’informazione sull’obiezione di coscienza è incompleta poiché mancano appunto le tabelle che dovrebbero offrire un quadro articolato suddiviso per regioni. Si tratta comunque di cifre ancora molto elevate e con notevoli differenze territoriali: le percentuali più alte di ginecologi obiettori si rilevano in Molise (90,9%) e Sicilia (81,5%); quelle più basse in Valle d’Aosta (25%) e P.A. di Trento (31,8%). È la stessa legge 194 a consentire a un medico l’obiezione di coscienza, ovvero il rifiuto da parte dell’individuo di compiere atti, previsti dall’ordinamento giuridico, ma contrari alle sue convinzioni ideologiche, politiche, religiose. Eppure, la suddetta normativa all’art. 9 dice anche esplicitamente che «gli enti ospedalieri e le case di cura» sono tenute «in ogni caso ad assicurare» l’interruzione volontaria di gravidanza, vietando di fatto l’obiezione di struttura.
Aumentano gli aborti tra le minorenni
La maggior parte delle donne che decide di abortire ha un’età compresa tra i 25 e i 34 anni, oltre il 60% è nubile e quasi il 50% è occupata. Continua, inoltre, il trend dello scorso anno, dovuto al contemporaneo aumento delle IVG delle minori italiane e della diminuzione di quelle straniere. Le under18 che hanno effettuato un aborto sono state 1.861 (il 2,8% di tutti gli interventi praticati in Italia) con un tasso di abortività del 2,2 per 1000, in aumento rispetto al 2,1 rilevato nel 2021 e all’1,9 del 2020. Per interrompere la gravidanza ci si rivolge prevalentemente ai consultori familiari (43,9%) per il rilascio della certificazione. Segue il servizio ostetrico-ginecologico dell’ospedale (34,3%). Mentre l’89,7% degli interventi è stato eseguito negli istituti di cura pubblici, il 3,8% nelle cliniche convenzionate autorizzate, il 5,6% negli ambulatori pubblici e lo 0,3% nei consultori. Gli aborti effettuati entro il 14esimo giorno dal rilascio del documento sono stati il 77,7% nel 2022; mentre nell’8,4% l’IVG è stata effettuata oltre 21 giorni dal rilascio della certificazione. La riduzione dei tempi di attesa va di pari passo con la diminuzione delle interruzioni volontarie di gravidanza.
Le IVG farmacologiche superano quelle chirurgiche
Nel 2022, per la prima volta in assoluto, le IVG farmacologiche – effettuate con Mifepristone associato o meno a prostaglandine o con sole prostaglandine – superano quelle chirurgiche, un numero ancora basso rispetto ad altre medie europee. Più nello specifico, le interruzioni volontarie di gravidanza chirurgiche sono state pari al 46,6% del totale degli interventi, valore in ulteriore diminuzione rispetto al 50,7% del 2021, e sono scese, per la prima volta in Italia, al di sotto del 50%. L’aborto farmacologico, invece, ha coinvolto circa il 50% delle donne. La quota di interventi eseguiti mediante raschiamento si attesta infine al 7,2%.
Foto copertina: ANSA | MASSIMO PERCOSSI | Un momento della manifestazione in difesa del diritto all’aborto, Roma, 28 settembre 2024