Il magistrato della mail su Giorgia Meloni pericolosa: «Mi candido all’Anm»
Un mese e mezzo fa il procuratore generale della Cassazione Marco Patarnello è finito sui giornali. A causa di una mail. Quella in cui ha definito l’attacco del governo Meloni ai giudici «più pericoloso e insidioso» rispetto a quello di Berlusconi. Al Corriere della Sera Patarnello oggi dice di non essere pentito: «Si trattava di uno scritto destinato ai colleghi dell’Anm, ed era un invito ad essere uniti e mettere al centro gli interessi della giustizia e della giurisdizione». E aggiunge che anche se la sua è una valutazione sbagliata, «ma l’unico modo per stabilirlo è confrontarsi lealmente sugli argomenti». Patarnello non si nasconde il fatto che la premier non abbia «ragioni personali», a differenza degli anni precedenti.
La separazione dei poteri
Ma secondo Patarnello «questo impone alla magistratura associata un doppio onere, maggiore rispetto passato: essere in grado di rivolgersi al Paese, con argomentazioni che rendano chiari gli effetti di quelle iniziative, negativi per i cittadini non per noi; e poi fare i conti con noi stessi, chiedendoci quali errori abbiamo commesso, da magistrati, e come possiamo impegnarci per migliorare il servizio che rendiamo ai cittadini. Le due cose devono stare insieme». Chi governa ha diritto a fare le riforme: «Ma anche le riforme hanno dei binari e dei limiti, e la separazione dei poteri, ad esempio, è fra questi. Che non significa divieto di criticare i provvedimenti giudiziari, ma farlo con argomentazioni di merito e nel rispetto dei ruoli e delle persone.
Il mandato della magistratura
E sul fatto che la magistratura non “collabori” all’innovazione legislativa: «Primo: non è questo il mandato della magistratura. O meglio, il modo che ha la magistratura di collaborare a risolvere i problemi del Paese è applicare la legge e fare rispettare i diritti e i doveri, secondo la gerarchia delle fonti stabilita dallo stesso Legislatore. Secondo: il confronto e l’aggregazione intorno a idee e visioni comuni della giustizia, della giurisdizione, della magistratura e del ruolo del giudice, è una ricchezza. Equiparare le correnti ai partiti o agli schieramenti politici è un errore. Il meccanismo democratico è lo strumento più sano che abbiamo, fuori dalla democrazia c’è solo la gerarchia, l’isolamento e l’autoreferenzialità. Ciò che va contrastato senza sconti è il collateralismo con la politica, ma è un’insidia a destra come a sinistra. Non ci sono soluzioni perfette, solo soluzioni migliori o peggiori».
La candidatura
Infine, Patarnello spiega perché si è candidato al comitato direttivo dell’Anm: «Ho accettato di candidarmi per Magistratura democratica perché quando sono in gioco questioni di principio, per un giudice è un dovere offrire il proprio contributo alla riflessione, come hanno più volte detto le istituzioni europee. Mi piacerebbe un’Anm unita e concentrata a difendere la giurisdizione e una magistratura autonoma e indipendente, come è stata disegnata dalla Costituzione in un delicato bilanciamento di rapporti e poteri, del quale fa parte anche un pubblico ministero non separato dal giudice se non per funzioni. Fra dieci giorni ci sarà la terza assemblea nazionale dei magistrati in due anni, sollecitata ancora una volta dal basso. Ho visto che circola già la bozza di un bel documento dal titolo “Facciamo presto”, predisposto da un gruppo di colleghi a prescindere da schieramenti di corrente, che mi pare esprima bene il desiderio di fare capire ai cittadini perché separare le carriere sarebbe un grave errore. Ecco, mi candido perché vorrei che l’Anm facesse sentire la propria voce».