Aleppo, la resistenza dei giovani siriani. «Ho perso padre e fratello, ma restiamo saldi: il futuro sarà senza dittature» – L’intervista
Hiba Barakat era poco più che ventenne quando è stata costretta dal regime di Bashar al-Assad a lasciare Aleppo dove viveva con la propria famiglia. Da allora sono passati circa cinque anni: ora ne ha 26, è una sfollata di Idlib – città che era già sotto il controllo delle opposizioni filo-turche e dove migliaia di persone sono state obbligate nuovamente a lasciare le loro case – ed è diventata una giovane fotoreporter. Dopo l’offensiva di fine novembre, lanciata dai ribelli antigovernativi e da un cartello di milizie jihadiste guidato da Hay’at Tahrir As-Sham, è tornata nella sua città natale. «Per documentare ciò che sta accadendo», racconta a Open. «Quando ha iniziato a circolare la notizia della “caduta” di Aleppo mi sono precipitata a Urum al-Kubra (nel governatorato di Aleppo occidentale, nord-ovest della Siria). Volevo vedere la liberazione della mia amata città dal regime di Assad. Purtroppo, però, – continua – sono rimasta profondamente delusa». Il suo villaggio è stato infatti raso al suolo: «Restano solo le macerie – sottolinea Hiba – e la nostra casa è stata distrutta dalle fiamme». Dopo aver preso Aleppo, la seconda città della Siria, e ieri Hama, i gruppi anti-Assad continuano ad avanzare verso la capitale Damasco. L’obiettivo, a detta di al-Julani, che è a capo di Hayat Tahrir al-Sham, ovvero la coalizione di gruppi jihadisti nata nella galassia di Al-Qaeda, da cui poi hanno preso le distanze, è di «rovesciare il regime», ha riferito in un’intervista alla Cnn.
«Ho perso molto di ciò che amo»
A seguito dell’escalation armata migliaia di persone sono state costrette a lasciare le proprie abitazioni nel nord della Siria: circa 280mila in poco più di una settimana, precisa l’Onu. «Il 27 novembre ho assistito all’evacuazione dei civili a causa dei bombardamenti russi sulle aree residenziali – ci spiega Hiba -. Queste scene mi hanno fatto tornare alla mente quando il regime ci ha obbligati a lasciare le nostre terre nel 2020. Ho perso molto di ciò che amo a causa della guerra», confida. Nel 2014 suo fratello è stato arrestato dal regime mentre stava sostenendo un esame nella facoltà di giurisprudenza. «Senza alcuna ragione, se non quella di aver preso parte alle proteste pacifiche durante la rivoluzione del 2011 contro il regime, è stato fermato – continua – e da quel giorno non l’ho più rivisto». Nell’ultimo rapporto di Syrian Network for Human Right del 2023 (gruppo indipendente di monitoraggio con sede nel Regno Unito) sono circa 113mila le persone arrestate da marzo 2011 ad oggi e che risultano ancora disperse. «Dopo mio fratello è toccato a mio padre – dice Hiba -. Nel 2016 è stato ucciso da un bombardamento russo-siriano mentre stava guidando un convoglio di aiuti umanitari. Alcuni dei miei fratelli hanno lasciato la Siria, la mia università è stata distrutta e noi siamo sfollati da circa 5 anni».
«Per la Siria vediamo il futuro senza dittatura»
Nonostante le preoccupazioni anche per l’ascesa al potere dei vari gruppi jihadisti, Hiba spera in un futuro «migliore degli anni precedenti». Per lei, i suoi famigliari e per tutti i giovani siriani: quelli che non hanno lasciato la Siria, ma anche quelli della diaspora che un giorno potranno così ritornare. Il regime di Assad «ha impedito al nostro Paese di progredire e prosperare – spiega -, ha oppresso il popolo, monopolizzato molti dei servizi essenziali e risorse varie, ha arrestato i nostri giovani e distrutto il nostro futuro». La situazione siriana «è molto complessa», ricorda. «Ciò che bisogna fare è uno sforzo per non inquadrarla con le categorie di giusto o sbagliato, soprattutto per scardinare pregiudizi e narrazioni stereotipate e approssimative e andare incontro alle voci più autentiche: quelle dei civili che le guerre, le dittature e le diaspore subiscono», scrive la giornalista italo-siriana Asmae Dachan. «È difficile spiegare al mondo ciò che abbiamo vissuto in tutti questi anni: abbiamo perso tanto ma siamo rimasti saldi, non ci siamo mai scoraggiati. E il nostro futuro – conclude Hiba -, come quello di tutti, dovrebbe essere soltanto uno: lontano dalle dittature».
Foto copertina: HIBA BARAKAT | Siriani sfollati nel nord-est dopo l’offensiva lanciata dai ribelli antigovernativi e da un cartello di milizie jihadiste guidato da Hay’at Tahrir As-Sham