La Consulta accoglie il ricorso di De Luca sulla legge di Bilancio 2024: «Prima dei tagli alla sanità bisogna ridurre le altre spese»
La Regione Campania ha fatto ricorso contro la legge di Bilancio. Non quella che la maggioranza è in procinto di approvare, ma la precedente del 2024. E la Corte costituzionale, in parte, ha dato ragione al territorio governato da Vincenzo De Luca. La sentenza, depositata oggi – 6 dicembre – stabilisce che persino «in un contesto di risorse scarse», per far fronte a «esigenze di contenimento della spesa pubblica» dettate anche da vincoli europei, «devono essere prioritariamente ridotte le altre spese indistinte, rispetto a quella che si connota come funzionale a garantire il fondamentale diritto alla salute di cui all’articolo 32 della Costituzione, che chiama in causa imprescindibili esigenze di tutela anche delle fasce più deboli della popolazione, non in grado di accedere alla spesa sostenuta direttamente dal cittadino». Insomma, effettuare tagli in ambito sanitario non è possibile se prima non si è intervenuti altrove con le riduzioni di spesa pubblica.
No ai tagli al buio
La sentenza numero 195 del 2024 emessa dalla Consulta ha, invece, dichiarato illegittime molte altre questioni sollevate dalla Regione contro la legge di Bilancio 2024. Ad esempio, il ricorso è stato respinto nelle parti che riguardavano il concorso delle Regioni a obiettivi di finanza pubblica. Tuttavia, i giudici hanno comunque sollecitato governo e parlamentari «ad acquisire adeguati elementi istruttori sulla sostenibilità dell’importo del contributo da parte degli enti ai quali viene richiesto», al fine di «scongiurare l’adozione di “tagli al buio”». E viene anche rimarcato nella sentenza l’importanza del principio di leale collaborazione tra gli enti regionali e le istituzioni politiche nazionali.
Spesa costituzionalmente necessaria
Ciò che, però, è particolarmente rilevante della sentenza è il monito sulla sanità che ritorna in più punti: «Nemmeno nel caso in cui la regione non abbia versato la propria quota del contributo alla finanza pubblica, lo Stato può “rispondere” tagliando risorse destinate alla spesa costituzionalmente necessaria, tra cui quella sanitaria – già, peraltro, in grave sofferenza per l’effetto, come si è visto, delle precedenti stagioni di arditi tagli lineari – dovendo quindi agire su altri versanti che non rivestono il medesimo carattere». In conclusione, il diritto alla salute, «coinvolgendo primarie esigenze della persona umana», non può essere sacrificato «fintanto che esistono risorse che il decisore politico ha la disponibilità di utilizzare per altri impieghi che non rivestono la medesima priorità».
Foto di copertina: ANSA/ANGELO CARCONI