Salvini e la nuova linea sulle gite: da gennaio le gestiranno gli uffici scolastici regionali. I presidi: «Si rischia lo stop alle uscite»
Gite scolastiche nel caos. E la causa è da rintracciare nella riforma del codice degli appalti, approvata dal governo alla fine 2022 e diventata operativa nel 2023, che impone anche alle scuole di seguire le stesse regole riservate agli appalti pubblici, obbligandole a qualificarsi come stazioni appaltanti per qualsiasi spesa superiore ai 140mila euro. Ma per molte scuole rispettare queste procedure si rivela particolarmente difficile. Per organizzare un viaggio d’istruzione, infatti, serve pubblicare un bando, valutare offerte e assegnare l’appalto secondo criteri molto rigidi. Pratiche simili a quelle richieste per opere pubbliche. Un onere che pochi istituti riescono a sostenere con il personale amministrativo poco preparato ad affrontare simili complessità. Alcuni dirigenti scolastici, come accaduto a Pavia, hanno deciso di informare in anticipo le famiglie, comunicando che quest’anno le gite scolastiche non saranno organizzate per via di quella che definiscono «un’impossibilità temporanea di procedere agli appalti relativi alle uscite didattiche».
La deroga (scaduta) per dare tempo alle scuole
La situazione, però, non è nuova. Già all’inizio del 2023 molte scuole avevano lanciato l’allarme, dichiarandosi impreparate a rispettare le nuove regole. Per rispondere a queste difficoltà, l’Anac (Autorità Nazionale Anticorruzione), in accordo con il Ministero dell’Istruzione e del Merito, aveva concesso una deroga temporanea. L’obiettivo era consentire agli istituti di prendere tempo per attrezzarsi o appoggiarsi a stazioni appaltanti qualificate in grado di gestire gli appalti. Questa deroga, però, è scaduta il 30 settembre 2023, e molte scuole non sono riuscite a prepararsi.
Il Mit a Open: «Se ne occupano gli uffici scolastici regionali»
«Non sono più previste deroghe e le scuole che non sono in grado di gestire autonomamente gli acquisti dovranno necessariamente rivolgersi a centrali di committenza», spiega l’Anac. La competenza della questione è in mano al ministero delle Infrastrutture e del Trasporti (Mit), guidato da Matteo Salvini, di concerto con il ministero dell’Istruzione e del Merito. Ed è proprio il Mit a riferire a Open che un possibile rimedio, attualmente in discussione, è quello di affidare la gestione delle gare d’appalto agli Uffici Scolastici Regionali (Usr), che verrebbero qualificati come stazioni appaltanti. Tradotto: le scuole che non saranno in grado di gestire autonomamente gli appalti affideranno la questione agli ex provveditorati. Dall’Anac spiegano come dovrebbe funzionare il processo: «Le scuole instaurano una collaborazione con queste strutture qualificate, segnalando le proprie esigenze specifiche. Saranno poi le centrali di committenza a gestire gli acquisti per conto degli istituti, assicurando il rispetto delle normative sugli appalti pubblici».
Le difficoltà per le scuole
Questa soluzione non è, però, priva di difficoltà. «Pensiamo alla Lombardia, con oltre mille scuole. Se solo il 40% di queste fosse coinvolto, significherebbe gestire 400 gare d’appalto ogni anno. Anche gli Usr più piccoli, con 30 o 40 scuole, avrebbero un carico significativo», dice a Open Antonello Giannelli, presidente dell’Associazione nazionale presidi. La norma colpisce soprattutto le scuole superiori, che organizzano gite più complesse e costose. Ma anche alcune scuole del primo ciclo potrebbero incontrare difficoltà. «La norma discende da direttive europee, non è questionabile, ma se si decide di affidare la gestione delle gare a una stazione appaltante centralizzata come gli Usr, allora è necessario potenziare significativamente gli organici, assumendo personale altamente qualificato e con competenze specifiche sul codice degli appalti», chiosa Giannelli. «Le gare pubbliche sono complesse e richiedono una preparazione tecnica avanzata. Senza queste misure – conclude -, il rischio è di rallentare o addirittura inibire il processo».