La maggioranza litiga ancora (con se stessa). Salvini critica le modalità del concordato, ideato dal Mef del “suo” Giorgetti
La Lega è in vena di sconfessare se stessa. O meglio, i dicasteri dove comandano i suoi esponenti. A inizio settimana, si è opposta alla circolare diramata dal ministero dell’Interno, gestito da Matteo Piantedosi, che di fatto impedisce l’uso delle key box per gli affitti brevi. Oggi – 6 dicembre – attacca il concordato preventivo biennale la cui finestra di adesione, a causa dei risultati deludenti, è stata estesa in Consiglio dei ministri fino al 12 dicembre. Il governo Meloni sperava di far cassa superando le resistenze delle partite Iva, con un’operazione ideate e coordinata dal ministero dell’Economia del leghista Giancarlo Giorgetti. Secondo Matteo Salvini, però, l’Agenzia delle entrate si è lasciata prendere la mano: «Non ho condiviso né nel metodo, né nel merito di questo invio di milioni di lettere sotto Natale con un tono inquisitorio a gente che ha pagato le tasse», ha dichiarato il vicepremier. Ieri, per incentivare l’adesione al concordato, l’Agenzia avrebbe inviato 700 mila lettere agli imprenditori con dichiarazioni dei redditi sospettosamente basse.
Nessun commento da Giorgetti
«Se c’è uno strumento che non funziona, e penso al concordato, non bisogna inseguire gli italiani, ma cambiare strumento. La proposta della Lega è quella che ha funzionato in passato, e penso possa farlo anche in futuro, cioè la rottamazione a lungo termine. L’Agenzia delle entrate può anche mandare 50 lettere al giorno, ma non arriva da nessuna parte». Peccato che lo strumento sia stato concepito proprio in via XX settembre. Giorgetti, al momento, non ha risposto alle accuse che riguardano il suo campo di azione. Il viceministro del ministero dell’Economia Maurizio Leo, invece, ha difeso l’iniziativa dell’Agenzia. «Non c’è nessuna intenzione di vessare, minacciare o intimorire nessuno. L’obiettivo della riforma fiscale, a cui stiamo dando celere attuazione, va nella direzione di adottare comportamenti trasparenti dell’amministrazione finanziaria nell’ambito di un rapporto collaborativo con i contribuenti. In tal senso va l’informazione preventiva volta a evitare accertamenti».
Le lettere come strategia del fisco amico
Secondo l’esperto di economia di Fratelli d’Italia, «anche le lettere di recente inviate dall’Agenzia delle entrate rientrano nell’ordinaria attività di comunicazione per segnalare eventuali anomalie riscontrate nelle dichiarazioni sulla base dei dati in suo possesso. La corretta informazione è alla base del “fisco amico”. Noi abbiamo cambiato la logica dell’accertamento, agendo ex ante anziché ex post. E queste lettere ne sono un esempio lampante. Si informa semplicemente il contribuente di una situazione che lo riguarda, ma deve essere assolutamente chiaro che chi ha adempiuto correttamente agli obblighi tributari non ha nulla da temere e potrà non tenere conto delle comunicazioni ricevute». La visione è opposta a quella del Carroccio. Nè è prova anche la dichiarazione del presidente della commissione Finanze del Senato, il leghista Massimo Garavaglia: «Sul concordato è stato fatto un errore. Abbiamo pubblicamente criticato le lettere, che non sono proprio da fisco amico».